lunedì 30 settembre 2013

Giugliano. Ecco la perizia Resit, discarica più pericolosa in Campania

NAPOLI - Pubblichiamo in esclusiva il cosiddetto “rapporto Balestri”, la corposa relazione tecnica di 290 pagine frutto di due anni di lavoro da parte del geologo toscano Giovanni Balestri sulla cosiddetta “area vasta” di Giugliano, dove sorge la famigerata discarica Resit nella quale è stato sversato ogni sorta di rifiuto industriale, compresi i fanghi tossici e pericolosi dell’Acna di Cengio. Il “rapporto” è stato stilato dall’esperto in base all’incarico affidatogli nel 2008 dal pm napoletano Alessandro Milita ed è stato consegnato al magistrato nel 2010.
IL RAPPORTO - Il rapporto Balestri può essere divulgato oggi dal momento che è rimasto per qualche anno “secretato” in quanto parte integrante della delicatissima indagine sugli interramenti di rifiuti tossici nella Resit da parte della camorra e sulla gestione della discarica che era di proprietà dell’avvocato Cipriano Chianese. L’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli ha portato all’attuale processo a carico di 38 imputati che si sta svolgendo dinanzi alla V sezione della Corte d’Assise di Napoli e il rapporto è entrato nelle carte processuali divenendo così conoscibile.
LE IPOTESI, DA DISASTRO AD AVVELENAMENTO - Le ipotesi del processo vanno dal disastro ambientale all’avvelenamento della falda. Accuse gravissime per le quali (ed è la prima volta che accade in Italia) un processo per reati ambientali viene giudicato in Assise con tanto di giuria popolare, dove di solito si giudicano gli omicidi. Secondo il geologo Balestri la contaminazione in corso nell’area vasta di Giugliano, è così grave che ¬ come risulta anche dagli atti dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti ¬ entro il 2064 provocherà un disastro ambientale totale, quando cioè il percolato altamente tossico che «fuoriesce inesorabilmente dagli invasi sarà completamente penetrato nella falda acquifera che è collocata al di sotto dello strato di tufo sopra il quale si trovano le discariche. I veleni contamineranno decine di chilometri quadrati di terreno e tutto ciò che lo abiterà».
LE FUMAROLE TOSSICHICHE DAL SOTTOSUOLO - Attualmente, come è noto, nell’area vasta sono in corso lavori di messa in sicurezza da parte del commissario alle Bonifiche Mario De Biase. Consistono nell’emungimento del velenoso percolato e nello spegnimento delle fumarole tossiche che si sprigionano dal sottosuolo. Ma la bonifica definitiva dell’area appare complicatissima perché richiederebbe un enorme impiego di capitali pubblici. Lo stesso De Biase l’estate scorsa, in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, ha paragonato l’area Resit a Chernobyl, spiegando che per evitare il disastro la soluzione più sicura sarebbe quella di realizzare un enorme sarcofago sotterraneo in cemento armato.
IL DOCUMENTO ELENCA I VELENI PERICOLOSI- Il documento che pubblichiamo (è stato poi integrato nel 2011 da una seconda versione sulla base di nuove rivelazione del pentito casalese Vassallo) è sostanzialmente una lunga relazione tecnica, di conseguenza sarà poco agevole da “decifrare” per i lettori che non abbiano specifiche conoscenze di geologia e di chimica. Tuttavia, anche se impegnativa, la lettura è importante per capire la quantità e la “qualità” dei pericolosissimi inquinanti scaricati nel corso degli anni all’interno dell’area Resit: almeno 350mila tonnellate di prodotti chimici tossici e nocivi provenienti dalla famigerata Acna (e non solo) e scaricati in quell’area da centinaia di camion “con file di automezzi che arrivavano a misurare un chilometro e mezzo” come ha raccontato il pentito Gaetano Vassallo ai magistrati antimafia.
Roberto Russo


sabato 28 settembre 2013

Giugliano scende in Piazza. Grande corteo contro l'inceneritore e in difesa del diritto naturale a vivere


#werestart
Il corteo che prende il nome del hashtag riempie la piazza e sfila per Giugliano.

Giugliano. Il corteo organizzato da liberi cittadini giuglianesi, ha radunato gente dalle più disparate zone dell' agro aversano e dei comuni limitrofi. La marcia che ha avuto inizio a piazza Matteotti, ha percorso per le vie cittadine con alcuni momenti in cui si sono susseguiti brevi momenti di flash mob, dove tutti i partecipanti posizionavano le mani sulla bocca o sugli occhi. Il corteo. Tanta la gente che , secondo programma, ha attraversato corso Campano, via Licante, via Palumbo e via Roma, ritornando al punto di partenza. A partecipare c'erano molti giovani, soprattutto i collettivi studenteschi degli istituti superiori e altrettante associazioni. Già nei primi minuti la piazza si è affollata di gente, membri di associazioni, comitati e perfino di tifosi. Il corteo ha visto in prima linea i bambini, vittime innocenti di questo biocidio annunciato. Molti hanno indossato maglie che rappresentavano il proprio dissenso nei riguardi nella costruzione contro l'inceneritore e in difesa del loro diritto naturale a vivere. A scortare i manifestanti ci sono state due blindati della polizia di stato e diversi vigili urbani.

La piazza.
Fin dai primi minuti la piazza è stata letteralmente assaltata da migliaia di persone che hanno atteso l'inizio del corteo. Alla conclusione della marcia, si è tenuto un breve sit-in dove don Patriciello, alle spalle di molte foto che rappresentavano le giovani vittime di tale disastro, ha pronunciato alcune parole, incitando i cittadini a continuare la battaglia:" Il popolo ha cambiato la storia e possiamo cambiarla anche noi!". Ad intervenire anche una giovane mamma, che con una lettera, ha espresso il profondo e incolmabile vuoto che molte madri hanno subito con la perdita dei loro figli.

Gli appuntamenti.
La lotta non si ferma ed ora si punta al corteo di domani a Casal di Principe e alle assemblee pubbliche di domenica, che vedrà coinvolte le due città più colpite: Aversa e Giugliano.

«Siamo in diecimila», sfila per le strade di Giugliano il corteo contro l'inceneritore
GIUGLIANO. "Siamo in diecimila" annunciano gli organizzatori del corteo di Piazza Matteotti (simbolo della protesta) contro l'inceneritore di Giugliano. Per la questura sono 6mila (al massimo 7mila) ma sono stati veramente tanti, tantissimi, i partecipanti alla manifestazione che, verrà ricordata sicuramente per essere la più partecipata di sempre. Giugliano c'è. Ma non solo. C'è il territorio di Napoli nord che non vuole più sentir parlare di nuovi impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Al corteo hanno preso parte gli abitanti di Napoli nord. Stavolta non c'erano solo i comitati ambientalisti e le associazioni, ma i cittadini venuti da ogni parte. Qualiano, Villaricca, Marano, Mugnano, Melito, Sant'Antimo, Calvizzano e poi ancora dalla fascia costiera, da Caivano (c'era Don Patriciello), Aversa, Acerra e l'elenco diventerebbe davvero lunghissimo a nominarli tutti. Niente slogan strillati. Il corteo silenzioso si è snodato a partire dalla piazza diventata simbolo della protesta contro l'inceneritore, Piazza Matteotti appunto, e si è diretto sul Corso Campano. Prima tappa: il Municipio. Appena qualche minuto di sosta e poi è ripartito verso Piazza Annunziata per dirigersi su Via A. M. Pirozzi. Un fiume di gente. In molti si sono accodati strada facendo, ecco perché la questura, appena il corteo ha mosso i primi passi ne ha contati "solo 3.500", poi ha corretto il tiro e prima di arrivare in Piazza Gramsci ha annunciato che a prendere parte alla manifestazione sarebbero stati circa 6mila partecipanti. C'erano anche le scuole, a partire dai bambini delle elementari, quelli delle medie fino agli studenti delle scuole superiori: i ragazzi dell'Itis, del De Carlo, del Cartesio e quelli del Marconi. Forte la presenza di cittadini provenienti dalla fascia costriera che nelle ultime settimane hanno vissuto un momento molto particolare anche a causa della mancata raccolta dei rifiuti. Tanti striscioni, cartelloni, volantini, magliette: #werestart (ripartiamo) l'hash tag usato da Twitter e da Facebook per comunicare sui social network è un po' il simbolo di questo corteo. «A questo punto non credo che l'inceneritore si farà» affermano molti dei partecipanti, «siamo veramente tanti e ci devono ascoltare». Non è come le altre volte. Mai una manifestazione a Giugliano ha visto così tanta partecipazione. Il corteo ha fatto ritorno in Piazza Matteotti dove sono stati dati alcuni annunci e ha preso la parola anche il parroco di Caivano Don Patriciello, diventato un po' simbolo "nazionale" delle proteste in "Terra dei fuochi".

