mercoledì 9 ottobre 2013

Saviano teste e parte offesa oggi in aula contro Gomorra

di Leandro del Gaudio
Racconterà tutto dall’inizio, come teste e parte offesa nel processo ai boss di Gomorra, sin dalle prime tappe della sua attività di giornalista e di scrittore. Questa mattina tocca a lui, a Roberto Saviano , rispondere alle domande di pm e avvocati di parte, su quella sorta di «papello» letto in Assise appello nel corso del processo Spartacus.

Terza sezione penale, presidente Aldo Esposito, dopo la testimonianza della giornalista Rosaria Capacchione (era assistita dal penalista Vittorio Giaquinto), è il momento di Roberto Saviano , chiamato a raccontare la propria versione nel dibattimento che vede imputati i due boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, ma anche gli avvocati Carmine D’Aniello e Michele Santonastaso.

Era il 13 marzo del 2008, dinanzi alla seconda sezione di Assise appello, quando venne letta la richiesta di trasferimento del processo Spartacus, richiamandosi alla legge Cirami. In sintesi, Capacchione e Saviano venivano indicati come pezzi di un progetto mediatico-giudiziario finalizzato a condizionare lo svolgimento dei processi a carico dei Casalesi, già a partire dalla assegnazione dei fascicoli a giudici più o meno graditi agli stessi inquirenti.

Una memoria letta tutta di un fiato nel corso di un’udienza nell’aula bunker del carcere di Poggioreale, dinanzi a decine di parenti di detenuti e al cospetto di quei boss presenti dietro le gabbie o collegati in videoconferenza. Giornalisti indicati come prezzolati, come al servizio di un fantomatico disegno giudiziario volto a condizionare il regolare svolgimento dei processi.

Un documento che, almeno da un punto di vista cronologico, va ricondotto a quella che viene definita come la primavera del terrore, con la strategia sanguinaria di Giuseppe Setola. Sotto scorta dal 2007, l’autore di Gomorra - il best seller che ha avuto il merito di porre al centro dell’agenda nazionale la questione dei Casalesi - racconterà questa mattina l’escalation di intimidazioni subite durante la sua carriera.


Minacce aggravate dalla finalità camorristica, secondo le accuse del pm antimafia Antonello Ardituro. Ordine dei giornalisti costituito parte civile (rappresentato dalla penalista Anna Maria Ziccardi), difesi dagli avvocati Mauro Valentino, Gennaro Somma e Riziero Angeletti, gli imputati questa mattina si ritroveranno di fronte lo scrittore che ha sprovincializzato il fenomeno camorra nella battaglia alle mafie nel sud Italia.

Gomorra, Saviano in aula: “La mia vita è libera solo all’estero”

NAPOLI. "Mi sento come un reduce che racconta una battaglia con la percezione che gli astanti non possono percepire fino in fondo ciò che sento e provo. Non ce la faccio più e ho chiesto a un ufficiale dei carabinieri di togliermi la scorta, mi hanno risposto: ‘Non ci pensare nemmeno’".

Lo ha detto nella sua testimonianza in aula Roberto Saviano, lo scrittore minacciato dalla camorra e testimone alla settima sezione penale del tribunale di Napoli nel processo contro i boss del clan dei casalesi Antonio Iovine e Francesco Bidognetti, accusati di minacce. Imputati anche i loro difensori Carmine D'Aniello e Michele Santonastaso. "Il mio futuro èlontano dall'Italia dove chiederò una nuova identità e ripartirò da zero".

Saviano rievoca le minacce subite nel 2008. L'episodio risale al marzo di quell'anno, quando - davanti alla Corte d'Assise di Appello - era in corso il processo 'Spartacus 2'. L'avvocato Santonastaso (attualmente in carcere per associazione mafiosa), che all'epoca, assieme a D'Aniello, assisteva Bidognetti e Iovine (quest'ultimo all'epoca ancora latitante) lesse in aula una lunga nota, che in calce recava addirittura la firma dei due boss, con cui si avanzava la richiesta di trasferire il processo in un'altra città per legittima suspicione.

Il testo della lettera conteneva parole ed espressioni minacciose nei confronti dello scrittore, dei magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho e della giornalista, Rosaria Capacchione, oggi senatrice Pd. Appena due mesi dopo iniziò la stagione delle stragi compiute dal gruppo di fuoco del clan dei casalesi guidato da Giuseppe Setola (oltre venti omicidi di innocenti, tra cui la strage degli immigrati di Castel Volturno), conclusasi con l'arresto del boss nel gennaio 2009.
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