mercoledì 19 novembre 2014

Rifiuti, parla il pentito Luigi Diana: «Nessuno si faceva scrupoli. Era oro»


GIUGLIANO. Nell’Assise di Napoli, un processo senza fine. Da qualche tempo si parla di rifiuti urbani, speciali, tossici, discariche, nomi, luoghi, conseguenze. Da troppi anni ci sono le malattie e l’omertà. Il numero esatto c’è: 30 anni. I nomi ci sono: Gaetano Vassallo, Francesco Bidognetti, Cipriano Chianese. Un trio a capo di una società di fatto, quella dello smaltimento illecito dei rifiuti. L’ultimo, un avvocato meglio conosciuto come l’ideatore delle eco mafie, poi Bidognetti, il patriarca di questa “società”, ed infine Vassallo, uno dei pentiti che, con le sue dichiarazioni contro tutti, ha fatto tremare il sistema dei rifiuti. Tre nomi, ma intorno, un pull di persone che, persino i collaboratori di giustizia, dicono di non riuscire “a ricordare bene”, arricchendo le loro dichiarazioni di “mi sembra che”.

Tanti i processi per la questione rifiuti, uno su tutti Spartacus. Ad oggi, tra accusati ed accusatori, le aule del Tribunale di Napoli, nell’ospitare il Processo Cerci, si riempiono di nomi, tra noti e meno, ma tutti causa dello stesso male. Loro, le persone che hanno massacrato i territori passati alla storia come Triangolo della morte, ma che allo stato attuale, più che triangolo, i terreni inquinati, fanno parte di una configurazione senza confini. I nomi: Zagaria Vincenzo, Diana Luigi, Raffaele Giuliano, Mallardo Giuseppe, Cerci Gaetano, Perrella Nunzio, Pietro, Giorgio e Carmine Lago (di Pianura), i fratelli Cangiano (cugini di Bidognetti che detenevano depositi di materiali edili, dove fu individuato un camion adatto al trasporto della spazzatura), Caterino Nicola (capozona di Cesa), Schiavone Francesco, Mercurio Guido (capozona di Villa Literno), Iovine Antonio, Bencivenga Lello (imprenditore tra gli ultimi arrivati in società) e poi “amici nostri della zona di Casale”. Solo una parte dei tanti coinvolti, questi, coloro che Diana Luigi, detto “u gion”, ha citato in Assise. Lui in videoconferenza, presente (tra le sbarre) Cerci, il quale, a metà udienza, chiede di abbandonare l’aula. 

Nessuno si faceva scrupoli «volevano solo i soldi senza preferenza di tipologia di rifiuti. I rifiuti urbani costavano tra le 20,30 e 40 lire. Gli altri, avevano cifre diverse, ma i camion con tonnellate di immondizia, valevano 70 milioni di lire. Era oro. Tutti ammaestrati dall’Avvocato Chianese. Il maestro era lui. Ad un certo punto Bidognetti iniziò a preoccuparsi, quando in televisione si iniziò a parlare di mortalità e cose tossiche, perché aveva dei terreni a Casal di Principe, ma finiva lì.» Un fiume in piena il pentito che, alla domanda del PM sul perché si sia pentito, magari per contrasti pregressi con qualcuno delle persone da lui stesso (Lugi Diana) nominato, il collaboratore di giustizia risponde «assolutamente no anzi, io a Cerci, Vassallo, Bidognetti, ma pure altri, auguro ogni bene». Dunque, perché si è pentito? Dice «i motivi sono tanti, soprattutto perché stavo male». Arrestato nel 1999 e condannato all’ergastolo con il processo Spartacus, diventa collaboratore di giustizia il 22 Aprile 2005. Conferisce di un sistema rifiuti, compreso tra il 1997 ed il 2005, ma tutto ha inizio nel lontano 20 Ottobre 1987, quando Francesco Bidognetti e Cipriano Chianese danno il via a traffici di ogni genere e, nel 1989, ha inizio il sistema dei rifiuti, con accordi per individuare cave adatte allo sversamento illegale. Accordi, nei quali, venivano coinvolti i capi di zona. Tra questi Peppe Mallardo, per quanto riguarda Giugliano. Infatti, fu indicata una cava di lapilli, nel 1993, per la quale, Mallardo voleva essere coinvolto, in quanto zona di sua appartenenza.

Giuseppe Mallardo. «Lui faceva gli interessi di Bidognetti - dice il collaboratore di giustizia riferendosi al boss di Giugliano -, perché amici fraterni e, tramite Chianese e Vassallo, c’era la contesa degli affari ma avevano un utile. Se la cava è stata poi utilizzata, non lo ricordo», riferisce Diana. Lo stesso, racconta di rapporti e malaffare che si possono suddividere in due fasi. La prima fino al 1993/94 e la seconda, dove protagonisti sono inceneritore ed eco balle. «Vassallo era intimo amico di Francesco Bidognetti, il quale, aveva tutti sotto la sua ala protettiva, avallandoli nei lavori pubblici delle province di Napoli e Caserta. Infatti, la famiglia Vassallo, ha costruito nelle zone di Caserta e se non mi sbaglio, anche di Capua. Qui si parla di galline dalle uova d’oro. Nel 1993, ci fu un confronto tra Bidognetti e Zagaria, perché bisognava lasciare in pace Vassallo, poiché dava 100 milioni al mese di vecchie lire a Cipriano Chianese. Questo, perché noi del clan, quando vedevamo i grossi imprenditori portare soldi, ci facevamo fare dei regali – continua –. Una notte, mentre si sversavano rifiuti in una cava giuglianese, nella zona dei “tre ponti a Parete” - tra Giugliano e Parete appunto - ci fu un fermo della polizia. I boss lamentavano che si erano fatti prendere. Quelli che si sversavano, erano camion con rifiuti di ogni specie». 

Chi si lamentava veniva ucciso. La domanda che segue è “mai nessuno si è lamentato di questi sversamenti? Qualcuno intorno. Erano zone abitate”. «Ogni tanto i contadini, gli autisti, accusavano ma finiva lì». La risposta è secca: «contro di noi nessuno si lamentava, altrimenti si ammazzava chi protestava, è certo».

Gli affari non si limitavano alla Campania, perché anche in Toscana, precisamente a Firenze, imprenditori, si mostrarono interessati allo sversamento. Su commissione di Bidognetti, lì si recarono Guido Mercurio e Gaetano Cerci, per la trattazione anche di rifiuti ospedalieri. Situazione preoccupante, poiché Mercurio si premunì con falsi documenti “perché era uno furbo” , così lo descrive in udienza Diana, mentre Cerci no, ed era cosa nota, il suo parentato con Bidognetti. Sempre in Toscana, a Lucca, invece, Antonio Iovine noto anche come “o ninno”, ebbe contatti per quel che concerne rifiuti tossici. Luigi Diana conferisce anche di aspetti che esulano dai rifiuti, quali l’alta velocità, il cui diretto interessato, era Bencivenga. Quest’ultimo, con le sue conoscenze romane, poteva garantire subappalti ma in cambio, pretendeva garanzie, accordate da Bidognetti poiché l’imprenditore “portava soldi”.

Numeri stratosferici quelli indicati nella scorsa udienza, dove la Guardia di Finanza, esaminate cave e beni sequestrati con relativo giro d’affari, ha riportato cifre che, persino gli addetti ai lavori, faticavano a gestire nella trascrizione. Il processo Cerci, ha visto l’interruzione per la giornata in questione. Seguiranno altre date, visto che, tutto è ancora al vaglio della giustizia.
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