Grande partecipazione popolare. Il segnale che la gente ha compreso quello che sta accadendo sul territorio del Giuglianese viene proprio dalla massiccia adesione all'iniziativa. Nemmeno gli organizzatori si aspettavano una partecipazione così numerosa. Il colpo d'occhio per chi ha visto il corteo dall'alto è stato "impressionante". «Il corteo era lungo quasi quanto Via A. Palumbo» ha detto chi si è affacciato dai balconi. Si sono mossi davvero in tanti: le scuole, la chiesa, ma soprattutto tanti cittadini "attenti" e "informati". Molto applaudito l'intervento delle "madri di Acerra" che hanno sfilato mostrando le foto dei loro figli morti di tumore.

La Regione apre ad un'alternativa. Oggi oltre al corteo, si combatteva un'altra lotta, presso gli uffici della Regione, dove da un lato c'erano le istituzioni locali e dall'altro lato le istituzioni regionali. Nel corso dell'audizione della commissione regionale per le bonifiche, è stata presa in considerazione la possibilità di cambiare il progetto e puntare su tecnologie alternative all'inceneritore. Dello stesso avviso anche il Governo che, attraverso il Ministro Orlando, ha istituito una commissione speciale per studiare tutte le alternative possibili. Tra poco meno di due settimane si potrà conoscere l'esito dello studio e capire quali sono le vere intenzioni di Governo e Regione Campania. Ma le "aperture" vengono giudicate "positive", a riguardo infatti, c'è un discreto ottimismo.

Il "Bando" incombe. Il bando per la costruzione dell'inceneritore, però, incombe. Il prossimo 11 ottobre dovranno essere aperte le (eventuali) buste contenenti le "offerte" delle società interessate alla costruzione dell'inceneritore. Per molti c'è la convinzione che nessuno si presenterà. L'unica in grado di fare un'offerta, secondo gli esperti, è l'Enel. Servono infatti 316 milioni di euro per progettare e costruire l'impianto, ai quali vanno aggiunti altri 25 milioni solo per la gestione del primo anno. Una cifra esorbitante. Chi decide di "investire" nel progetto, però, dovrà fare i conti anche con gli "umori" del territorio. La protesta di questa sera, infatti, è un chiaro segnale: "i cittadini di Giugliano e dei comuni limitrofi, non resteranno di certo a guardare".




Arrestato all'ospedale di Giugliano l'ultimo reggente del clan Mallardo

Era latitante dal 2009. Gli agenti di polizia lo hanno identificato nel letto dell'Ospedale San Giuliano dove si era fatto ricoverare.

GIUGLIANO. Un altro duro colpo al clan Mallardo. Continua la "stretta" delle forze dell'ordine sui componenti dell'organizzazione criminale ancora "in giro". Questa mattina è stato arrestato Mauro Moraca, l'ultimo reggente del clan Mallardo. Gli agenti di polizia del commissariato di Giugliano l'hanno rintracciato, dopo che Moraca si era recato all'ospedale San Giuliano per farsi curare, registrandosi a suo nome. Il latitante, genero di Feliciano Mallardo, già in carcere, è destinatario, insieme al nipote di Feliciano Mallardo, Carlo D'Alterio, di una misura cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione ed intestazione fittizia di beni. Il nome di Mauro Moraca compare in diverse inchieste delle forze dell’ordine contro il clan Mallardo. Nel novembre 2012 fu identificato come organizzatore del settore estorsioni per conto del gruppo criminale e destinatario, insieme ad altre quattro persone, di una ordinanza cautelare nell’ambito di una inchiesta che aveva portato alla luce un giro di estorsioni, intestazioni fittizie di beni e persino l’imposizione ai commercianti di una determinata marca di caffè. “Moraca Mauro, - si legge nell’ordinanza dell’operazione Crash, eseguita dal Gico di Napoli su disposizione della Dda, - è risultato essere un organico componente del clan Mallardo con le seguenti funzioni, tutte realizzate alle dirette dipendenze e sotto l’immediata vigilanza del sodale di rango inferiore a Feliciano, di cui è genero, avendone sposato la figlia Maria Domenica”. Moraca era considerato l’ultimo boss dei Mallardo ancora in libertà, dopo l’arresto dell’altro pezzo da novanta del clan, Michele di Nardo, arrestato a Palinuro a fine agosto scorso. Il boss non è trasportabile, pare stia molto male.

Giugliano. Moraca ripuliva i soldi del clan
GIUGLIANO. Mauro Moraca, ultimo reggente del clan Mallardo a finire in manette (latitante dal novembre del 20113) ha 33 anni e un curriculum di tutto rispetto. Il suo ruolo all'interno del sodalizio criminale, era quello di ripulire i capitali del clan, togliendogli quell’aura di illegalità. Dagli atti relativi all’operazione ‘Rione San Nicola’ se ne ricava un profilo preciso. Il suo nome infatti compariva nel registro degli indagati nell’inchiesta eseguita dal Gico di Napoli su disposizione della Dda di Napoli che, lo scorso maggio, portò al sequestro di beni per un valore di 17 milioni di euro. Nell’ordinanza di legge come “Moraca Mauro è risultato essere, quantomeno dalla seconda metà della prima decade di questo secolo a tutt’oggi, un organico componente delgruppo di stampo camorristico denominato clan Mallardo con le seguenti funzioni, tutte realizzate alle dirette dipendenze e sotto l’immediata vigilanza del sodale di rango inferiore a Feliciano, di cui è genero, avendone sposato la figlia Maria Domenica”. Moraca sarebbe stato alle dirette dipendenze di Feliciano Mallardo nell’impiego dei proventi illeciti nella economica lecita, e nel settore immobiliare “quale socio accomandante della MA.CA. di Mallardo Carlo Antonio, figlio del Mallardo Feliciano, socio della srl Dream House”. Inoltre, stando sempre ai rilievi investigativi emersi si sarebbe occupato dei cospicui proventi derivanti dalle attività criminali poste in essere dai coaffiliati. Inoltre, insieme a Michele Mallardo, avrebbe avuto il compito di organizzare ed eseguire delle condotte di matrice estorsiva poste in essere dal clan Mallardo nei confronti dei soggetti produttivi operanti sul territorio giuglianese. Da tale descrizione emerge dunque un ruolo di primo piano di Moraca che, nonostante la giovane età, è un elemento ben addentrato nelle logiche del clan e nelle attività di matrice propriamente estorsiva del gruppo. 


giovedì 26 settembre 2013

Casalesi, confiscato un tesoro da 700 milioni

La maxi confisca è stata eseguita nei confronti della moglie e dei sei figli di Dante Passarelli, punto di riferimento del clan camorristico, morto misteriosamente nel 2004 mentre si avviava a conclusione il processo che riguardava i principali esponenti della cosca.

