sabato 25 settembre 2010

Il fuoco che smaschera il grande bluff del Cavaliere

La monnezza in Campania stava tornando da mesi, ma parlarne era vietato quasi fosse una bestemmia. Ora si scopre che non si era risolto nulla, solamente tamponato: il più delle volte nascosto. L'intervento di Roberto Saviano su Repubblica.


INTERNAPOLI. "Perché gli abbiamo creduto a Berlusconi, e mo' come se ne uscirà?". "Lo sapevo che tornava la monnezza e che Berluscone non aveva risolto niente. Questa è la politica". Sono le prime due frasi che ascolto da una radio locale che lascia sfogare i napoletani, che qui chiamano il primo ministro rendendo al singolare il suo nome: Berluscone, che avevano considerato il risolutore dell'emergenza rifiuti. 

Oggi tutto è tornato come prima, ad appena un anno dal decreto legge del 31 dicembre del 2009 che sanciva la fine dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario. 
In realtà da mesi stava lentamente tornando la spazzatura ovunque ma parlare di nuova emergenza rifiuti sembrava impossibile, era vietato come la peggiore delle bestemmie. Ma il centro di Napoli è tornato a puzzare come una discarica, la provincia di Caserta ha nuovamente le strade foderate di spazzatura, la popolazione è tornata a ribellarsi per l'apertura di nuove discariche, terrorizzata che queste raccolgano non solo i rifiuti leciti ma anche quelli illeciti, come sempre accaduto nelle discariche campane. 

Non si era risolto nulla. Solo tamponato. Il più delle volte nascosto. In certi territori lontani dai riflettori, lontani dall'attenzione dei media, la spazzatura non è mai scomparsa dalle strade. Ora il grande bluff si è compiuto e mostra la sua essenza. Ed a pagarne il prezzo, come era prevedibile, è il territorio, la salute delle persone, l'immagine di Napoli nuovamente carica di spazzatura. Chi diffama Napoli, verrebbe da chiedere al primo ministro? Le foto, chi racconta lo scempio? O le strade sommerse di rifiuti? La città torna a sopportare la monnezza con i fazzoletti sui nasi quando l'odore è troppo acre perché il caldo fa marcire i sacchetti. I mercati rionali costruiscono le proprie bancarelle sulla spazzatura non raccolta del giorno prima, e le persone fanno la spesa camminando tra rifiuti. Per lo più le persone ormai fanno finta di niente. Sperano solo che le montagne non arrivino ai primi piani come successo l'ultima volta. 

L'alba sul nascente governo Berlusconi si era levata liberando Napoli e la Campania dalle tonnellate di spazzatura; ora il tramonto cala su un governo meno coeso e che molti vedrebbero allo sbando, dietro le piramidi di spazzatura che tornano, identiche. L'emergenza rifiuti si fondava su un problema che sembrava insormontabile. Le discariche campane erano satolle e la magistratura, valutandole illegali, le chiudeva impedendo ulteriori conferimenti. Non c'era più spazio per i rifiuti, e le strade divenivano nuove discariche, che non avevano bisogno di approvazione e che non si poteva per decreto chiudere o riaprire. Le strade, tutte, dai quartieri più popolari del centro storico e delle periferie, a quelli collinari, costituivano le naturali valvole di sfogo. Si bruciava in campagna spazzatura per ridurla in cenere, cenere meno voluminosa e più comoda da smaltire, e così facendo si è avvelenata la terra. L'intervento del governo ha reso territorio militare le discariche: alla magistratura quindi è stato impedito di chiuderle e ai cittadini di avvicinarsi per controllare cosa accadesse a pochi metri dalle loro case. Questo provvedimento, accettato come un male inevitabile, doveva servire a dare ossigeno alle amministrazioni per costruire alternative che però non sono mai partite. 

