sabato 22 ottobre 2011

Lotta alla camorra

Catturato esponente del clan dei Polverino
GIUGLIANO. I Carabinieri del nucleo investigativo di Napoli nel corso d'irruzione in un ristorante di Varcaturo, sul litorale dominio, hanno catturato il latitante Carmine Carputo, 54 anni, per gli inquirenti elemento di spicco del clan Polverino, sfuggito a un blitz a maggio che ha portato in carcere 40 affiliati alla 'famiglia' di camorra della zona Nord del napoletano, e' stato rintracciato e arrestato in un ristorante di Varcaturo, sul litorale domitiano. L'uomo era in possesso di una carta di identita' e patente false e di una ingente somma di denaro. A Carputo e' stata notificata una ordinanza di custodia cautelare in carcere con le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale e spaccio di droga, riciclaggio. Secondo le indagini, Carputo riciclava denaro del clan in attività edilizie e commerciali. Nell'operazione di maggio furono sequestrati beni per un miliardo di euro. Carputo è ritenuto elemento di spicco nel riciclaggio in attività edilizie e commerciali del clan.       

Droga e edilizia: Carputo abile imprenditore del clan
MARANO. Era ricercato dal 3 maggio scorso quando, durante l’operazione denominata ‘Polvere’ finirono in manette decine di persone ritenute affiliate al clan Polverino. Domenica notte, i carabinieri del comando provinciale di Napoli coordinati dal maggiore Lorenzo D’Aloia, hanno scovato Carmine Carputo, detto 'o piccirillo' in un ristorante a Varcaturo, il «Maroder Antica cucina Napoletana». Carmine Carputo, 54 anni è considerato dalla Dda di Napoli, un affiliato di spicco dei Polverino.

Il blitz al ristorante il «Maroder».I militari sono entrati in azione, in via Madonna del Pantano dopo aver avuto la certezza che il 54enne era all’interno del ristorante. Una volta circondato il locale sono entrati e hanno stretto le manette ai polsi dell’uomo tra l’incredulità di tanti clienti che erano all’interno del ristorante. Carputo è stato trovato in possesso di una carta di identità e patente false e di una ingente somma di denaro, che secondo gli inquirenti serviva per la sua latitanza. Gli è stata notificata una ordinanza di custodia cautelare in carcere con le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale e spaccio di droga e riciclaggio. Secondo le indagini, Carputo riciclava denaro del clan in attività edilizie e commerciali. Nell'operazione di maggio furono sequestrati beni per un miliardo di euro. Il 54enne è ritenuto elemento di spicco nel riciclaggio in attività edilizie e commerciali del clan. Secondo quanto riportato sul quotidiano ‘Cronache di Napoli’ denunciate a piede libero anche due donne cassiere dei bar riconducibili al 54enne, uno a Napoli e un altro a Marano.

Le indagini. Secondo l’Antimafia ad interessare il 54enne, Carmine Carputo era l’investimento di grosse somme di denaro per l’acquisto di importanti partite di droga in Spagna. Presso i suoi cantieri, inoltre, sarebbero stati “stoccati” temporaneamente i quantitativi di hashish giunti dalla penisola iberica. Ad inchiodare il 54enne le dichiarazioni di due pentiti Domenico Vere e Salvatore Izzo: «Oltre al campo delle costruzioni, il Carputo è coinvolto nel traffico di droga ed ha partecipato spesse volte alle cosiddette 'puntate’. Ricordo che in passato il camion contenente l’hashish veniva scaricato nella villa del Carputo. Aveva creato inoltre nella sua proprietà una botola all’interno della quale veniva occultato lo stupefacente». Il profilo di Camine Carputo delineato dalle indagini è quello di un abile imprenditore capace di investire quantità di denaro e farlo fruttare sia nella droga che nel campo dell’edilizia

Qualiano. Bruno D'Alterio: arrestato e poi rilasciato
QUALIANO. Sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, Bruno D’alterio 40 anni di Qualiano, è stato arrestato con l’accusa di aver violato la sorveglianza a cui era stato sottoposto. E’ stato bloccato dai carabinieri della stazione di Qualiano, diretti dal maresciallo Carlo Barresi, immediatamente dopo che aveva omesso di presentarsi nella caserma dei carabinieri, all’orario prestabilito, per adempiere alla prescrizione dell’obbligo di firma. Innanzi al giudice il 40enne, tramite il suo legale ha presentato un certificato medico e il giudice non ha convalidato il fermo. Si tratta di Bruno D’Alterio, cognato del defunto boss Nicola Pianese. Era attualmente sottoposto agli obblighi della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. La condanna un anno fa per estorsione al titolare di un caseificio per conto della camorra, insieme a D’Alterio alti sei affiliati al clan Pianese che ottennero lo sconto di pena nel processo di appello con rito abbreviato. La “parziale rinuncia ai motivi degli imputati”, una sorta di patteggiamento portò ad una condanna rideterminata in maniera “più favorevole” per gli imputati con pene ridotte di oltre due anni. Dai cinque anni e quattro mesi comminati nella sentenza di primo grado ai 3 anni, 2 mesi e 20 giorni nell’appello. Bruno D’Alterio (difeso dagli avvocati Pasquale Russo e Claudio Davino) fu condannato a 3 anni e 8 mesi rispetto ai sei anni inflitti in primo grado dove furono condannati a 38 anni di cella totali. Fu questo l’esito del processo con rito abbreviato dell’ottobre dello scorso anno presso la terza sezione gup del tribunale di Napoli (giudice De Gregorio). Per tutti ci fu l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la confisca delle telecamere del sistema di videosorveglianza al ras D’Alterio. Erano ritenuti responsabili di aver preteso il pagamento di una tangente da un imprenditore, Ciro Pianese (indagato come mandante nell’omicidio dell’ex assessore di Villaricca, Roberto Landi).