Settecento milioni di euro. È la maxi confisca di beni eseguita dalla Dia di Napoli e dai carabinieri di Caserta nei confronti degli eredi di Dante Passarelli, punto di riferimento economico-finanziario del clan dei Casalesi, morto il 4 novembre 2004, cadendo misteriosamente da una terrazza priva di recinzione mentre si avviava a conclusione il processo “Spartacus” contro i principali esponenti della cosca casertana e dello stesso Passarelli.

TRE SOCIETA’ FRA I BENI CONFISCATI – La confisca, disposta dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, riguarda 126 immobili, 58 terreni, 51 autorimese e 24 posti auto. Fra i beni confiscati, che furono sequestrati l’8 aprile 2010, ci sono anche tre società e relative quote per l’intero capitale sociale: l’Ipan (con annesso zuccherificio, uno dei più importanti in Italia negli anni ‘90), l’Immobiliare Bellavista, all’interno delle quali erano inseriti centinaia di beni immobili tra cui appartamenti, fabbricati e terreni, e l’azienda agricola “Balzana” (ex Cirio) di centinaia di ettari, utilizzata dal clan dei Casalesi come base logistica per ospitare latitanti o per spedizioni di morte nei territori circostanti Cancello e Arnone.


RUOLO DEI PENTITI – La confisca si basa sugli elementi investigativi e dibattimentali acquisiti durante il procedimento “Spartacus”, attraverso numerose dichiarazioni di collaboratori di giustizia (come Carmine Schiavone, Dario De Simone, Augusto La Torre, Raffaele Ferrara e Domenico Frascogna Domenico): verifiche documentali e intercettazioni telefoniche sullo stabile rapporto tra Dante Passarelli e il clan dei Casalesi, per il reimpiego dei capitali illeciti. Secondo la Procura, infatti, nell'acquisto dei beni intervenne l’organizzazione criminale per una parte cospicua.

Italia e Quarto Calcio: gli azzurri si allenano con la squadra anticamorra

La squadra di Prandelli arriverà in territorio flegreo il 14 ottobre, prima del match con l’Armenia valido per le qualificazioni ai mondiali
Lunedì 14 ottobre la Nazionale di Cesare Prandelli farà visita alla «Nuova Quarto Calcio per la Legalità», la squadra di Quarto Flegreo (Napoli) nata sulle ceneri della precedente società sequestrata dalla magistratura per rapporti con un clan camorristico locale.
IL MATCH - L'incontro avverrà allo stadio Giarrusso di Quarto il 14 ottobre, vigilia della partita Italia-Armenia in programma allo stadio San Paolo di Napoli martedì 15 ottobre, valida per il girone di qualificazione ai mondiali di Brasile 2014. Il programma della visita di Buffon e compagni sarà reso noto nei prossimi giorni, ma è quasi certo che gli azzurri di Prandelli svolgeranno un intero allenamento allo Giarrusso e molto probabilmente una parte dell'allenamento verrà condiviso con i giocatori della Nuova Quarto Calcio per la Legalità.

ABBONATI E BAMBINI - La società quartese fa sapere che l'accesso allo Stadio Giarrusso per questo importantissimo evento avverrà solo su inviti gestiti dalla Figc di Roma, ma la Nuova Quarto Calcio per la Legalità ha avuto la garanzia di poter far accedere allo stadio cittadino tutti gli abbonati al Quarto per la stagione 2013-2014 nonché ai bambini del Centro Calcistico di Base della Nuova Quarto Calcio, mentre una parte degli inviti sarà destinate alle scuole pubbliche del territorio.

Maltrattava i genitori: arrestato il figlio 16enne

Sant'Antimo. Ha legato la madre alla sedia e l'ha minacciata per soldi

SANT'ANTIMO. Una vicenda che sembra tratta da un thriller, eppure, secondo quanto è emerso dalle prime indagini dei carabinieri, da più di un anno un ragazzo 16enne di Sant'Antimo, avrebbe usato violenza fisica e psicologica ai danni dei suoi genitori per ottenere periodicamente delle somme di denaro. In una occasione il 16enne avrebbe addirittura legato la madre, donna di 46 anni, casalinga, alla sedia con nastro adesivo e l’avrebbe minacciata con un coltello per farsi rivelare il posto dove la donna nascondeva il denaro. In un’altra occasione, invece, il sedicenne l’avrebbe picchiata con un bastone mandandola in ospedale e procurandole lesioni guaribili in 15 giorni. Vittima dei soprusi del ragazzao anche il padre 51enne, di professione impiegato. L'uomo sarebbe stato oggetto di continue violenze, sempre da parte del ragazzo. Stanchi del comportamento del ragazzo i due genitori hanno deciso di denunciare il figlio ai carabinieri che l’hanno prelevato da casa e portato nel centro di prima accoglienza di Napoli che si trova in viale Colli Aminei. Secondo quanto hanno detto ai carabinieri, i genitori del sedicenne avrebbero dunque vissuto una sorta di inferno in terra. Nel frattempo il sedicenne è stato arrestato e successivamente accompagnato presso il centro di prima accoglienza dei Colli Aminei.


mercoledì 25 settembre 2013

Rifiuti in Campania e Terra dei fuochi: il più grande avvelenamento di massa in un Paese occidentale

25 anni di cronaca, di inchieste giudiziaria, di proteste, 25 anni in cui è stato fatto di tutto al corpo e all’anima di questi territori e di queste comunità e nessuno è responsabile. 25 anni di mala politica, di corruzione, di collusione e connivenza tra politici e criminali. Un buco nero che ha inghiottito giustizia, diritti, salute, bene comune.
Questo articolo esce in contemporanea su Valigia Blu e Fanpage, che hanno deciso di realizzare insieme un reportage sui rifiuti in Campania e sulla Terra dei fuochi.

