giovedì 23 giugno 2016

Nella galleria della vergogna la grotta dei record tecnologici

Quante volte avete imboccato la galleria Vittoria? Domanda retorica: per ogni napoletano quel tunnel è un percorso abituale; e anche un percorso ad ostacoli, spesso pericoloso fra buche, cedimenti, lavori che si susseguono e quelle impalcature davanti agli ingressi che stanno lì da un anno e mezzo perché non si trova il denaro per risanare le facciate.

Quanti di voi si sono accorti che quel tunnel degradato custodisce una meraviglia tecnologica che porta Napoli sul tetto d’Europa? Nessuno, ovviamente. Eppure quel gioiello di altissima tecnologia c’è, ed è anche determinante per la città: è la cabina Enel di Napoli Centro dalla quale nasce l’energia che illumina il Palazzo Reale e il San Carlo, Castel dell’Ovo e gli alberghi del lungomare, il teatro Politeama e migliaia di case dei napoletani che vivono nell’area compresa fra il mare e il Corso Vittorio Emanuele.

Proprio nel cuore della galleria Vittoria (sulla sinistra venendo da via Acton) c’è un immenso cancello di ferro, ora che lo sapete, fateci caso: lì dietro ci sono due cavità naturali all’interno delle quali l’Enel è riuscita a infilare una quantità di tecnologia, e di sicurezza, così elevate da trasformare quel luogo in un centro da primato continentale: quella è la prima e più importante cabina elettrica sotterranea raffreddata con l’acqua di mare.
E qui il racconto merita d’essere approfondito: noi l’abbiamo fatto grazie al capo del Telecontrollo di Enel Distribuzione Campania, Gianluca Cioffi, a Marcello Di Gregorio dell’Esercizio Rete e ad Amilcare Finamore dell’unità Progettazione e Lavori che sono stati i nostri ciceroni nel ventre della città dove nasce l’energia.
Parlavamo del mare, dunque. Anche se a voi sembrerà strano, tutta la clamorosa tecnologia che è stata piazzata sottoterra, riesce a «vivere» solo grazie all’acqua del mare. Il fatto è che dentro alle grotte Enel che si trovano nella galleria Vittoria, arrivano da Est e da Ovest due giganteschi cavi con la corrente a 220mila Volt e quella corrente va «ridimensionata» prima di essere spedita dentro le nostre case. Per «abbassare» la potenza (gli esperti inorridiranno a questa spiegazione, ci scusiamo. Ma per noi inesperti va bene così) bisogna utilizzare dei trasformatori. Avete presente quelle scatolette nere che usiamo quotidianamente, magari per collegare il computer alla presa di corrente? Ecco, quelli sono trasformatori e spesso vi accorgete che diventano un po’ caldi, tutta colpa del «lavoro» di trasformazione del voltaggio. Adesso pensate che i due trasformatori piazzati dentro la galleria Vittoria pesano 194 tonnellate l’uno (in totale 388 tonnellate di «roba») e che devono prendere la corrente a 220mila volt per trasformarla in corrente a 9mila volt: ovviamente si riscaldano «un pochino», praticamente bollenti come lava viva. Ed è qui che entra in gioco l’acqua del mare: tre grossi tubi pescano l’acqua al Molosiglio e, con un percorso di due chilometri, la portano tutt’intorno ai trasformatori per raffreddarli. Poi quella stessa acqua viene utilizzata anche per climatizzare l’ambiente e, nel giro di pochi minuti viene «restituita» al mare a una temperatura che è esattamente quella alla quale è stata prelevata.

Solo occhi già esperti ma ancora giovani e pronti a divorare ogni «scoperta» come quelli di Gennaro Palumbo, maturando in materie tecnologiche, ammesso a partecipare alla visita, sono riusciti a comprendere ogni dettaglio di quella meraviglia tecnologica. Chi, come noi, è meno avvezzo ai misteri dell’elettricità, è rimasto, invece, stupito arrivando nel cuore esatto della cavità e scoprendo che ci sono decine di piccole cabine grigie dalle quali si dipana la corrente per la città. C’è l’armadietto con la scritta «Palazzo Reale», quello con l’indicazione «Nunziatella», quello destinato alla Riviera di Chiaia e quello che promette di infilarsi nel Maschio Angioino: è emozionante pensare che proprio qui, nella pancia del monte Echia, è nascosta l’energia che fa muovere tanta parte di Napoli.

Ovviamente i sistemi di sicurezza sono tantissimi e infallibili. È praticamente impossibile violare questo luogo che peraltro è sorvegliato a vista; ed è anche impossibile che un eventuale (e non auspicabile) incidente possa coinvolgere la città. I macchinari più sensibili sono nascosti dietro muri d’acciaio capaci di assorbire anche l’impatto di un missile.

http://www.ilmattino.it/

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