La raccolta differenziata è la vera vergogna della Campania e di Napoli. Non si riesce ad organizzarla al meglio nemmeno nei piccoli centri. Si pensi ai tanti comuni dell'Avellinese e del Beneventano che hanno le campagne invase dalla spazzatura, ma sono troppo periferici per fare notizia. Ad oggi Napoli ha solo poche aree in cui viene svolta la raccolta porta a porta, l'unica davvero efficace perché implica un controllo dal basso del cittadino sul cittadino. Raccolta che per legge avrebbe dovuto raggiungere già il 40% dei rifiuti conferiti mettendo in moto un circolo virtuoso che la città aspetta ormai che arrivi dal cielo, come fosse un miracolo. La stessa Asìa, in un volantino da poco distribuito nell'unico quartiere dove la differenziata porta a porta è attiva da due anni - i Colli Aminei - , si è detta preoccupata perché il quantitativo di rifiuti indifferenziati negli ultimi mesi è aumentato, come se quel quartiere che doveva essere la testa d'ariete, la punta di diamante di un'area devastata, si fosse reso conto che i suoi sforzi e il suo virtuosismo valgono quanto una goccia in un mare di disservizi. E a quel punto a che serve differenziare. 

Meglio buttare tutto nella solita montagna di monnezza. Si sa che i termovalorizzatori non sono mai realmente partiti. Non quello di Napoli, non quello di Salerno, non quello di Santa Maria la Fossa e quello di Acerra è partito solo in parte. Anche su questo piano quindi le cose non sono andate come il governo aveva promesso e il risultato è stato il totale fallimento di un processo che non poteva contare solo sul senso civico dei cittadini. Avevano promesso di non aprire più discariche ed invece ne stanno aprendo un'altra nel parco del Vesuvio, in un'area di interesse naturalistico rarissima. L'emergenza rifiuti è stata manna per la politica campana ed è stata utilizzata per costruire un meccanismo di consulenze e appalti emergenziali. Se hai intere provincie sommerse, devi necessariamente stanziare danaro straordinario. E quindi consulenti e imprese sui quali non può esserci controllo serrato. 

L'equilibrio su cui si regge il ciclo dei rifiuti in Campania è estremamente fragile. Per mandare in tilt una macchina che è tutt'altro che oleata, basta bloccare il flusso di danaro che arriva nelle casse delle provincie e dei comuni. Basta far finire i soldi in un groviglio di appalti e subappalti. A Napoli l'Asìa, l'azienda che fornisce i servizi di igiene ambientale alla città, ha circa 3000 dipendenti e affida parte dei sevizi a Enerambiente, società veneta dedicata ai servizi ecologico-ambientali e alla gestione integrata dei rifiuti, che di dipendenti ne ha 470. A sua volta Enerambiente attinge per la gestione dei rifiuti alla cooperativa Davideco che ha 120 dipendenti e agli interinali che forniscono almeno altri 150 dipendenti. In questa catena infinita di appalti e subappalti lievitano i costi e le clientele e quest'anno trascorso dal decreto di fine emergenza non è servito a mettere in moto il circolo virtuoso di cui la città aveva bisogno, ma a oliare nuovamente la macchina dello spreco e del ricatto. 

Dopo l'inchiesta che ha visto Nicola Cosentino accusato dall'Antimafia di Napoli di essere stato un riferimento politico della camorra attraverso il settore rifiuti, in queste ore, sembrerebbe realizzarsi di nuovo ciò di cui si è scritto: la centralità della monnezza in Campania che arriverebbe persino, attraverso Nicola Cosentino, a configurarsi come una pistola puntata alla tempia del governo. Ovvero, come tramite di ogni rapporto tra Berlusconi e il politico casalese ci sarebbe la gestione del ciclo dei rifiuti. Nel dibattito politico di questi ultimi mesi si è fatto riferimento a come Cosentino, leader indiscusso del Pdl in Campania, avesse dalla sua molti sindaci, i consorzi, la vicinanza di imprenditori e quindi potesse formalmente, se solo lo decidesse, bloccare il meccanismo di raccolta rifiuti. Il voto alla Camera, se si crede all'ipotesi di un Cosentino imperatore nel settore dei rifiuti, con il no all'utilizzo delle intercettazioni sembrerebbe essere un dono fattogli per cercare di riportare la nuova emergenza a una "normalità" di gestione consolidata. Ma questo può saperlo solo Cosentino stesso. 