Camorra, boss del «pallonetto» preso dopo inseguimento a Fuorigrotta
NAPOLI - Un boss del «Pallonetto» di Napoli - zona popolare della città che divide piazza del Plebiscito dal borgo marinari di Santa Lucia - è stato arrestato oggi dai carabinieri in via Scarfoglio, ai confini tra i comuni di Napoli e Pozzuoli.

Arnaldo Nocerino, 36 anni, ritenuto l'attuale reggente del clan camorristico degli «Elia» è stato individuato all'alba, armato con passamontagna e guanti di lattice calzati, mentre, insieme a un complice, era a bordo di uno scooter senza targa nei pressi di una discoteca.

L'arma in possesso di Nocerino aveva il colpo in canna, circostanza che ha fatto presupporre l'imminenza di un raid criminale. Nonostante i numerosi stop intimati dai militari i due sono comunque fuggiti, uno a piedi per le campagne circostanti, riuscendo così a dileguarsi, e l'altro, Nocerino, sullo scooter.

Ne è nato un inseguimento ad alta velocità che è proseguito fino a viale Augusto, nel vicino quartiere di Fuorigrotta, dove Nocerino è stato bloccato con l'ausilio di altra pattuglia fatta convergere per bloccare la via di fuga. Una volta immobilizzato, i carabinieri hanno sottoposto Nocerino a una perquisizione personale: addosso aveva due pistole semiautomatiche con colpi in canna e caricatori pieni (una da guerra del tipo di quelle in uso alle forze dell'ordine e l'altra calibro 9x21).

L'arma da guerra è risultata rapinata nel 2008, nel Giuglianese, a un carabiniere mentre l'altra è risultata con la matricola cancellata. Oltre alle armi sono stati sequestrati anche i passamontagna e i guanti di lattice. Le due pistole saranno inviate al Racis di Roma per accertare se siano già state usate mentre il boss del Pallonetto è stato chiuso nella casa circondariale di Poggioreale: è accusato di detenzione e porto illegale di armi da guerra clandestine e ricettazione.

Pochi giorni fa, il 7 ottobre, un ragazzo di 18 anni, Ciro Elia figlio di Luciano, capoclan del quartiere Pallonetto di Santa Lucia, è stato ucciso in un agguato avvenuto in Via Trinità delle Monache.

Preso a Villaricca il boss del Vomero e Arenella
VILLARICCA. Antonio Caiazzo, di 53 anni, storico capo del clan operante nei quartieri Vomero ed Arenella, si nascondeva in un appartamento a Villaricca. Nella giornata di ieri dopo una laboriosa attività di indagine, coordinata dalla locale DDA, gli agenti della Sezione Narcotici della Squadra Mobile di Napoli gli hanno stretto le manette ai polsi. Con lui Salvatore Pellecchia, pregiudicato di 42 anni, anch’egli inserito nel clan, perché responsabile di favoreggiamento personale, la sua posizione è al vaglio degli inquirenti. Il boss dei quartieri della Napoli bene non ha opposto resistenza e si è fatto ammanettare. E’ stato trovato in possesso di un documento d’identificazione falso, e secondo quanto riportato dalla nota stampa della polizia, per questo motivo gli viene contestato anche l’art 397 c.p. aggravato dall’art.7 circostanza aggravata d’aver agito con metodo mafioso. Attualmente Antonio Caiazzo, è l’indiscusso capo clan camorristico che agisce principalmente nei quartieri del Vomero, dell’Arenella e dei Camaldoli e che, non disdegna di allargare il suo raggio d’azione verso la periferia a nord di Napoli ed i paesi immediatamente confinanti forte, soprattutto, così come accennato, dell’alleanza con il potente clan Polverino, facente capo a Giuseppe Polverino detto O’ barone, attualmente pur latitante.

