mercoledì 22 giugno 2016

Carneficina di Melito: l’ultimo “sgarro” agli Amato-Pagano

Di Dario Moio

MELITO – La carneficina di Melito, che nel primo pomeriggio di ieri ha causato la morte di due persone e il ferimento di altre due, è solo l’ultimo e più rumoroso campanello d’allarme che qualcosa nel mondo criminale a nord di Napoli si sta muovendo.

Il vero obiettivo dei killer ieri era Domenico Amato, figlio del boss scissionista Raffaele: il ragazzo, 17 anni ancora da compiere, si è salvato ma è rimasto gravemente ferito. Ma tanto basta per lanciare un messaggio ai vecchi scissionisti che il vento sta cambiando. Melito, una volta feudo del clan Amato-Pagano, non è più un porto sicuro.

Preludio all’agguato di ieri, c’erano stati due episodi avvenuti in rapida successione tra il 18 e il 20 maggio. Il primo è il ferimento di Pietro Caizza, parente di un collaboratore di giustizia ma considerato elemento di spicco degli Amato-Pagano. Tra il il 18 e il 19 maggio, Caiazza si trovava a bordo della sua Mercedes in compagnia della moglie sull’asse mediano. Nel tratto tra Afragola e Melito fu affiancato da un’auto che esplose contro di lui alcuni colpi di pistola. In ospedale raccontò di un tentativo di rapina ma il suo racconto e i suoi precedenti non convinsero gli inquirenti, che ci misero poco a capire che si era trattato di un agguato.

Il secondo episodio avvenne qualche ora dopo a Melito. I militari della compagnia di Giugliano arrestarono tre giovani di Scampia che giravano a bordo di una Lancia Y nei pressi di via Cicerone e armati di pistole pronte a sparare. Si tratta di Leopoldo Marino (33), Raffaele Iacopo (22) e Fabio Lanzetti (32), considerati vicini al clan Notturno-Abete-Abbinante, operante nell’area nord. Gli inquirenti sono convinti che in quell’occasione il terzetto fosse pronto per un agguato.

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Due morti e due feriti nell’agguato di camorra di oggi a Melito, in pieno centro

MELITO – Alessandro Laperuta, 32enne del rione Salicelle di Afragola, è une delle vittime dell’agguato avvenuto oggi a Melito. Dunque, due morti, due feriti ed un’altra persona che è riuscita a fuggire. Sarebbe questo il bilancio dell’agguato di oggi in cui il figlio di uno dei capi del clan camorristico Amato-Pagano, i cosiddetti Scissionisti, forse il principale obiettivo dei killer, risulta essere uno dei due feriti nel raid di camorra. Il minorenne colpito, il 16enne Domenico Amato, è stato raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco in via Cicerone, poco dopo le 13, rimanendo colpito a terra. Con lui, trasportato d’urgenza all’ospedale al San Giuliano di Giugliano, è stato  ferito anche un altro uomo, Mohammed Nouvo, 30enne pregiudicato marocchino vicino al clan Amato-Pagano, alla testa. Quest’ultimo è morto in ospedale dopo alcune ore. Sul posto sono giunti i carabinieri della locale tenenza guidati dal tenente Iodice e gli uomini della compagnia di Giugliano agli ordini del capitano De Lise.

Secondo le prime ricostruzioni, pare che in via Cicerone, nei pressi del Parco X, sia cominciato l’inseguimento da parte dei killer che hanno poi raggiunto le vittime colpendo Amato, rimasto a terra ferito al torace. Successivamente le altre due vittime, in compagnia probabilmente di un’altra persona, un 30enne, nonostante le ferite, sono riuscite a fuggire a bordo della loro moto, imboccando via Aldo Moro, poi un controsenso nei pressi dello storico istituto delle suore. A quel punto le vittime, ferite nell’agguato, sarebbero riuscite a scappare mentre il T-Max con a bordo i killler sarebbe stato frenato nella sua corsa da un incidente con una Fiat Punto. Giunti in via Giulio Cesare, i feriti avrebbero provato a curarsi al primo piano del civico 118 del cosiddetto “Parco Padre Pio” ma per uno di loro, Alessandro Laperuta, non c’è stato nulla da fare. Raffaele Mauriello,20 anni, in sella ad un altro scooter, è invece rimasto ferito ed è stato interrogato a lungo dai carabinieri asserendo di non sapere nulla dell’agguato. Pare che oltre ai 3 giovani colpiti fosse presente anche un altro 30enne, scampato all’agguato.

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Faida di Scampia. Ucciso a Melito figlio dell'autista dell'uomo che ha dato inizio a Gomorra

di Matteo Giuliani
MELITO. Era arrivato a Napoli giovanissimo e probabilmente l'immagine che gli è rimasta impressa nella mente è stata quella di una città (più in generale di una provincia) schiava della camorra. Mohammed Nouvo, il 30enne ammazzato due giorni fa in via Giulio Cesare, era stato cresciuto in casa di Antonio Siviero, Siviero l'ha però potuto vedere soltanto compiere la maggiore età, prima di lasciarlo per sempre. Era il 29 settembre del 2004 quando Antonio Siviero fu ammazzato in via Lussemburgo, praticamente all'interno del portone di casa. Tonino passeggiava in compagnia di sua figlia all'interno del rione 219, quando fu avvistato da due killer in sella ad una moto di grossa cilindrata. Immediatamente uno di questi tirò fuori una pistola e lo colpì ripetutamente. Siviero, nonostante fosse stato raggiunto dai proiettili, riuscì ad arrivare fino all'interno del portone di casa dove con ogni probabilità ricevette il colpo di grazia.

Siviero era disarmato e non temeva per la sua vita e quel giorno, secondo le dichiarazioni di alcuni pentiti, non era stato affatto decisa la sua morte. Tonino ebbe la sfortuna di ritrovarsi di fronte due uomini del clan avverso che si trovavano lì per caso, ma non esitarono a tirare fuori la pistola e ad eliminare colui che conosceva i segreti dell'ex capozona.

Siviero era stato per anni autista di Federico Bizzarro, detto 'Bacchettella', di cui era amico e confidente. Gli fu fedele fino all'ultimo istante, fino a quando i killer non fecero irruzione all'interno di un noto albergo di Qualiano e crivellarono di colpi Bizzarro. Per l'omicidio Bizzarro furono condannati Antonio Ronga e Rosario Fusco, due ex luogotenenti del boss che decisero di farlo fuori dopo che questi aveva deciso di dichiararsi indipendente da Secondigliano. Bizzarro fu di fatto il primo scissionista del clan Di Lauro ed il suo omicidio finì per fare da spartiacque dagli anni di pace del cartello di Secondigliano alla prima faida di Scampia. Gli assassini indossarono quel giorno pettorine della polizia per intrufolarsi all'interno dell'albergo. Quando giunsero all'esterno della stanza dove Bacchettella si trovava in compagnia di una donna, non aspettarono neanche l'apertura della porta ed esplosero decine di proiettili, tanto efferato fu quell'omicidio di camorra da essere ripreso anche nella prima serie di Gomorra. La prima faida di Scampia cominciò praticamente in quel momento e proprio una nuova faida di Scampia era stata ipotizzato pochi minuti dopo la sparatoria nel Parco Padre Pio che ha portato alla morte del 'figlio' dell'autista dell'ex boss di Melito e a quella di Alessandro Laperuta ed al ferimento del 16enne Domenico, A., nipote dei superboss degli Scissionisti Raffaele Amato e Cesare Pagano.

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