Quanto ai bassoliniani, che nel settore rifiuti hanno fatto incetta di voti e clientele, certamente non risulteranno in questa fase concilianti verso la situazione e anche dal loro versante ci sarà ostruzionismo e voglia di tornare ad avere prebende e potere attraverso la crisi. O si tratta con loro o tutto si ferma. Serve ricordare che l'emergenza rifiuti in Campania è costata 780 milioni di euro l'anno. Questa è la cifra quantificata dalla Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti nella scorsa legislatura che, moltiplicata per tre lustri (tanto è durata la crisi), equivale a un paio di leggi finanziarie. In tutto questo la camorra naturalmente continua il suo guadagno che cresce ad ogni passaggio. Nei camion che serviranno alla nuova emergenza, nel silenzio caduto sul ciclo rifiuti perché i roghi nelle campagne continuano a gestirli i clan, bruciando rifiuti, sino al business dei terreni dove chissà per quanti decenni verranno depositate le ecoballe ormai mummificate il cui fitto viene pagato direttamente nelle loro mani. 

Non mi stancherò mai di dirlo: se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati, diverrebbero una montagna di 15.600 metri di altezza, con una base di tre ettari, quasi il doppio dell'Everest, alto 8850 metri, quindi questo business ha ancora una lunga vita. Da Napoli parte un nuovo corso, quello che dimostra che per quanto si possa cercare di non mostrare, di negare, di nascondersi dietro proclami, la realtà che abbiamo sotto gli occhi questa volta è talmente schiacciante che nessuna forma di delegittimazione può renderla meno evidente. La spazzatura tornata nelle strade di Napoli sigla definitivamente il fallimento di un progetto, di un percorso, di una politica. Speriamo che queste verità, in grado di svelare definitivamente le tante menzogne spacciate come successi, possano innescare un percorso di cambiamento che se partisse dal Sud potrebbe davvero mutare il destino del paese. (© 2010 Roberto Saviano / Agenzia Santachiara – tratto da repubblica.it – 25/09/2010)

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domenica 19 settembre 2010

La Napoli di Brunetta

Scritto da: Prof. Amato Lamberti
Non meriterebbe nemmeno una risposta l'affermazione di un ministro della Repubblica Italiana che definisce Napoli e il Mezzogiorno "un cancro per l'Italia" invece di interrogarsi sulle ragioni politiche dell'arretratezza economica e produttiva del Sud e di quella che una volta ne era la capitale, Napoli. Qualche considerazione comunque va fatta. Innanzitutto, è evidente che le tesi leghiste sono ormai condivise da tutto lo schieramento di governo. Se si misura tutto con il PIL prodotto non si può negare che il Sud ne produce troppo poco. Ma le ragioni di questa situazione, che si trascina da 150 anni, non stanno certo tutte nel Sud ma sono il frutto di scelte politiche nazionali che hanno penalizzato il Sud dal punto di vista economico-industriale. Qualche esempio: il polo ferroviario, il polo aeronautico; il polo aerospaziale; il polo cantieristico. Molte volte si è detto che questi poli già presenti nel Sud in modo significativo dovessero essere potenziati spostando nel Sud tutti gli investimenti oggi dispersi sul territorio nazionale e soprattutto al Nord. Ma quando si è trattato di decidere la collocazione dei nuovi investimenti relativi alla riorganizzazione di questi poli industriali si sono privilegiate le regioni settentrionali per ragioni di convenienza elettorale nascondendosi dietro l'assenza delle infrastrutture necessarie. Ma alla realizzazione delle infrastrutture necessarie doveva provvedere lo Stato che invece non l'ha fatto impedendo così di fatto il potenziamento degli impianti esistenti e la nascita di tanti nuovi indotti industriali a prevalente capitale privato che avrebbero creato occupazione e produzione di PIL. Un cane che si morde la coda: non ci sono infrastrutture, non sono possibili investimenti perchè non c'è convenienza. Il risultato è che le aziende del Nord si delocalizzano all'estero e gli indotti si realizzano in Slovenia, in Romania, in Slovacchia,invece che in Campania, in Puglia, in Calabria o in Sicilia. Certo molti dei mali del Sud dipendono da una classe politica e da una classe dirigente inadeguate, ma le responsabilità maggiori sono della politica nazionale che non ha mai fatto dello sviluppo del Sud una vera priorità. Anche la criminalità organizzata non è la causa, come mi sforzo di dimostrare da decenni, ma l'effetto di politiche affaristiche e clientelari che non usano i fondi pubblici, comunque disponibili, per lo sviluppo dell'impresa e dell'occupazione nel Mezzogiorno, ma solo per consolidare le proprie rendite personali e di posizione. Nel marciume solo i vermi crescono e si moltiplicano: e questo è quello che avviene a Napoli e nel Mezzogiorno. 

