domenica 16 ottobre 2011

Immobiliare camorra

Case del Comune, il diritto alla casa rivenduto in nero per 40mila euro
di Daniela De Crescenzo
NAPOLI - Vuoi «vendere» la casa del Comune? Il modo c’è. Basta mettere nello stato di famiglia un estraneo e poi chiedere la voltura del contratto, cioè il cambio del nome dell’intestatario.
Lo permette l’articolo 6 della legge 13 del 2000. E sono novemila gli inquilini che hanno avanzato la richiesta.
Solo duemila, però, le pratiche esaminate. Seimila, invece, sono le richieste di sanatoria: anche in questo caso le pratiche esaminate sono un’esigua minoranza. E il rischio di sgombero è veramente minimo: nel 2011 le famiglie cacciate da un edificio di proprietà comunale sono state meno di quaranta.
Quindi niente paura: la compravendita delle case del Comune è un affare sicuro, di quelli che producono un reddito certo. E infatti lo stesso alloggio viene ceduto più e più volte.
L’abusivo, che spesso subentra ad un altro abusivo, prima ottiene il trasferimento delle utenze (acqua, luce, gas) poi si autodenuncia, quindi chiede la residenza (e spesso la ottiene). A quel punto presenta all’ufficio assegnazione alloggi del Comune la domanda per subentrare nel contratto dell’inquilino precedente.
Se è stato prudente, si era già fatto mettere nello stato di famiglia dell’inquilino dell’abitazione prescelta, come la legge regionale rende possibile, e quindi può avviare la pratica nella serena consapevolezza di essere dalla parte della ragione. L’intera operazione può costare, a seconda della zona e della metratura dell’appartamento, tra i 10 e i 40 mila euro, che nel migliore dei casi finiscono nelle tasche dell’abusivo precedente e nel peggiore in quelle dei clan che in alcuni rioni si propongono come agenzia immobiliare.
Un meccanismo che a Napoli non trova ostacoli da quando tra il ’93 e il ’94 furono assaltate le abitazioni realizzate con i finanziamenti della ricostruzione post terremoto. Da allora tre leggi regionali (nel ’93, nel ’97 e nel 2000) hanno permesso agli abusivi di vivere tranquilli alla faccia di chi, non avendo il coraggio di violare la legge, restava parcheggiato in eterno nelle graduatorie dei cosiddetti «aventi diritto». In pratica i fessi.
Il resto lo hanno fatto le difficoltà dell’amministrazione comunale e di quello che allora si chiamava «ufficio casa». Qualche esempio: la legge prevede che non si possano assegnare alloggi a chi è stato condannato per mafia.
All’aspirante inquilino, però, viene chiesta soltanto un’autocertificazione. E i controlli successivi sono stati finora inesistenti. Non solo. E ancora. Una delibera comunale ha fermato gli sgomberi di chi ha un disabile in famiglia: da allora non c’è stato abusivo che non avesse almeno un cieco o uno zoppo in casa. Sulla carta. Il criterio, infatti, è sempre quello dell’autocertificazione.
Per cercare di mettere un freno agli abusi si sta mobilitando il neo assessore al patrimonio del Comune di Napoli, Bernardino Tuccillo, che spiega: «Proporrò al consiglio comunale di approvare un ordine del giorno per chiedere alla regione di abrogare la delibera del ’97 che dà la possibilità di aggiungere estranei al nucleo familiare. Su questo tema ho già ricevuto consensi dalle organizzazioni sindacali». «Le segnalazioni di abusi che arrivano al nostro sindacato sono tante - spiega Gaetano Oliva, responsabile della Cgil casa - Io non credo che l’ufficio assegnazioni abbia violato la legge, ma certo i ritardi sono tanti e il personale scarseggia».
Il sindacato ha già offerto la propria disponibilità all’amministrazione comunale per segnalare i casi di abuso senza ovvviamente mettere in pericolo chi si rivolge all’associazione «È importante intersecare le informazioni - conclude Oliva - In questo modo sarà possibile intervenire con maggiore efficacia e soprattutto in maniera tempestiva.
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Così i clan "assegnano" case, scantinati e portici a inquilini abusivi e a immigrati
di Daniela De Crescenzo
NAPOLI - Scantinati requisiti ai legittimi assegnatari e dati in fitto anche agli immigati: succede a Soccavo dove l’immobiliare Camorra spa gestisce non solo gli appartamenti, ma anche le cantine, i portici e i cortili. In pratica ogni spazio libero.
Nel rione costruito con i fondi della Cassa del Mezzogiorno nei primi anni Sessanta, però, gli abusivi hanno trovato una resistenza inaspettata: dal 2007, infatti, è nato un comitato civico per la legalità nella nona municipalità che si batte per difendere i diritti di chi si ostina a rispettare le regole. Oggi una delegazione andrà a palazzo San Giacomo per consegnare un dossier. E per documentare la vita impossibile della gente normale assediata dai clan, ma anche dalla disperazione di chi è pronto a tutto pur di trovare un tetto.

