mercoledì 27 dicembre 2017

«Uomo di fiducia di Amicone e Picardi, tutti gli affari di Agostino d'Alterio». Il racconto del pentito Giuliano Pirozzi

GIUGLIANO. La figura di Agostino d'Alterio, nei cui confronti oggi è stata eseguita una nuova ordinanza in carcere, è nota alle forze dell'ordine. Di lui parla in alcuni verbali anche Giuliano Pirozzi, gola profonda del clan Mallardo. In particolare il collaboratore di giustizia ricostruisce il suo profilo criminale e gli interessa che aveva nell'affare del Mog. "D'Alterio Agostino era il più stretto collaboratore della famiglia Picardi e di Patrizio Picardi, con lui si dedicava oltre alla attività del mercato era lui che gli faceva da collante per tutti gli appuntamenti la mattina organizzavano anche truffe assicurative tra di loro, dove i soldi venivano versati sul conto di ... alla filiale del Banco di Napoli di Corso Campano zona Selcione e non venivano controllati perché c’era un cassiere infedele che si chiamava un certo ...., loro avevano numerosi interessi in comune tra di loro. D'Alterio Agostino prima di collegarmi a Picardi era l'uomo di fiducia di Giuliano Amicone, tanto è vero che con lui aveva anche una società di colorificio in Corso Campano se non erro si chiamava ....., che successivamente loro intestarono a ..... Quindi è sempre stato in affari con il clan Mallardo. Nel 2012 da quando Patrizio aveva preso la reggenza era diventato il suo uomo di fiducia e si faceva aiutare soprattutto dal figlio Antonio Picardi perché Patrizio Picardi psicologicamente si era creato una latitanza preventiva, visto che stavano succedendo tutti questi arresti preventivamente lui viveva da latitante e D’Alterio Agostino era sempre pronto a prendergli gli appuntamenti anche telefonici e quando si doveva fare qualche appuntamento lui diceva: Ti cerca l’Avvocato, ti cerca l’architetto, ti cerca Maria per fare capire... noi sapevamo in codice che era Patrizio Picardi". Secondo Pirozzi le mire di Agostino D'Alterio erano sul mercato della frutta di Giugliano e di Fondi.

di Antonio Mangione

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sabato 9 dicembre 2017

Napoli, il racconto del killer pentito: «Ho riempito Napoli di coca. ​Ecco il sistema delle puntate»

di Leandro Del Gaudio

Quando ripensa alle «puntate» di cocaina sui carichi provenienti dall'Olanda o dal Sudamerica, non ha dubbi: «Abbiamo riempito Napoli di droga», grazie a un sistema di approvvigionamento simile che ha lo stesso ritmo della borsa. Parla delle «puntate», un modo per scommettere a distanza di migliaia di chilometri sulla capacità di un carico di droga - la cocaina viene misurata in chili - di passare di mano in mano, di varcare la frontiera, di resistere alle maglie della giustizia, quasi sempre attraverso pacchi nascosti in vetture e autocisterne che dal Sudamerica arrivano nei Paesi bassi, prima di finire a Napoli. E una volta da queste parti, quei chili di cocaina su cui i nostri scommettitori hanno puntato mettendoci moneta sonante, si trasformano in oro e morte: soldi per chi ci ha creduto, per chi ha la forza di tagliare quel prodotto grezzo, ma anche morte per quelli che vanno ad acquistare la roba dai pusher e nelle piazze di spaccio locali.

Eccolo Mariano Torre, uno che prima di fare il pentito, è stato killer scelto del gruppo di morte che ha seminato terrore a Napoli per conto di Carlo Lo Russo, ma prima ancora faceva il cassiere della potente cosca che ha governato Napoli almeno fino al 2011. Ed è nella sua nuova vita di pentito, che Mariano Torre ricostruisce il sistema delle puntate, firmando accuse contro i grandi broker della cocaina, quelli che portano lo stupefacente a Napoli, per passare poi ai quadri intermedi e ai pusher che operano nelle singole piazze. Uno spaccato economico che resta vivo, quasi a dispetto della mole di arresti e sequestri consumati in questi anni sotto il coordinamento della Dda di Napoli. Si parte da un dato numerico quasi inamovibile, quello legato al prezzo di un chilo di cocaina che si attesta a quota 32mila euro, non un centesimo in meno: soldi che servono a sbloccare un chilo di cocaina purissima, che entra a Napoli per essere trattata e che rende in modo esponenziale, se si pensa che una dose oggi costa in media trenta euro. Hanno riempito Napoli di coca, ha spiegato Mariano Torre, anche se la svolta della sua vita non è riconducibile al suo ruolo di cassiere o di organizzatore di puntate sui mercati olandesi o sudamericani, ma ai momenti in cui ha deciso di premere il grilletto. Ha ucciso Genny Cesarano, Mariano Torre. È tra i quattro condannati all'ergastolo, secondo la sentenza firmata dal giudice Vecchione (gli altri sono Antonio Buono, Ciro Perfetto, Luigi Cutarelli, Mariano Torre (mentre sedici anni sono stati inflitti al boss pentito Carlo Lo Russo), ma nella sua carriera non c'è solo il 17enne colpito per errore durante un'azione dimostrativa alla Sanità. Ci sono anche altri omicidi che ha confessato sin dalle prime battute della sua collaborazione con la giustizia, in uno scenario scandito da «stese» (plateali caroselli di spari contro palazzi o finestre di edifici), di appostamenti, morti ammazzati. Ha spiegato Mariano Torre: «Prima che uscisse Carlo non avevo mai ucciso nessuno, per questo dico che i Lo Russo mi hanno rovinato la vita e Carlo Lo Russo in particolare. Prima della sua scarcerazione facevo già parte del clan, mi occupavo di droga ed estorsioni ma non avevo mai ucciso nessuno, ho solo partecipato all'agguato a Francesco Sabatino, nel periodo in cui Salvatore Scognamiglio aveva fatto la scissione, o meglio, aveva tentato di estromettere Antonio Lo Russo dal comando del clan».