Napoli: torna l'incubo emergenza rifiuti

NAPOLI (16 settembre) - Circa 120 tonnellate di rifiuti non sono state raccolte la scorsa notte nel centro di Napoli mentre altre 60 erano già in giacenza nei giorni scorsi. Secondo quanto riferisce l'assessore all'Igiene Urbana del Comune di Napoli, Paolo Giacomelli, il rallentamento nella raccolta sarebbe stato provocato dai lavori che sono in corso all'interno della discarica napoletana di Chiaiano mentre problemi si stanno anche verificando per il funzionamento ridotto del termovalorizzatore di Acerra. 


La scorsa notte sono 12 i camion che non hanno raccolto rifiuti con conseguenze evidenti questa mattina nella zona del centro, di piazza Municipio, di via Santa Lucia, via Chiatamone. Inoltre, gli impianti Stir di Giugliano e Tufino non possono produrre secondo i ritmi potenziali perchè, spiegano al Comune di Napoli, il termovalorizzatore di Acerra non è in grado di assorbire la frazione secca che viene lavorata proprio nei due siti. Oggi è anche saltata una parte della raccolta porta a porta nelle zone del Vomero e dei Colli Aminei «per una difficoltà di organizzazione» di Enerambiente, la società che lavora in appalto con il Comune. «In giornata - assicura l'assessore Giacomelli - faremo ogni sforzo con i mezzi Asia per cercare di recuperare la situazione. Abbiamo ricevuto assicurazioni dalla struttura dell'unità operativa che da domani la discarica di Chiaiano tornerà a funzionare a pieno ritmo». E questo attendendo la soluzione dei problemi del termovalorizzatore il cui mancato funzionamento determina, se si protrae questa situazione, una «difficoltà drammatica».


Intanto torna lo spettro dell’emergenza rifiuti, soprattutto per la questione ecoballe: il termovalorizzatore funziona a scartamento ridotto (per lavori di manutenzione e per un gusto improvviso) e la spazzatura lavorata dagli stir non può essere portata in discarica, ma per legge, deve essere bruciata.


