martedì 26 marzo 2013

Napoli| Tre clan in consorzio: cassa comune per gestire il pizzo

di Giuseppe Crimaldi

Napoli - Il «gruppo misto della camorra» doveva garantire nuova vitalità ai cartelli criminali napoletani e casertani, duramente provati da raffiche di arresti e dalle condanne emesse dalla magistratura. 

Il «gruppo misto della camorra» doveva garantire nuova vitalità ai cartelli criminali napoletani e casertani, duramente provati da raffiche di arresti e dalle condanne emesse dalla magistratura. Una boccata d’ossigeno. Per questo era stato formato il «consorzio»: un triangolo i cui vertici erano rappresentati dai capi dei clan Licciardi, Mallardo e Bidognetti. 

Un’associazione di mutuo soccorso delinquenziale capace di garantire nuovi spazi e relative coperture su un territorio vasto, che dai quartieri dell’area nord di Napoli si estendevano fino al litorale domitio, nel Casertano. All’alba di ieri i carabinieri del Ros hanno frantumato questo triangolo, dando esecuzione a un’ordinanza cautelare del gip di Napoli che ha colpito i rappresentanti di questo accordo rimasto segreto fino a quando un collaboratore di giustizia non si è deciso a rivelare tutto ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia. Nasce così l’operazione «Lilium», coordinata dal procuratore aggiunto della Dda partenopea (nonché neo-procuratore della Repubblica di Reggio Calabria) Federico Cafiero de Raho e dai sostituti Giovanni Conzo, Antonello Ardituro, Cesare Sirignano e Cristina Ribera, e affidata alle indagini del Reparto operativo speciale comandato dal colonnello Giovanni Fabi. Tre i destinatari dei provvedimenti cautelari, nei confronti dei quali viene mossa l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso: Pasquale Barbato, già soggetto a misura della sorveglianza speciale, Massimo Di Cicco (che si trovava già in carcere per altre vicende) e Gennaro Trambarulo. 
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