“Venticinque anni di cronaca e di storia maledetta, una lunghissima teoria di ricordi che testimoniano l’indifferenza dello Stato e il silenzio di quanti hanno visto, talvolta hanno subìto, molto più spesso hanno condiviso i lautissimi guadagni del traffico di rifiuti. Perché la verità scomoda che nessuno dice è che molti, se ancora vivi, sanno dove sono nascosti i fusti dei veleni perché hanno messo anche i propri terreni a disposizione incassando fino a cinque milioni di lire per ogni carico e costruendo su quelle scorie le case per se stessi e i propri figli. Anche questo dovrebbero sapere coloro che oggi urlano e insultano, rivendicando una ben misera primogenitura della denuncia e che allora lasciarono soli quanti si affannavano, nell’indifferenza generale, a segnalare il pericolo, le infiltrazioni mafiose nell’affare, i primi picchi sospetti di malattie linfatiche e tumorali (Rosaria Capacchione - La memoria corta, l’elogio dell’insulto e la dittatura del web 17/9/2013).”
Tutti sanno tutto. Politici, giornalisti, magistrati e cittadini. Da 30 anni. Mentre l’emergenza rifiuti dura da 20. È inutile alimentare questa incredibile storia, emblema del collasso democratico nel nostro Paese, con nuovi sedicenti scoop e ritrovamenti di rifiuti tossici. La storia è nota, tutti sanno tutto, e riguarda il Paese, interessa ognuno di noi anche se continua a essere trattata perlopiù come cronaca locale. Adesso la vera questione, che dovrebbe essere al centro di un’agenda politica e giornalistica nazionale, al centro di un dibattito pubblico è: cosa fare?
Sto parlando della Terra dei Fuochi, dell’Inferno di Gomorra. Una terra distrutta, inquinata, avvelenata, costretta a risucchiare rifiuti per anni e anni dalla criminalità organizzata, con la complicità di politici, imprenditori, cittadini e istituzioni che avrebbero dovuto controllare, monitorare, proteggere e garantire la salute pubblica.
Ho provato a fare un quadro complessivo su una delle vicende più scandalose e altrettanto ignorate del nostro Paese. È un modo per contribuire a raccontare quello che Angelo Ferrillo, ideatore e responsabile della Terra dei Fuochi ha giustamente definito «Il più grande avvelenamento di massa di un Paese occidentale, la più grande catastrofe ambientale a ‘partecipazione pubblica’».
Per fortuna alcuni coraggiosi giornalisti hanno seguito e raccontato in questi anni cosa stava succedendo, per fortuna tanti cittadini si sono mobilitati e organizzati, hanno denunciato. Per fortuna alcune inchieste della magistratura hanno portato alla luce fatti e reati. Anche se molti processi finiscono in prescrizione. È il caso della madre di tutte le inchieste sul traffico dei rifiuti tossici, Cassiopea, con 95 imputati, tra cui molti imprenditori del Nord Italia: è finita nel nulla. E con la prescrizione si è concluso il processo che ha visto imputati, tra gli altri, l’ex governatore della Regione Campania Antonio Bassolino e i vertici del gruppo Impregilo.
«Volevamo giustizia, è arrivata l’impunità» così hanno commentato il comitato Ginestra di Terzigno e le donne del comitato 29 Agosto che hanno seguito il processo.
Biocidio e tumori
Denunce, mobilitazioni, commissioni di inchiesta, indagini e processi non sono bastati a fermare il “biocidio“:  in Campania il disastro ambientale si accompagna al più alto tasso di mortalità per tumore in tutta Italia.
Sul tasso di mortalità il disastro è stato confermato anche dal Ministero della Salute: «Per quanto riguarda i tumori maligni nel loro complesso, la mortalità in Campania tra gli uomini è superiore ai valori dell’intera Italia per il contributo delle province di Caserta e Napoli». Secondo il Ministero, però, il dato dipende interamente dallo stile di vita della popolazione locale (!). Antonio Marfella, ricercatore di medici per l’ambiente, sostiene che «In Campania non è stato accertato scientificamente il collegamento  tra inquinamento e patologie correlate perché, ad oggi, nessun’istituzione lo vuole cercare». La Commissione Sanità del Senato ha aperto intanto un’indagine per verificare questa connessione.