Soccavo non è un rione della ricostruzione, uno di quelli assaltati prima ancora di essere terminati. Tra via Tertulliano e via Piave, tra via Montagna Spaccata e viale Traiano trovarono casa negli anni del boom economico e dell’edilizia popolare operai e piccoli artigiani, impiegati e commercianti.

Appartamenti minuscoli, ma dignitosi che ognuno abbellì a modo suo: fiori sui balconi, ceramiche in cucina, mobili tirati a lucido. Un angolo di paradiso per chi la casa l’aveva sempre sognata e infine aveva conquistato la certezza di poterci restare per tutta la vita. Un paradiso che la malavita vuole trasformare a ogni costo in un inferno. E spesso ci riesce. L’assalto ovviamente è cominciato dagli appartamenti.
In via Agrippa viveva una coppia di vecchietti. I due si sono allontanati per andare a Varese dove una figlia stava per partorire. Sono restati fuori quattro mesi e al ritorno hanno trovato i mobili in strada e la serratura della casa cambiata. Al tavolo della cucina stavano mangiando degli sconosciuti. I poveretti hanno chiesto ospitalità ad amici e parenti e sono partiti al contrattacco. Peregrinando da un ufficio all’altro hanno scoperto di essere praticamente dalla parte del torto. Toccava a loro dimostrare di essersi allontanati solo temporaneamente e di aver sempre avuto intenzione di tornare. Hanno ceduto e sono tornati a Varese.
Gli abusivi, però, avrebbero dovuto essere comunque allontanati. Sono ancora in casa: il primo tentativo di sgombero è naufragato perché la mattina fissata per l’intervento delle forze dell’ordine i vicini hanno visto arrivare un vecchietto che è stato sistemato nel letto. Di fronte al malato gli agenti hanno fatto dietrofront. Il secondo tentativo è andato a vuoto perché l’occupante era incinta. Il terzo, perché il figlio era stato dichiarato invalido a causa delle «evidenti carenze affettive».
Difendere gli scantinati è forse ancora più difficile. Per evitare le occupazioni abusive gli inquilini del civico al numero 2 di via Agrippa hanno preferito murare metà delle cantine. Nell’altra metà si era già sistemata una famiglia che minacciava di allargare i suoi spazi. Non è stato possibile, però, bloccare l’occupazione del porticato che è stato murato ed è diventato l’ufficio di una società di smaltimento dei rifiuti pericolosi.
Non tutti sono stati così previdenti da chiudere l’ingresso con una colata di cemento e così moltissimi scantinati sono stati occupati. A chi ha tentato di opporsi è capitato anche di trovarsi una pistola puntata in faccia. Tra i clienti sono arrivati gli immigrati, disperati tra i disperati, pronti a pagare profumatamente per vivere nei sottoscala.
Ogni mese sono costretti a sborsare tra i due e i trecento euro per un’abitazione dove è difficile pure ricavare un bagno e una cucina e dove non arriva mai il sole.
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