E se Acerra smaltisce solo 600 tonnellate al giorno al posto delle duemila previste, le restanti 1400 devono essere sistemate da qualche altra parte. Al momento sono due i siti individuati in località Pantano ad Acerra e a San Tammaro nel Casertano. Ma è l’accumulo di ecoballe a impensierire.
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Rifiuti abbandonati nel silenzio.
Qualiano: Il degrado non ha prezzo. L'intervento di Davide Morgera
QUALIANO. Just few notes, solo qualche appunto, niente altro, come direbbero gli inglesi. Il problema è che, raccogliendo appunti su appunti, si rischia di fare un librone, quello del degrado, disponibile solo nelle coscienze di chi lotta quotidianamente per questi scempi ambientali. Chi altri potrebbe acquistarlo? Ho atteso otto giorni, “otto lune sono trascorse”, come direbbe il gran capo indiano Toro Seduto, per sperare. Augurarsi di non dover segnalare l’ennesimo scempio, attendere che qualcuno ( ahimè, poverino…) portasse via tutto quel ben di Dio da quei marciapiedi, desiderare che altri non aggiungessero qualche bel regalino confezionato col fiocco rosso delle belle occasioni. Otto, lunghi, giorni e lo strazio ambientale è ancora là. Anche questi sono diventati fatti di cronaca se permettete l’espressione al vostro umile cronista. Cronaca di mal funzionamento di certi meccanismi evidentemente poco o per niente oleati, cronaca di teste che non cambieranno mai. I marciapiedi di Via Manzoni, gli angoli di Via Villa, il prolungamento di Via Cavour poco prima di voltare per Piazza D’Annunzio, Via S. Maria delle Grazie non hanno più il loro volto, sono sfigurati. E lo chiamano centro residenziale. Sembra Bagdad dopo un bombardamento, il Sarno dopo uno straripamento, Lioni dopo il terremoto del 1980, un paesaggio da apocalisse. Se qualcuno ha etichettato questa zona come ‘residenziale’ figuriamoci il resto. Centonovantadueore, così scritto tutto di un fiato, ad oggi. Un miracolo potrebbe interrompere questo strano record da un momento all’altro ma temiamo che questo tormento si prolunghi ancora. Le strade sopra menzionate si contendono il primato della più…sporca del quartiere ma al momento è in netto vantaggio Via Manzoni. Divani di un salotto che fu, un frigorifero capovolto, uno specchio alto più di 2 metri poggiato al muro, degli infissi, due porte, una stampante, perfino un seggiolone porta enfant ed una carcassa di animale morto. A cinque metri di distanza, nell’angolo, decine di sacchetti di calcinacci e residui di una ristrutturazione, poi la campana verde circondata letteralmente da cassette della frutta e buste piene di bottiglie di vetro. Impossibile passare su quel marciapiede, neanche uno slalom del miglior Tomba riuscirebbe a farlo. L’unica luce che irrompe in questo catastrofico paesaggio è quella del sole che si riflette nello specchio che fa bella mostra di sé in posizione verticale. Raggi e barlumi di tristezza infinita che si fanno domande. Una, ad esempio, la più banale. Quanto tempo avranno impiegato a scaricare tutto quel materiale? Nessuno ha visto nulla? Nessuno ‘indigeno’ ha richiamato questi killers? Il dubbio sorge spontaneo, a meno che non erano quelli del ‘pit stop’ della Ferrari… Una volta erano le periferie ad essere invase da materiali di rifiuto di ogni genere, fogne a cielo aperto, castrate da odori nauseabondi. Oggi anche il centro abitato soffre, agonizza, sta sull’orlo di una crisi di…identità. Lo squallore è quotidiano, cammini a piedi e dovunque ti volti ci sono cumuli di spazzatura di vario genere dove l’umido va a sposarsi con la plastica, la carta e il cartone con l’indifferenziato, tutto e tutti appassionatamente, altro che raccolta differenziata nel nome del “volemose bene che ce ne fotte”. In ogni angolo disponibile all’accumulo ti giri e vedi sacchetti lanciati là come in un ipotetico punto di raccolta creato dalla bacata fantasia di chi ha iniziato a mettere la prima…pietra della vergogna. In questi punti poi va forte il cosidetto “lancio dalla macchina” con cui l’abile guidatore rallenta in prossimità del cumulo di rifiuti senza curarsi di chi gli sta dietro e all’improvviso lancia il sacchetto sponsorizzato prendendosi cura di non sforare dalla zona adibita a ‘spazzaturopoli’. L’unica cosa che sembra colpire l’immaginazione di chi assiste a queste scene è la domanda : “ ma il sacchetto lo aveva sul sedile, sotto il sedile o addirittura tra i piedi, in prossimità dei pedali?” Bah, il dubbio resta. Alternativa a questa pratica è l’uscita di casa, a tutte le ore, col sacchetto. Esci, fai quattro passi e al primo cumulo fai il lancio. Semplice, no? Psss…una chiosa finale, sottovoce e che nessuno ci ascolti. Chi passa da queste parti, cosa racconterà di noi? Dove dirà di essere stato? Capisco ora più che mai, i qualianesi, anche giovani, ‘emigrati’ altrove. D’estate vengono per rivedere i parenti, scambiamo qualche chiacchiera, mi raccontano dei paradisi dove vivono tutto l’anno, dell’ordine e della tranquillità, non vedono l’ora di andarsene e odiano sempre più questo scellerato posto. Ah selva gaudiana, dove sei? Ed io puntualmente penso a Eduardo De Filippo che un giorno, non sappiamo quanto polemicamente, invitò i napoletani a fuggire da Napoli. “Fujtevenne” fu il grido di dolore del grande commediografo e molti seguirono il suo esempio. Basti pensare che tutte le icone che si legano al nome di Partenope hanno vissuto e vivono a Roma o chissà dove. Totò, Troisi, Ranieri, Daniele e chi più ne ha più ne metta. Lo ammetto, invidio i miei compaesani per quanto raccontano, per quante volte mi dico “ ma dove vivo realmente?” ma puntualmente penso di non abbandonare la barca che affonda. Anzi vorrei che a turare queste falle fossimo sempre di più, che chi ama il posto della sua infanzia, dove è nato, dove ha radici e cultura, appartenga al partito del “Capitano ultimo a lasciare la nave che affonda” e difenda a denti stretti la sua terra da questi scempi. Come giovani atleti, non mollare. Con tutto il rispetto per un genio come De Filippo.
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domenica 12 settembre 2010