“L’analisi statistica ha permesso di rilevare un’associazione tra la presenza di siti inquinati e alcune criticità sanitarie. Nell’interpretazione dei risultati vanno tenute in considerazione alcune limitazioni di completezza, accuratezza e risoluzione spaziale dei dati. In ogni caso, le associazioni osservate, la loro consistenza e coerenza, suggeriscono che le esposizioni legate alla presenza di siti di smaltimento incontrollato/illegale di rifiuti, subite dalla popolazione nei decenni precedenti al 2002 (ultimo anno di disponibilità dei dati), giochino un ruolo importante fra i determinanti della salute nelle Province di Napoli e Caserta.”
Sulla correlazione tra rifiuti combusti – quello dei roghi è un altro fenomeno gravissimo correlato alla crisi dei rifiuti – e patologie tumorali segnalo l’intervista a Pietro Comba, responsabile del dipartimento Epidemiologia Ambientale dell’Istituto Superiore della Sanità.
“La situazione è drammatica e insostenibile sul piano della salute. Ogni giorno vengono smaltite non meno di 30mila tonnellate di rifiuti tossici industriali, gran parte di queste attraverso roghi. Per ogni borsa prodotta in nero e venduta in strada a Napoli o a Caserta c’è mezzo chilo di rifiuto smaltito e nessuno sa come. La “terra dei fuochi” è la più grande industria in regime di evasione fiscale che il mondo possa immaginare (Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs “Fondazione G. Pascale” di Napoli e referente di Medici per l’Ambiente - Roghi tossici, Campania come Taranto: 32 associazioni citano Regione, Provincia e 32 Comuni 14/10/2012).”
A proposito di roghi tossici, l’ultimo rapporto di Legambiente – presentato il 18 settembre 2013 e preparato in base ai dati dei Vigili del Fuoco incaricati dal viceprefetto Donato Cafagna, l’uomo del Ministero dell’Interno che da novembre lavora sulla Terra dei Fuochi – denuncia oltre 6.034 roghi di rifiuti tra Napoli e Caserta.  Dal 2001 ad oggi ci sono state 33 inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti condotte dalle Procure attive delle due province (Napoli, Nola, Torre Annunziata e Santa Maria Capua Vetere). Si tratta di più del 15% di quelle svolte in tutto il Paese che hanno portato i magistrati ad emettere «311 ordinanze di custodia cautelare, con 448 persone denunciate e 116 aziende coinvolte».
Il Ministro Orlando in questi giorni ha parlato di roghi tossici arginati, dichiarazione contestata da Ferrillo che continua a documentare un fenomeno tutt’altro che arginato raccogliendo video, foto e segnalazioni dei cittadini sulla pagina facebook della Terra dei Fuochi.
La cronaca degli ultimi giorni
“Dalla discarica Resit, nel giuglianese, gestita da un prestanome dei casalesi, oltre 57mila tonnellate di percolato, formatosi negli anni dalla decomposizione di 806.590 tonnellate di rifiuti stipati in invasi non impermeabilizzati, sarebbero finite nel sottosuolo e poi nelle falde acquifere, in una zona dove l’agricoltura è ancora ampiamente praticamente, unica fonte di reddito per i locali. I magistrati puntano il dito anche contro alcuni agricoltori che sapevano, e che anzi avevano affittato i loro terreni «per accogliere codesti veleni», si legge in un’informativa della Dia. Il riferimento è all’ennesimo ritrovamento di rifiuti tossici in diversi campi coltivati (La mappa dei veleni – Avvenire 11/9/2013).”
·       Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità. I dati dell’ultimo studio pubblicato risalgono ai primi di settembre. Non esiste ancora un piano di caratterizzazione. Ma analizzando l’area tra l’ex Resit e le discariche sotto sequestro a Giugliano si parla di 220 ettari avvelenati. La falda acquifera risulta contaminata da sostanze cancerogene volatili anche nei 2mila ettari circostanti. 20 chilometri quadrati irrecuperabili. Inutile anche parlare di bonifica. Eppure, assicura Mario De Biase, commissario di Governo, «nonostante quest’emergenza i prodotti ortofrutticoli allo stato attuale non risultano avvelenati. Io sono pronto a mangiarli, raccogliendo l’invito di movimenti ed associazioni». A questa dichiarazione risponderà con una provocazione il giornale Parallelo 41: Politici venite a cena nella Terra dei Fuochi.
·       Proteste dei cittadini. Sempre nei giorni scorsi i cittadini hanno organizzato manifestazioni di protesta contro la costruzione del termovalorizzatore a Giugliano - terza città della Campania – che tra l’altro non ha nemmeno un sindaco: il Comune è stato commissariato per infiltrazione della criminalità organizzata. «Invece di darci la bonifica, ci danno l’inceneritore, ma noi non vogliamo digerire altre polveri». È qui tra l’altro che sono depositati i 6 milioni di tonnellate di ecoballe – non a norma – che aspettano di essere smaltite da anni e che intanto continuano ad essere accumulate. Ad Acerra hanno sfilato 3500 persone in silenzio vestite a lutto, per denunciare l’avvelenamento della propria terra. Le campane delle chiese hanno suonato a morto durante tutto il corteo, guidato dal vescovo.
·       L’ultimo ritrovamento a Casal di Principe. Scoperte, grazie alle indicazioni di un pentito, tonnellate di rifiuti tossici: «fanghi industriali tossici e molti fusti metallici sbriciolati dai quali cola nel terreno una velenosa melma grigia. Probabilmente il contenuto di venti tir, scaricati qui nei primi anni ’90, a pochi metri da una scuola dell’infanzia, da una ludoteca e dal mercato ortofrutticolo».
Come l’Aids e la peste
“In questo preciso momento storico il problema dei rifiuti in Campania non è più un problema regionale, se mai lo è stato, ma è un problema nazionale che sta esponendo l’Italia a sanzioni gravissime da parte della comunità europea, che ha avviato procedure di infrazione per violazione delle norme comunitarie». La vicenda concernente le ecoballe, costituite da 6 milioni di tonnellate di rifiuti in siti di stoccaggio che avrebbero dovuto essere provvisori e che hanno finito per trasformarsi in discariche a cielo aperto, è emblematica della proporzione di ingestibilità delle problematiche dei rifiuti nella regione. [...] La gestione commissariale è stata caratterizzata, per molti versi, da una finalità di “uso” del problema rifiuti, e non di soluzione dello stesso. L’uso è consistito nel controllo degli spazi occupazionali e decisionali per finalità di agevolazione di soggetti titolari di interessi privati, in totale spregio dell’interesse pubblico.”
Queste parole sono tratte dal documento della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle Attività Illecite Connesse al Ciclo dei Rifiuti, presieduta da Gaetano Pecorella, che, dopo tre anni di audizioni, studi e dossier, ha certificato in 772 pagine la catastrofe ambientale tra Napoli e Caserta.
Giovanni Balestri, geologo che ha curato la perizia per conto della Procura di Napoli, ha spiegato che nel 2064 si raggiungerà l’apice dell’incidenza negativa: si realizzerà in pieno la precipitazione nella falda acquifera del percolato e di altre sostanze tossiche derivanti dalle migliaia di tonnellate di rifiuti.
Il sostituto procuratore presso la Dda di Napoli, Alessandro Milita, ha perciò dichiarato alla Commissione: «facendo un parallelismo tra organismo umano e ambiente, la situazione può essere soltanto essere paragonata all’infezione da Aids».
Secondo la Commissione, la catastrofe ambientale in atto «costituisce ormai un fenomeno di portata storica, paragonabile soltanto ai fenomeni di diffusione della peste secentesca».
La beffa delle bonifiche
Come dice Rosaria Capacchione sono 25 anni di cronaca. Ma a tutt’oggi non esiste un piano di caratterizzazione. Ora si parla di bonifiche, anche se, come documentato dal rapporto dell’ISS, sembrerebbe addirittura impossibile bonificare. Al danno si aggiungerebbe poi la beffa: chi ha distrutto (e distrugge tutt’oggi) il territorio si sta preparando a mettere le mani sugli appalti per le bonifiche.
Tra bonifiche annunciate («i costi li copriremo con i soldi delle cosche» dice il Ministro Orlando), appalti per l’inceneritore, roghi continui e comitati #stopbiocidio si rischia una nuova Valsusa?
Tra l’altro già nel 2005 la Regione aveva predisposto un piano regionale di bonifica delle aree inquinate. Ma si è trattato di interventi sporadici, di cui nel tempo si è persa traccia e non si riesce a capire dove siano finiti i soldi stanziati: bonifiche pagate e mai realizzate.
I comitati, la partecipazione e la mobilitazione dei cittadini
Tutti questi anni sono stati caratterizzati dalla partecipazione e dalla mobilitazione dei cittadini, che hanno protestato contro la scelta di cave fuori norma, si sono documentati, proponendo soluzioni alternative puntualmente ignorate, hanno provato e provano tutt’oggi a sensibilizzare le istituzioni su questa infinita tragedia e a contrastare un sistema che ha messo al primo posto gli affari (leciti o illeciti) anziché i diritti e la salute dei cittadini.
Le battaglie e le lotte dei cittadini vittime di questo collasso democratico sono ben raccontate nel libro di Giuseppe Manzo e Antonio Musella Chi comanda Napoli. A proposito di Pianura, Acerra, Chiaiano, Terzigno e Giugliano i due autori scrivono: «i comitati campani sono stati un esperimento di nuove istituzioni dal basso». I cittadini, organizzati in comitati, allestiscono presidi di vigilanza, documentano illeciti nelle discariche, fanno esposti, denunciano. Producono dossier e in molti casi arrivano prima della magistratura e dei media.
Emblematica in questo senso la storia della delegazione dei comitati anti-discarica. Il 28 luglio 2011, durante un sopralluogo presso la discarica di Chiaiano, esplode un pozzo di captazione di percolato: la scena sarà ripresa dai membri della delegazione con un iPhone e il video distribuito ai giornalisti.
Purtroppo, come fanno notare Manzo e Musella, in questi anni di contestazioni anche violente è stato cavalcato (in buona o in cattiva fede) un frame politico-mediatico che di fatto ha cercato di indebolire le proteste: secondo il frame, chi protestava ed era contro la soluzione del ciclo integrato dei rifiuti (Cdr – discariche – inceneritore) favoriva la criminalità organizzata. Addirittura si è voluto vedere in alcune manifestazioni la convergenza tra proteste delle comunità e interessi della camorra. Queste accuse saranno smentite, ad esempio, dalle indagini delle Procure di Napoli e di Torre Annunziata sui disordini e gli scontri tra Boscoreale e Terzigno.
La crisi dei rifiuti in Campania: un’emergenza lunga 20 anni
La crisi dei rifiuti in Campania dal 1994 al 2012, le cause (complesse, dovute a una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi), la cronologia, la storia dei commissariamenti (e la natura controversa di un Commissariamento che, di fatto, col tempo è diventato ordinario), lo scandalo degli appalti e le inchieste giudiziarie sono ben documentate in questa pagina di Wikipedia.
Sull’intreccio tra politica, istituzioni, criminalità organizzata ha indagato a fondo la giornalista Amalia De Simone, che ha firmato per Current, insieme a Simona Petricciuolo e Walter Mendolla,  l’inchiesta in quattro puntate Nella Terra di Gomorra. Dall’inchiesta emergerebbe una pista giudiziaria inquietante: il possibile accordo tra pezzi dello Stato e i clan dei Casalesi per la gestione del business dei rifiuti, fino alla copertura della latitanza – durata 30 anni – del superboss casalese Michele Zagaria.
Munnezza.info
Il progetto munnezza.info (aggiornato al 2011) ha provato a mappare tutti i siti che sono stati destinati al conferimento, al trattamento e al deposito dei rifiuti (corredato di utili schede informative). Intanto si parla di un progetto di monitoraggio satellitare per individuare discariche abusive e siti inquinati che però non è ancora partito.
Governi (Berlusconi) che, in deroga a tutte le norme vigenti in materia, comprese quelle comunitarie, autorizzano lo smaltimento nelle nuove discariche anche dei rifiuti pericolosi e militarizzano le zone per svuotare le proteste popolari, governi regionali (Bassolino) che affidano ad aziende private l’individuazione dei siti da adibire a discarica, beffando e umiliando di fatto la richiesta di partecipazione delle comunità locali. Istituzioni e media che accusano le persone che si oppongono di favorire in questo modo la camorra. Funzionari pubblici che in accordo con gestori di impianti di depurazione campani sversano per anni in mare percolato. Contadini che in cambio di denaro e morte mettono a disposizione le proprie terre per lo smaltimento di rifiuti tossici. Un Ministro della Salute che di fatto sostiene che sei i tumori sono aumentati e beh più che altro è colpa dello stile di vite degli abitanti locali.
25 anni di cronaca, 25 anni di inchieste giudiziaria, 25 anni di proteste, 25 anni in cui è stato fatto di tutto al corpo e all’anima di questi territori e di queste comunità e nessuno è responsabile. 25 anni di mala politica, di corruzione, di collusione e connivenza tra politici e criminali. Un buco nero che ha inghiottito giustizia, diritti, salute, bene comune. 25 anni di inchieste giornalistiche relegate nelle pagine di cronaca locale, 25 anni di commissioni parlamentari, promesse, spot a uso e consumo mediatico. 25 anni di crimini e di indifferenza. E ora provate a chiamarla democrazia.

