lunedì 21 ottobre 2013

E' morto in carcere Angelo Nuvoletta, il mandante dell'omicidio di Giancarlo Siani

MARANO. Angelo Nuvoletta, padrino, insieme ai fratelli Lorenzo e Ciro, della storica famiglia camorrista di Marano (Napoli) è morto. La notizia è diffusa dal quotidiano Il Mattino. Angelo Nuvoletta aveva 71 anni. Era in carcere in regime di 41bis nel penitenziario di Spoleto. Il padrino di Marano, il cui sodalizio era alleato coi corleonesi di Totò Riina e poi con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, era stato arrestato solo nel 17 maggio del 2001, dopo 17 anni di latitanza. È lui il mandante dell'omicidio del giornalista napoletano Giancarlo Siani e per quella morte – e per altre vicende di sangue ( tra le quali la morte di 5 affiliati al Clan Alfieri, strangolati e sciolti nell'acido) – era stato condannato più volte all'ergastolo. I funerali dovrebbero tenersi si terranno a Marano, comune a Nord di Napoli, città d'orgine del boss e della famiglia malavitosa.

Nuvoletta ucciso da un tumore A rischio i funerali a Marano

MARANO. Stroncato da un tumore in un reparto per malati terminali all'ospedale di Parma, dopo alcuni ergastoli e dodici anni di carcere duro al 41 bis, il padrino Angelo Nuvoletta si porterà nella tomba i segreti della più devastante stagione delle stragi di camorra: dei suoi legami con la mafia dei corleonesi di Liggio e Riina, delle connivenze con la politica degli anni Ottanta, dei delitti eccellenti come quello del giornalista napoletano Giancarlo Siani e della mattanza di rivali dai nomi qualunque, soffocati e sciolti nell'acido. 
Aveva 71 anni, il boss, di cui 17 passati a sottrarsi alla giustizia, latitanza dorata che si consumava proprio a pochi passi dal Comune di Marano, fino all'arresto del 2001. Già una settimana fa, su disposizione del giudice di sorveglianza, era stato trasferito dal settore di massima sicurezza del carcere all'ospedale. Dal pm Marco Del Gaudio della Procura antimafia era partito un accertamento, come di prassi: ma il responso clinico diceva che aveva ormai poche ore di vita. Spese anche a salutare, tra i pochi momenti di coscienza, figli e parenti. 
Dei tre fratelli e boss Nuvoletta, con Lorenzo e Ciro - Angelo era il più stratega e sanguinario. Non c'era palazzo o traffico criminale che si muovesse nell'area a Nord di Napoli, senza il placet dei signori di Marano, che governavano economie, vite e destini impenditoriali dalla loro tenuta di Poggio Vallesana, attravesrata da decine di esemplari di cavalli di razza e da altrettante squadre di professionisti al loro servizio. 

Avevano cominciato come importanti trafficanti di sigarette di contrabbando, ma poi avevano diversificato quelle rotte con i grandi carichi di eroina, primi importatori in Europa tra i Settanta e gli Ottanta. Grazie proprio ai legami stretti con i vertici di Cosa Nostra in Sicilia.

Angelo, come i fratelli, era un "pungiuto" della mafia: si era sottoposto al rito dell'alleanza di sangue con la mafia siciliana, in cui si punge con uno spillo l'indice della mano che impugna l'arma, mentre brucia un'immagine sacra. 

E nell'area di Marano e dintorni sfigurata da una cementificazione selvaggia, erano stati - parallelamente al grande business della droga - i primi a reclutare imprenditori asserviti al potente cartello. Ingegnere, costruttori. Fondamentale il sodalizio con i Polverino. Fu Guido Longo, attuale questore di Reggio Calabria, allora alla guida della Dia di Napoli, a stanare Angelo Nuvoletta nel bunker vicino casa sua, a Marano, e l'allora pm Armando D'Alterio ottenne per lui la condanna definitiva come mandante del cronista Siani. Giancarlo aveva scritto che c'era ormai una frattura tra i Nuvoletta e il clan vesuviano dei Gionta. Era vero, ma il padrino Angelo - raccontano gli atti - per dare un segnale distensivo agli alleati ordinò l'eliminazione di quel giovane precario de "Il Mattino". 
Quando se lo portarono via in una cella di massima sicurezza, il boss fece capire subito che avrebbe mantenuto lo status di criminale legato ai corleonesi: "I pentiti hanno fatto male a voi e a noi". Un tumore se l'è portato via con tutti i suoi segreti. La Questura di Napoli valuterà se vietare i funerali: appare improbabile il corteo cittadino in una Marano che porta ancora i segni della dynasty criminale.

CONCHITA SANNINO
Repubblica.it

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