Antinio Caiazzo latitante e storico capo indiscusso. era inserito nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia, latitante da 8 mesi, a seguito di scarcerazione per un vizio di forma nella procedura di estradizione, attivata dopo il suo arresto, avvenuto in Spagna nel dicembre del 2008. L’uomo risulta destinatario di un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere, estesa in ambito internazionale, a seguito di condanna in primo grado a 26 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed estorsione. Risulta, inoltre, destinatario di altri provvedimenti minori. I poliziotti, infatti, hanno arrestato l’uomo perché destinatario anche di un ordine di esecuzione, emesso dalla Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Ascoli Piceno, per il quale dovrà scontare 7 mesi di reclusione perché responsabile di danneggiamento. Lo stesso, oltre ad aver a suo carico numerosi precedenti penali, già affiliato al clan camorristico “Alfano” facente capo a Giovanni Alfano, agli inizi degli anni 90, a seguito di un riassetto interno, formava un proprio gruppo criminale e grazie ai legami di amicizia con il clan “Polverino” operante a Marano di Napoli, ingaggiava una vera e propria guerra proprio con il clan camorristico promosso da Giovanni Alfano. Nel corso del conflitto, si registravano agguati che culminavano con la morte di numerosi affiliati in seno sia alla “nuova” che alla “originaria” consorteria criminale. Uscito vincente da questa faida, Caiazzo, di fatto, scacciava Alfano dal territorio il quale, con pochi fedelissimi, si spostava fisicamente nella zona della “Torretta”.La cruenta faida ebbe il suo apice nella primavera del 1997, allorquando, nel corso di un raid omicida, fu erroneamente uccisa Silvia Ruotolo. Le dichiarazioni di Rosario Privato, divenuto collaboratore di giustizia, portarono quindi all’arresto dell’Alfano spianando, di fatto, la strada al Caiazzo il quale, unitamente ad un altro emergente e suo alleato nella faida, Luigi Cimmino , divenne gestore delle illecite attività nella zona dell’Arenella e del Vomero. L’ulteriore scissione interna che vedeva, questa volta, contrapporsi Caiazzo al Cimmino, oltre a provocare un ulteriore e cruenta faida dava oggettiva conferma all’attuale operatività del clan.        

Polverino beni sequestrati per 40 milioni di euro
MARANO. Nell'ambito di complessa attività di indagine di natura patrimoniale, tesa all'aggressione dei patrimoni di mafia, la sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Anticrimine della Questura di Napoli unitamente a personale del Commissariato P.S. di Giugliano ha dato esecuzione, nella giornata di ieri, al decreto di sequestro beni emesso dal Tribunale nei confronti di Giuseppe Felaco, 57 anni di Calvizzano, detto ‘Peppe Nazzaro’, pluripregiudicato per associazione per delinquere semplice e di tipo mafioso, violazione legge stupefacenti, ricettazione continuata, furto, falso e emissione di assegni a vuoto. Giuseppe Felaco, è considerato un elemento di elevata pericolosità sociale, è stato di recente condannato dal Tribunale di Napoli alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione per aver violato l’articolo 416 bis cp. Felaco è ritenuto parte integrante del clan camorristico Nuvoletta, potente organizzazione egemone nel territorio del comune di Marano. Dalle attività investigative e dalle risultanze processuali è emerso che la posizione del 57enne in seno al sodalizio camorristico è quella dell'imprenditore con il delicato compito di reimpiegare ed investire, in particolare nell'attività edilizia, gli ingenti capitali derivanti dallo svolgimento delle illecite attività del clan, in particolare traffico di stupefacenti e di armi ed estorsioni.

La sua vita tra la Spagna e Marano.Nel corso degli anni il predetto ha vissuto lunghi momenti di latitanza anche in Spagna, essendo stato tratto in arresto il 13 settembre 2004 a Santa Cruz di Tenerife, per poi essere successivamente estradato in Italia. In considerazione dell'elevato grado di pericolosità qualificata, al Felaco è stata irrogata nel maggio 2007, la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale della PS con obbligo di soggiorno per il periodo di anni 3 e mesi 6, alla cui esecuzione si è però sempre sottratto, restando in Spagna.

Il decreto di sequestro beni è stato emesso in accoglimento di articolata proposta del Questore di Napoli, formulata a seguito di intensa, capillare e prolungata attività di indagine svolta dalla Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali nel corso degli ultimi anni, che ha consentito di svelare l'esistenza di un ingente patrimonio, soprattutto immobiliare e societario, nella disponibilità del Felaco, ma intestato nella gran parte a suoi familiari, di cui le indagini hanno accertato il ruolo di prestanomi. In particolare, sono stati posti sotto sequestro beni tra Marano e Como per un valore complessivamente di 40 milioni di euro. Tra i beni sequestrati un fabbricato con terreno di circa 500 mq sul lago di Como con accesso esclusivo dal lago. Sigilli a ville immobili e terreni al Castel Belvedere, contrada Grifone e via Vicinale. Sotto chiave anche una Harley Davidson e due conti correnti uno a Como e l’altro a Marano. Infine la totalità delle quote societarie e patrimonio aziendale della Construenda srl, società in stato di liquidazione con sede in Capiago Intimiano (Co) .

Nessun commento:

Posta un commento