(Hanno collaborato Roberta Aiello, Matteo Pascoletti, Ciro Pellegrino, Angelo Romano).

Caserta, il pentito Guida al processo Eco 4: «Camion di rifiuti tossici dal nord»

Luigi Guida, detto 'o drink, racconta le truffe e le false documentazioni che coprivano i carichi di veleno industriale.

Caserta. Quando la discarica di Santa Maria Capua Vetere era gestita dai fratelli Michele e Sergio Orsi (imprenditori di Casal di Principe attivi nel settore ambientale, il primo ucciso dalla camorra) arrivavano numerosi camion dal nord con« rifiuti tossici». «La loro azienda non poteva smaltirli ma i camion passavano sempre, attraverso falsi documenti e truffe sul peso».
Lo ha dichiarato all'udienza del processo Eco 4, in cui è imputato l'ex sottosegretario Nicola Cosentino, il pentito Luigi Guida detto «'o drink» che, tra il 2001 e il 2005, reggeva la fazione dei Casalesi che faceva capo al boss Francesco Bidognetti.
Guida è stato sentito nell'aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Rispondendo alle domande del pm della DDA di Napoli Alessandro Milita si è soffermato sul sito di Santa Maria, definendolo erroneamente «una discarica», e specificando, a domanda del presidente del collegio Giampaolo Guglielmo, che sarebbe «quell'edificio verde qui fuori»; si tratta in realtà dell'attuale Stir, ex impianto Cdr, quasi confinante con il carcere, dove viene smaltito il rifiuto indifferenziato proveniente da tutta il Casertano: in passato, durante gli anni dell'emergenza rifiuti, nei periodi in cui le discariche erano inutilizzabili perchè sature, veniva spesso usato come deposito di stoccaggio e trasferenza di ogni tipo di rifiuto.
«Nell'affare - prosegue Guida - voleva entrare anche Nicola Ferraro che mi disse che avrei dovuto estromettere dalla gestione i fratelli Orsi. Le discariche fruttavano dieci volte in più rispetto alla raccolta dei rifiuti. Così andai dagli Orsi e dissi loro, per intimorirli e indurli a lasciare l'affidamento, che le forze dell'ordine stavano indagando sul traffico illecito di rifiuti posto in essere con le aziende del nord».

Durante il controesame, Guida, rispondendo alle domande di Agostino De Caro, uno dei legali dell'ex deputato, ha affermato di «non aver mai conosciuto direttamente Cosentino». Il pentito verrà risentito il prossimo 28 ottobre per la fine del controesame.

Campania, Comuni inquinati: l’elenco gia’ diffuso nel 2012

In poche ore, la notizia - visti anche gli ultimi fatti di cronaca riguardanti le testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia sulla presenza di rifiuti pericolosi sotterrati - ha fatto il giro del web.
I dati, in realtà, ovvero il famoso elenco, risalgono al novembre del 2012, così come riportava anche il sito ambientebio.it il 10 novembre del 2012, con un rapporto firmato dal Ministero della Salute, attraverso indagini fatte sui 44 siti più inquinanti d’Italia. 
Di questi 44 siti, una lunga lista ricade anche nel territorio della Regione Campania, ed in particolar modo nelle province di Napoli e Caserta. Ed è proprio nella provincia di Caserta che la ricerca individua la maggiore concentrazione di inquinamento. I numeri, in base a quella ricerca pubblicata un anno fa, dicono che sono esposti a tumori ed altre malattie oltre 6 milioni di italiani.
Si tratta di siti che comprendono aree industriali dismesse, aree industriali in corso di riconversione, aree industriali in attività, aree che sono state oggetto in passato di incidenti con rilascio di inquinanti chimici e aree oggetto di smaltimento incontrollato di rifiuti anche pericolosi.
“Il Decreto di perimetrazione del Sin elenca la presenza di discariche. Nel Sin sono stati osservati eccessi della mortalità in entrambi i generi per tutti i principali gruppi di cause, con eccessi di mortalità per il tumore polmonare, epatico e gastrico, del rene e della vescica. I risultati hanno, anche, mostrato un trend di rischio in eccesso all’aumentare del valore dell’indicatore di esposizione a rifiuti per la mortalità generale, per tutti i tumori e per tumore epatico in entrambi i generi, e per il tumore polmonare e dello stomaco nei soli uomini”.
Nell’elenco, per quanto riguarda le province di Napoli e Caserta, rientravano in quel rapporto dello scorso novembre:

Acerra, Arienzo, Aversa, Bacoli, Brusciano, Caivano, Camposano, Cancello ed Arnone, Capodrise, Capua, Carinaro, Carinola, Casagiove, Casal di Principe, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casapulla, Caserta, Castel Volturno, Castello di Cisterna, Cellole, Cervino, Cesa, Cicciano, Cimitile, Comiziano, Curti, Falciano del Massico, Francolise, Frignano, Giugliano in Campania, Grazzanise, Gricignano di Aversa, Lusciano, Macerata Campania, Maddaloni, Marcianise, Mariglianella, Marigliano, Melito di Napoli, Mondragone, Monte di Procida, Nola, Orta di Atella, Parete, Pomigliano d’Arco, Portico di Caserta, Pozzuoli, Qualiano, Quarto, Recale, Roccarainola, San Cipriano d’Aversa, San Felice a Cancello, San Marcellino, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, San Paolo Bel Sito, San Prisco, San Tammaro, San Vitaliano, Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria la Fossa, Sant’Arpino, Saviano, Scisciano, Sessa Aurunca, Succivo, Teverola, Trentola-Ducenta, Tufino, Villa di Briano, Villa Literno, Villaricca e Visciano.

venerdì 20 settembre 2013

Sant'Antimo. Lite tra cognati sfocia in tragedia

SANT'ANTIMO. Una lite tra cognati si trasforma in tragedia e per poco non ci scappa il morto. La vicenda a sfondo passionale è avvenuta a Sant'Antimo, dove a causa di contrasti familiari, un 33enne ha accoltellato il fratello della sua compagna. La storia parte dal fidanzamento del 33enne Carmine Martino di Sant'Antimo, con la sorella della vittima M.D.O. titolare di una concessionaria di auto in via Marconi. La loro relazione non era mai andata giù alla famiglia di lei (32 anni). Recentemente i due amanti avevano comunque deciso di andare a vivere da soli. Sabato scorso la donna è uscita di casa e non vi ha fatto ritorno per diverse ore. Allarmato il 33enne si è recato dal cognato per avere spiegazioni. Giunto nell'autosalone di M.D.O. i due hanno iniziato a litigare. I rancori per la relazione tra Martino e la sorella di lui sono venuti fuori e così, dopo alcuni minuti la situazione è degenerata. Martino ha estratto un coltello ed ha ferito con due fendenti all'addome il cognato per poi allontanarsi dall'autosalone con la propria auto. Pochi minuti dopo M.D.O. viene trovato sul pavimento in una pozza di sangue e privo di conoscenza. Subito scatta l'allarme. La vittima viene trasportata al pronto soccorso per le cure. I carabinieri della locale tenenza danno il via alle indagini. Lo stato di incoscienza della vittima, in un primo momento non aiuta i militari dell'Arma ad imboccare la pista giusta. Solo poche ore dopo viene identificato l'aggressore. Raggiunto dai carabinieri, presso la propria abitazione, Martino non può fare altro che confessare di aver ferito suo cognato. In casa sua i carabinieri hanno ritrovato anche il coltello, con una lama di circa 20 centimetri utilizzato per il ferimento. Il 33enne è stato arrestato e condotto presso la casa circondariale di Poggioreale a disposizione dell'autorità giudiziaria. Il ferito è tuttora ricoverato.