Napoli, «parentopoli» al Comune

di Leandro Del Gaudio

NAPOLI (6 settembre) - Alunni diversamente abili assistiti da personale privo di titoli ed esperienza, ma anche un giro di parentele che contano quando si tratta di assumere o assegnare case. Ipotesi al vaglio della Procura, nell’inchiesta che sta passando al setaccio appalti, graduatorie, contratti in materia di welfare.
Ipotesi che incassano giorno per giorno dati concreti, possibili conferme. Parentopoli all’ombra del Comune, c’è un dato numerico: ci sono dodici nomi di soggetti assunti nei progetti di assistenza agli alunni portatori di handicap su cui si sta facendo chiarezza. Parentele accertate per dodici impiegati, mentre nel mirino finiscono sindacalisti, dirigenti comunali, esponenti del mondo politico.
Maneggi bipartisan, a giudicare dai primi accertamenti finora condotti. Inchiesta complessa, affidata dal pool mani pulite del procuratore aggiunto Francesco Greco ai vigili del comandante Luigi Sementa. Decisive fino a questo momento alcune mosse messe a segno dagli inquirenti: acquisizioni di atti, sommarie informazioni di potenziali testimoni. Ci sono ipotesi da verificare: mogli, amanti (stando a quanto confermato da alcune testimonianze finora raccolte), parenti di esponenti del mondo sindacale, politico e amministrativo della città risulterebbero beneficiari di contratti di assunzione nel campo della formazione di alunni diversamente abili. 
Un dato che fa emergere al momento uno sfondo clientelare, su cui da un punto di vista penale ci sarebbe poco da raccontare. Altro discorso invece per quanto sta emergendo dagli accertamenti delle ultime ore: è il caso delle persone regolarmente assunte pur essendo prive dei titoli richiesti, pur non potendo contare sui due anni di esperienza lavorativa maturata sul campo. 
Titoli e esperienze in default per gente che incassa da mesi uno stipendio, che da tempo svolge un ruolo decisivo nel campo dell’assistenza degli alunni con difficoltà psicomotorie. Scenario complesso, si lavora con il bisturi. Sotto i riflettori un possibile sottobosco di clientele e appoggi trasversali nel corso di un’inchiesta nella quale i vertici di Palazzo San Giacomo - è bene ribadirlo - vanno ritenuti estranei rispetto alle ipotesi battute dagli investigatori. C’è un doppio binario investigativo: case e lavoro, immobili e incarichi professionali. Immobili comunali e inserimento in graduatorie per l’affidamento di appalti milionari nel campo della formazione e dell’assistenza.
Chiara l’ipotesi di fondo: al centro delle indagini della polizia municipale è finito un gruppetto di personaggi perfettamente a proprio agio quando si tratta di lavorare su bandi di gara, concorsi, graduatorie e cooptazioni a chiamata diretta. Una sorta di «cricca» di burocrati, fatta da dirigenti, politici, rappresentanti di categoria e finanche qualche vigile urbano tutti potenzialmente capaci di segnalare nomi o piazzare amici e parenti in cima alle graduatorie. Tanto che non sono sfuggite alcune mosse da parte degli investigatori, che nelle ultime settimane non hanno lasciato punti inesplorati. Anzi: per giorni sono state scattate foto all’ingresso di alcuni appartamenti di proprietà del comune di Napoli, assegnati seguendo criteri ritenuti al limite della legalità; poi sono stati ascoltati potenziali testimoni, acquisiti contratti e documenti.
E i risultati sembrano confortare le ipotesi di fondo: al centro e in periferia sono stati sgomberati appartamenti comunali assegnati in modo illegale, oggetto di speculazioni o clientele. Non si tratta di case popolari - è bene chiarirlo - ma anche di proprietà immobiliari di un certo rilievo. È il caso di un immobile in pieno centro storico - zona Decumani - da mesi affidato senza rispettare la pubblica graduatoria a una cittadina non italiana. Indagine in corso, neanche tanto difficile ipotizzare le prossime mosse: ancora interrogatori in vista, si comincia da chi è a lavoro senza i titoli richiesti, da chi non ha molto da vantare, al di là di un’amicizia che conta.
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Rogo a Scampia: anche Napoli scopre il fenomeno


