domenica 3 novembre 2013

Terra dei fuochi, così Schiavone "faceva" i sindaci per conto dei Casalesi

di Daniela De Crescenzo
La democrazia secondo Schiavone. In quella famosa audizione del 7 ottobre 1997 davanti alla commissione ecomafie il collaboratore di giustizia più volte deragliò dal tema principale per spiegare tutto del clan. E si soffermò anche sui rapporti tra i casalesi e la politica spiegando che i boss avevano avuto rapporti con diversi big (e cita De Lorenzo, Gava, Scotti, Santonastaso, De Mita): «Non è che fossero dei clan, che fossero mafiosi. Purtroppo ognuno ha un solo voto e per raccogliere tanti voti, soprattutto in certe zone, ci vogliono tante amicizie».

Ma l’attenzione dei camorristi, sostiene, si appuntavano soprattutto sugli amministratori locali: «In tutti i 106 comuni della provincia di Caserta (in realtà sono 104, ndr) noi facevamo i sindaci, di qualunque colore fossero. C’è la prova. Io, ad esempio, avevo la zona di Villa Literno e sono stato io a fare eleggere il sindaco. Prima il sindaco era socialista e noi eravamo democristiani. Dopo la guerra con i Bardellino... ci avrebbe fatto piacere anche se fosse rimasto socialista, perché era la stessa cosa. Per esempio, a Frignano avevamo i comunisti. A noi importava non il colore ma solo i soldi». E i soldi, lo dimostrano diverse inchieste giudiziarie, non hanno colore politico. Anni dopo essere stato arrestato ed aver rotto i rapporti con il clan diventando collaboratore di giustizia, Schiavone ancora si diverte a ricordare gli episodi incredibili del passato: «A Villa Literno, che era di mia competenza, ho fatto io stesso l’amministrazione comunale. Abbiamo candidato determinate persone al di fuori di ogni sospetto, persone con parvenze pulite ed abbiamo fatto eleggere dieci consiglieri, mentre prima ne prendevamo tre o quattro. Un seggio lo hanno preso i repubblicani, otto i socialisti e uno i comunisti (un certo Fabozzo)».

Visto il successo dell’operazione «facce pulite», il pentito decise che era arrivato il momento di fare la giunta «La sera li abbiamo riuniti e ne mancava uno. Ho detto loro: ”Tu fai il sindaco, tu fai l’assessore” e via di questo passo. Mi hanno detto: ”Ma manca un consigliere per avere la maggioranza”. All’epoca c’era Zorro, il quale era capozona e dipendeva da me. Ho detto: ”andate a prendere Enrico Fabozzo e lo facciamo diventare democristiano”. Infatti lo facemmo assessore al personale. 
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