Accusato di riciclaggio di auto rubate: ai domiciliari

SANT'ANTIMO. E' finito in manette con l'accusa di riciclaggio di auto rubate. I carabinieri di Villa Literno hanno arrestato Ernesto Troise, 57enne di Sant’Antimo. A seguito delle indagini è emerso che l'uomo riciclava automobili rubate rivendendole. Così ieri i militari dell’Arma della stazione di Villa Literno hanno dato esecuzione all’ordine di custodia cautelare degli arresti domiciliari, emesso dal Giudice d’Indagine Preliminare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti dell'uomo. L’uomo è stato quindi ristretto agli arresti in casa in attesa del giudizio definitivo. La decisione del Gip è stata infatti quella di restringerlo ai domiciliari in attesa che ci sia un ulteriore processo che sancirà la colpevolezza oppure l’assoluzione dell’uomo.

Napoli, inaugurata la metro Quartieri Spagnoli: «È la più bella d'Europa»

La metro arriva nel cuore dei Quartieri spagnoli a Napoli: la seconda uscita della stazione Toledo della Linea 1 è stata inaugurata oggi. La seconda uscita, aperta ai passeggeri a partire dalle 14, completa il tema del progettista catalano Oscar Tusquets Blanca che attraverso i colori ha indicato sui muri della metro i livelli di profondità: il nero per la terra, l'ocra del tufo, l'azzurro dell'acqua. Due tapis roulant conducono da Toledo a Montecalvario e sui pannelli retroilluminati ci sono gli scatti del fotografo Oliviero Toscani, raccolti nell'opera Razza Umana.
Dai 50 metri di profondità si risale con la scala mobile più lunga d'Europa, circa 60 metri, superando un dislivello di 31 metri. I pannelli in nero portano la firma dell'artista statunitense Laurence Weiner e l'ingresso è decorato dal pannello in mosaico di ceramica di Francesco Clemente.
«La stazione rientra nel piano di completamento - spiega il presidente della Metropolitana di Napoli, Giannegidio Silva - della linea che ci porta a inaugurare due stazioni all'anno con un ritmo regolare».
L'intera Linea 1 Dante-Garibaldi ha costo complessivo di più di 1,3 miliardi di euro ed è inserita tra i Grandi Progetti approvati dall'Unione Europea. La Regione Campania ha assegnato più di 700 milioni di euro di risorse Por, cui si aggiungono 659 milioni di altre risorse (fondi statali, fondi privati e mutui del Comune di Napoli). Dal Por sono stati già erogati 434 milioni.
«Un'opera funzionale che collega via Toledo con i Quartieri spagnoli e che ha portato a una riqualificazione importante» ha detto il sindaco di Napoli. Fatti salvi imprevisti dell'ultim'ora, «il prossimo 30 novembre ci sarà l'inaugurazione della stazione metropolitana, sempre Linea 1, di piazza Garibaldi» e «dal primo dicembre partiranno i cantieri per la tratta Centro direzionale-Capodichino».
«Non è un caso che abbiamo inaugurato l'uscita di Montecalvario durante la settimana della mobilità sostenibile - ha affermato -. Ed è frutto del lavoro sinergico e forte tra Regione Comune e metropolitana».
«Questa stazione verrà premiata in settimana a Londra come la più bella stazione d'Europa - ha concluso il sindaco - un bel segnale per la città».

mercoledì 18 settembre 2013

Operazione contro i Casalesi: 11 in manette


AVERSA. I carabinieri di Aversa, all'alba, hanno avviato un'operazione contro affiliati al clan dei Casalesi, in particolare appartenenti all'ala degli Schiavone. Si tratta di 11 persone, tutte arrestate con l'accusa di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. I militari dell'Arma hanno ricostruito l'assetto geo-criminale del gruppo, attivo nell'agro aversano, documentati episodi estorsivi ai danni di imprenditori in occasione delle festività e accertate infiltrazioni della camorra nel mercato ortofrutticolo di Aversa.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, si sono svolte tra l'ottobre del 2012 al maggio del 2013. In particolare, i militari del nucleo operativo del reparto territoriale di Aversa hanno ricostruito l'assetto geocriminale del gruppo camorristico - determinatosi dopo gli arresti che hanno sgominato i «Venosa-Reccia» - individuato il capo e i suoi referenti locali nel Casertano, tra i comuni di Aversa, Trentola Ducenta, Casaluce, Casal di Principe, Teverola, Marcianise e Lusciano. Durante le indagini sono stati emessi provvedimenti nei confronti di altri 23 indagati, tutti appartenenti allo stesso gruppo criminale, accusati degli stessi reati. (fonte: Agenzie)

Rifiuti: trovati fanghi tossici a Casal di Principe

Il ritrovamento è stato effettuato in un terreno adiacente via Sondrio, nel luogo indicato da un collaboratore di giustizia.

I sopralluoghi dei carabinieri, vigili del fuoco e Arpac a Casal di Principe, alla ricerca di rifiuti tossici industriali, stanno dando i prevedibili e tristi frutti. Una serie di fusti, presumibilmente pieni di fanghi industriali, sono stati ritrovati a una profondità di circa 9 metri in un terreno adiacente via Sondrio, dove stamattina sono iniziate le operazioni di scavo.
IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA – Giornalisti e semplici curiosi sono stati fatti allontanare dalla zona per l’estrema pericolosità connessa alle operazioni di scavo. Queste ultime sono state effettuate su segnalazione di un collaboratore di giustizia di cui non è stato reso noto il nome. Non si tratta, comunque, di Carmine Schiavone, che nelle sue interviste rilasciate a Sky, al Fatto Quotidiano e ad altre testate giornalistiche, ha diffusamente parlato dei rifiuti interrati a Casal di Principe e dintorni. Le indagini sono coordinate dalla Dda di Napoli, mentre a sovrintendere le operazioni di scavo sono i militari su delega dei pm dell’Antimafia, Giovanni Conzo e Luigi Landolfi, nonché del procuratore aggiunto Francesco Greco.

Campania avvelenata dalla camorra Dati choc: «20 chilometri quadrati morti»

di Gerardo Ausiello

NAPOLI - Giugliano, 220 ettari di veleni, 220 ettari condannati a morte. Nella zona rossa, tra la Resit e le discariche sotto sequestro, non c’è futuro. Ma l’inquinamento non si ferma lì. La falda acquifera risulta contaminata da sostanze cancerogene volatili anche nei 2mila ettari circostanti. Parliamo di 20 chilometri quadrati. O di 2600 campi di calcio, come quello dello stadio San Paolo. Un’area pari a quattro volte la superficie di Posillipo. Dieci volte quella del Vomero. «Realisticamente la bonifica appare impossibile - ammette il commissario di governo, Mario De Biase - Per legge, infatti, bisognerebbe raccogliere tutti i materiali, rimuoverli e trasportarli altrove. Stesso discorso vale per le acque. Un’impresa proibitiva. Ciò che è invece necessario fare è la messa in sicurezza per fermare l’avanzata di percolato e biogas. Un obiettivo a cui stiamo lavorando senza sosta. E in parallelo bisogna pensare a una massiccia riconversione “no food” sostituendo gli alberi da frutto con pioppi, boschi ed essenze arboree».

Eppure, assicura De Biase, «nonostante quest’emergenza i prodotti ortofrutticoli allo stato attuale non risultano avvelenati. Io sono pronto a mangiarli, raccogliendo l’invito di movimenti ed associazioni».