NAPOLI. La metropoli si scuote. A Scampia c’è il rogo e la città s’indigna. L’Ansa batte la notizia, alle 11 di ieri: «Un vasto incendio si e' sviluppato all'interno di un campo rom in via Cupa Perillo, sotto il ponte dell'Asse Mediano, nel quartiere napoletano di Scampia. Sul posto sono presenti quattro squadre dei vigili del fuoco con le autobotti per domare le fiamme». La notizia “fa notizia” perché stavolta il rogo non è avvenuto a 20 chilometri dalle “mura” della città capoluogo, ma bensì nel quartiere periferico più degradato. Cosa brucia? Cavi elettrici, carcasse d’auto e come al solito: i pneumatici. Chi è stato? I rom (dicono). Nessuna novità. Qui nella “Terra dei fuochi” sono anni che centinaia di migliaia di cittadini fanno i conti, ogni giorno, con lo stesso fenomeno ma, fino ad ora, nessuna dalla città si era mai indignato. Il rogo è avvenuto in una discarica abusiva che costeggia il campo nomadi di Scampia. I pompieri sono stati ripetutamente chiamati a intervenire, sempre nella stessa zona, piu' volte al giorno negli ultimi tempi. In alcune circostanze, secondo quanto si e' appreso, gli incendi sarebbero stati generati dal fuoco appiccato da ignoti per liberare dei rivestimenti di plastica fili di rame, probabilmente provento di furto.
Il copione è lo stesso, cambia la location. Perfino un elicottero della Polizia si è alzato in volo per verificare cosa stesse accadendo. Gli ambientalisti partenopei sono scesi sul piede di guerra ed hanno subito sollecitato il presidente del consiglio comunale Impegno e il sindaco della città Iervolino a fare qualcosa. Stessa idea è stata quella di un consigliere comunale di opposizione.
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sabato 4 settembre 2010

Napoli, da lavoratori consorzi rifiuti sos a camorra: aiutateci, lavoriamo per voi

NAPOLI (2 settembre) - Lanciano un provocatorio sos alla camorra i lavoratori dei consorzi di bacino della Regione Campania che stamani hanno creato problemi al traffico lungo via Partenope, a Napoli, e nella sede del PdL di piazza Bovio dove, in quel momento, si trovava anche il presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro. Lo fanno attraverso una lettera aperta nella quale evidenziano che «se lo dice Saviano e la stampa», allora «la camorra nei rifiuti deve essere un fatto vero». «Ci rivolgiamo a voi - riporta la lettera - noi, che, seppur indirettamente, stiamo lavorando per voi...» e poi seguono tredici istanze che vanno dalla richiesta «a non essere impiegati nelle discariche di rifiuti tossici» alla lista dei politici «che vi sono amici» per un avanzamento di carriera o un aumento dello stipendio «e alla richiesta di potere prendere parte a qualche summit..», previo «silenzio, solo foto di spalle» e con la rassicurazione di allietarlo con «caffè e dolci» offerti a loro spese. La missiva si conclude con la scritta «mafiosamente vostri per sempre. I lavoratori dei consorzi di Bacino della Regione Campania».
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Deficit Campania: 13 miliardi di debiti

Giulio Di Donato (Il Velino): Assistenzialismo, clientelismo e sprechi di ogni genere, hanno portato la nostra regione sull’orlo del fallimento