Seguono pagine di «omissis», al termine del primo interrogatorio reso dinanzi al pm Enrica Parascandolo, magistrato in forza al pool anticamorra del procuratore aggiunto Filippo Beatrice. Droga, affari e omicidi, dunque. Il killer pentito va avanti: «Mi viene chiesto se abbia avuto rapporti con Ettore Bosti di Nunzio, cugino di Ettore Bosti, genero di Mario Lo Russo e dico che lo conosco bene, perché è il cognato di Luciano Pompeo: Ettore faceva le puntate di droga dall'Olanda, erba e cocaina, insieme ad un altro ragazzo che ci ha detto essere suo cugino; Ettore faceva puntate di droga assieme a Vincenzo Lo Russo e a Marco Corona».

Ma non si parla solo di droga e di morti ammazzati, nel racconto di Mariano Torre. Ci sono anche investimenti sospetti fatti a Roma o appartamenti comprati nel centro di Napoli, nel costante tentativo da parte del clan di ripulire i proventi di racket e narcotraffico. Non mancano riferimenti a strategie processuali, come la storia delle confessioni-dissociazioni che avvengono nelle aule, in vista di una probabile condanna. Anche Mariano Torre insiste sul concetto della «mano alzata in aula», con il tentativo di confessare le accuse mosse dalla Dda: senza accusare altri componenti del commando, una sorta di invocazione al perdono, nel tentativo di eludere l'ergastolo.

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venerdì 1 dicembre 2017

Nuove alleanze, intimidazioni e minacce: la strategia di morte dei Mazzarella per prendersi tutta Napoli


di Stefano Di Bitonto


NAPOLI. Che il clima fosse cambiato lo si percepiva da tempo. Da San Giovanni a Teduccio al Mercato passando per i Quartieri spagnoli: è un Risiko ad ampio raggio quello che sta spingendo i Mazzarella di nuovo, e prepotentemente, sulla scena criminale. Una 'restaurazione' di quel potere che all'inizio degli anni Duemila era secondo solo a quello dell'Alleanza di Secondigliano forte (allora) dei legami con i Misso, i Di Biase, gli Elia del Pallonetto. Altri anni, altre storie, adesso ci sono nuove alleanze e soprattutto nuovi 'modelli di governance'. Criminale, s'intende. 

Il primo fronte degli eredi di Michele 'o pazz è naturalmente il Mercato dove da mesi è in atto la guerra contro i Rinaldi delle Case Nuove: una guerra combattuta non soltanto a colpi di pistola ma anche con minacce e provocazioni. L'ultima, dieci giorni fa, quando alcuni giovani legati a quello che viene indicato come il ras emergente della cosca, hanno 'sfilato' con le loro moto sotto casa di un pregiudicato dei Rinaldi 'invitandolo' a scendere. In ballo c'è il fiorente mercato delle sostanze stupefacenti del centro storico e della zona di via Marina che in questi anni è stato dominato dagli uomini del boss Ciro Rinaldi detto 'My way'. Altra 'zona calda' sono i Quartieri spagnoli: qui l'alleanza è con la cosca emergente dei Masiello, un patto che dipinge uno scenario a tinte fosche. Dall'altra parte i Ricci-Saltalamacchia con l'appendice dei Ferrigno: da queste famiglie, secondo le ultime informative, sarebbe partita la spedizione armata di via Figurelle a Montecalvario, cui è seguita nella notte la riposta in via Speranzella da parte di un gruppo misto in cui ci sarebbero stati alcuni sicari provenienti da San Giovanni a Teduccio e dal famigerato Rione Luzzatti.

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