L’area nel mirino
Quasi un quinto del territorio di Giugliano è a rischio. Ma non si può essere certi che le altre zone siano sicure. «Al di là dei rifiuti tossici, quel pezzo di Campania è stato oggetto di un abusivismo edilizio sfrenato - denuncia il commissario - Così molte abitazioni e attività commerciali scaricano direttamente materiali e resti organici in falda». Ancora oggi la situazione appare fuori controllo. In alcuni pozzi, ad esempio, sono stati riscontrati livelli anomali di trielina, una sostanza utilizzata per smacchiare gli indumenti: «Non è escluso che qualche lavanderia industriale stia smaltendo illecitamente i rifiuti, che finiscono in quel mare magnum sotterraneo che è la falda acquifera».

Le analisi
Per vederci chiaro il commissariato alle bonifiche ha siglato un accordo con l’Istituto superiore di sanità. Gli esperti hanno quindi unito le forze e iniziato le indagini. Una volta verificato il livello di contaminazione della falda, i tecnici sono passati ai terreni agricoli eseguendo migliaia di prelievi. Nel rispetto delle norme in materia, i prelievi dei campioni sui terreni sono stati effettuati seguendo lo schema della «W» ovvero raccogliendo il materiale in più punti e mescolandolo. Ebbene in tre macro-aree su quaranta è stata riscontrata la presenza di inquinanti. Quali sono le località interessate? Quella alle spalle di Novambiente verso l’Asi, quella denominata San Giuseppiello, quella centrale tra la Resit e Masseria del Pozzo. La musica non cambia se si considerano le indagini sull’atmosfera mentre i rilievi relativi al sottosuolo (dieci metri di profondità e oltre) sono in corso di elaborazione.

I prodotti 
Il quadro è drammatico ma inaspettatamente la buona notizia riguarda frutta e ortaggi. «Alla luce dei dati disponibili, ottenuti con le procedure analitiche selezionate - scrivono gli esperti dell’Istituto superiore di sanità nel dossier su Giugliano - si evince che, al momento, la presenza dei composti organici volatili, maggiormente rilevati nelle acque dei pozzi, non influenza le matrici ortofrutticole coltivate nell’area oggetto di studio. Quanto detto lascia presupporre che non ci sia, per i Cov (le sostanze volatili cancerogene, ndr), un passaggio diretto di contaminazione dalle acque alla pianta e di conseguenza alla parte edibile della pianta stessa». Secondo i tecnici dell’Iss, insomma, frutta e ortaggi non sono avvelenati. Com’è possibile? «La spiegazione è che, a contatto con l’aria, le sostanze cancerogene volatili vaporizzano - sottolinea De Biase - Stiamo ora verificando che cosa succede nelle serre. A novembre avvieremo i primi esami. Nel frattempo, comunque, continuiamo a monitorare tutti i prodotti che crescono nei 2mila ettari».

Gli interventi 
Il traguardo da centrare, cruciale per il destino di Giugliano e dei suoi abitanti, è la messa in sicurezza. Sono in corso le caratterizzazioni dei terreni e le gare per affidare gli appalti. Poi partiranno i lavori. In parallelo, però, occorre studiare altre contromosse utili: «È necessario modificare le norme in materia per intensificare i controlli sui prodotti ortofrutticoli in modo da offrire maggiori garanzie ai consumatori - aggiunge il commissario - È inoltre fondamentale l’istituzione di una banca dati con tutte le informazioni utili sull’emergenza ambientale. Così sarà più facile combatterla ed arginarla».


Napoli, assedio a Fort-camorra. I carabinieri assediano il bunker, botte dagli occupanti


Napoli. Una piazza per lo spaccio della droga con cancellate e telecamere è stata smantellata dai carabinieri nel quartiere di Pianura a Napoli che hanno arrestato quattro persone: coinvoltI nel traffico anche due minori. I militari del nucleo radiomobile sono intervenuti in via Romolo e Remo dove hanno bloccato le quattro persone con l'accusa di detenzione illecita di stupefacente e, a vario titolo, di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale e furto aggravato di energia elettrica.

I carabinieri hanno fatto irruzione in un seminterrato trasformato in un fortino con grate e porte di ferro ed una centrale operativa con monitor che riprendevano l'esterno con telecamere wireless.

E proprio in un assedio al fortino si è trasformata l'operazione. I carabinieri hanno circondato l'edificio per chiudere ogni via d'uscita e sono andati avanti smantellando un ostacolo dopo l'altro, preceduti dai vigili del fuoco.

Alla fine gli assediati sono stati raggiunti. Si tratta della padrona di casa, Anna D'Alterio, 40 anni e di Fabio Caruso, 29 anni, già noti alle forze dell'ordine. Con loro due ragazzi di 17 anni, incensurati. Anna D'alterio non si è arresa neppure in fondo al bunker.Ha aggredito i carabinieri a calci e pugni. Il carabiniere che l'ha immobilizzata è stato medicato e giudicato guaribile in 10 giorni.


Dopo otto anni il pizzaiolo più bravo al mondo torna ad essere napoletano «Da piccolo giocavo con la farina»


NAPOLI - È tornato a Napoli il titolo di campione mondiale dei pizzaioli: da otto anni un napoletano non si aggiudicava infatti il primo posto. A conquistare il trofeo Caputo (nell'ambito del Pizza Village) è stato il ventinovenne partenopeo Davide Civitiello.

Ha sbaragliato i 500 partecipanti provenienti da 47 Paesi del mondo. Il secondo posto è andato invece ad una giovane pizzaiola giapponese, Chia Umezawa, arrivata a Napoli con 50 suoi colleghi dal Sol Levante. Terzo classificato, il bresciano Giuseppe Toriello. Quest'anno il campionato si è svolto a contatto diretto del pubblico che ha potuto seguire la selezione, durata due giorni, a due passi dai concorrenti.

Si è svegliato con il titolo di campione mondiale dei "pizzaiuol", conquistato ieri notte Davide Civitiello, 29 anni, non sta nella pelle. «Mi sento un altro - racconta - sono così felice che non mi sembra vero».

Felice per sé e per la città che non vedeva il titolo da 8 anni. «Speriamo che porti bene anche alla nostra squadra di calcio», aggiunge. La sua storia è davvero singolare. «Quando uscivo dalla scuola, a 9 anni, correvo nella pizzeria del papà di un mio amico a via Capuana, l'antica pizzeria di Gennaro di Enzo Costa. Sono stati loro i miei primi maestri. Giocavo con la farina, lievito e acqua e impastavo, come forse altri bambini della mia età facevano con la plastilina. Poi all'età di 14 anni, dopo le scuole medie, decisi quale sarebbe stato il mio lavoro: il pizzaiolo».

Di maestri Davide ne ha avuti tanti, dopo Enzo Costa, Salvatore De Masi e altri grandi '"rtigiani" della pizza. Ma Napoli gli stava stretta, così ha lavorato due anni a New York, poi a Tokyo, ancora a Copenaghen. Sempre in giro ad insegnare agli altri come fare una vera pizza napoletana. Da autentico "pizzaiuolo", Davide assieme allo chef che fu il cuoco personale di Gianni Versace, Donato De Santis, ha girato per una televisione americana, la Fox Latina, un programma di cucina che andrà in onda per l'Argentina in autunno.

Soddisfatti gli organizzatori del Trofeo Caputo che hanno visto aumentare i partecipanti: 500 provenienti da 47 Paesi del mondo. Evento che si è dispuntato nell'ambito del "Caputo Napoli Pizza Village", ricco di momenti musicali, di laboratori e di approfondimenti e che durerà fino a domenica 8 settembre. Con la possibilità, tutte le sere, di degustare la pizza in uno dei 45 stand dove operano i più importanti pizzaiuoli partenopei, con un prezzo piccolo, piccolo. E Davide confida «ho un sogno, vorrei aprire una pizzeria tutta mia, A Napoli, New York, Madrid, ovunque mi si dia la possibilità».