NAPOLI. E’ francamente inspiegabile come dinanzi al disastro delle finanze regionali della Campania non sia ancora intervenuta la Corte dei Conti. In dieci anni le giunte di centro sinistra hanno prodotto un deficit di tredici miliardi di euro, una cifra enorme che, insieme allo sforamento del “patto di stabilità” per un altro miliardo e cento milioni di euro, impone oggi a Caldoro non solo tagli drastici ma anche la riduzione degli stipendi dei dipendenti regionali che, in Campania, sono il doppio di quelli della Lombardia e che si vedranno privati del cosiddetto “salario accessorio”, ben 70 milioni di euro, che le precedenti giunte erogavano al personale per aumentarne la “produttività”(sic). Sprechi, sperperi, clientelismi ed assistenzialismi di ogni genere, hanno portato la nostra regione sull’orlo del fallimento. Tutto ciò è stato certificato dagli ispettori del ministero del Tesoro in una relazione che ci auguriamo possa essere portata all’attenzione del Parlamento per “certificare” i danni causati da dieci anni di centro sinistra nella più grande regione del mezzogiorno. Dinanzi a questo sfascio lasciato in eredità da Bassolino e che l’anno prossimo troverà in misura forse anche maggiore chi arriverà a San Giacomo dopo la Iervolino e le sue sciagurate giunte, la linea del rigore (che si dovrebbe sempre rispettare soprattutto in tempi di vacche grasse), diventerà una cura da cavallo che costringerà la Campania e la città di Napoli a stringere la cinghia. Cura dolorosissima ma indispensabile per realizzare quella rivoluzione senza la quale il sud è fuori, e cioè rendere la spesa pubblica in tutti i suoi aspetti assolutamente produttiva. Per ogni euro investito in termini di opere o di servizi bisognerà infatti certificare la resa, l’”utile”in termini di vantaggi economici, sociali, civili, culturali ecc. O ci si mette su questo binario o si rischia oltre il default al quale siamo vicinissimi anche lo sganciamento del nostro vagone dal convoglio di una Italia che, giustamente, non tollera più la zavorra di un sud sfregiato dal malgoverno di una sinistra senza idee, un progetto, una sia pur minima cultura di governo.
In questi anni la Sanità è diventata una immonda fabbrica di voti, la formazione un enclave clientelare (solo per l’ex progetto isola ora bros sperperati 55 milioni di euro senza alcun vantaggio formativo), i fondi Ue l’occasione per distribuire a pioggia un fiume di danaro che speso diversamente avrebbe potuto innescare progetti di sviluppo, e così via. In più Regione, Comuni e Provincie hanno creato centinaia di centri di spesa, tra società miste (solo nell’iperindebitato Comune di Napoli ben diciotto partecipate!), consorzi ed altre istanze varie, il cui scopo prevalente è stato quello di nominare amici e sodali nei consigli di amministrazione ed assumere a chiamata diretta parenti e clienti con un rapporto costi/benefici nullo. Uno sperpero indicibile di pubblico danaro con fenomeni corruttivi diffusi e nessuna resa. Non solo, ma addirittura un disastro come nel caso della raccolta dei rifiuti. In questi anni infatti il divario nord – sud è cresciuto, il pil campano è ritornato ai livelli di venti anni fa e la disoccupazione è cresciuta più che in altre regioni. E mentre emerge tutto ciò, a Pomigliano la minoranza Fiom ed un residuo di conflitto ideologico impedisce il rilancio dello stabilimento con la produzione della Panda in nome della difesa di diritti che sono stati abusati fino a diventare inaccettabili privilegi sindacali. La questione meridionale non sarà solo questa ma, certo, tutto questo diventa dominante quando ci si rivolge alla Comunità nazionale per chiedere aiuto. Allo stato delle cose non abbiamo le carte in regola per chieder al Paese uno sforzo aggiuntivo per il mezzogiorno se prima non dimostriamo con i fatti la volontà di cambiare. Il nuovo governo regionale mostra di volersi muovere lungo questa difficile ma ineludibile linea. Collaborare a questa opera di risanamento propedeutica per il rilancio economico e civile della nostra regione, per la sinistra, oggi all’opposizione, sarebbe l’occasione per dimostrare che è consapevole degli errori commessi, che si è depurata dal bassolinismo e che vuole recuperare un proprio ruolo virtuoso in una realtà portata sull’orlo dell’abisso.(Giulio Di Donato - 31/08/2010 - ilvelino.it)
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