domenica 11 novembre 2012

Processo troppo lento, scarcerati cinque esponenti del clan Licciardi


di Leandro Del Gaudio
Cinque presunti esponenti del clan Licciardi lasciano la cella per decorrenza termini, mentre - nel corso di un’altra inchiesta - viene scarcerato l’uomo indicato come killer in un delitto della faida di Scampia. Carte rimescolate, doppia spallata per le indagini che incidono su un territorio - siamo a Secondigliano e Scampia - mai come in questo periodo ad alto rischio criminalità. Ma andiamo con ordine, a partire dalla decisione assunta ieri mattina dal Tribunale del Riesame di Napoli, che ha scarcerato Gennaro Puzella, il presunto esecutore materiale dell’omicidio di Massimo Marino, delitto consumato nel 2004 nel corso del primo atto della guerra tra il clan Di Lauro e gli scissionisti.

Sono stati i giudici della decima sezione ad accogliere la ricostruzione difensiva del penalista Gennaro Pecoraro, annullando la misura firmata dal gip venti giorni fa. Una decisione che rende ancora più intricata l’inchiesta sull’omicidio Marino, diventata in questi anni una sorta di caso giudiziario: come è noto, da otto anni è in cella per il delitto Marino Giovanni De Luise (condannato a 22 anni in via definitiva), per il quale è stata di recente la Procura di Napoli a tornare sui propri passi: De Luise non c’entra nell’omicidio Marino - hanno spiegato i pm - è in cella per le accuse di un teste oculare poi smentite da altre testimonianze.

Ma Gennaro Puzella non è l’unico a lasciare il carcere in queste ore. Avviene qualcosa di simile per cinque presunti esponenti del clan Licciardi (alcuni dei quali agli arresti domiciliari), che vengono scarcerati per decorrenza termini, in seguito a un intervento della Cassazione che ha rimandato un processo per camorra e droga a una nuova valutazione della Corte d’appello: lasciano così il carcere Paolo Abbatiello, Giuseppe Barbato, Giovanni Esposito, Gaetano Scancariello (tutti difesi dal penalista Giuseppe Biondi) e Gianfranco Leva (difeso dai penalisti Biondi e Eduardo Cardillo).

Arrestati a ottobre del 2008 nel corso di una maxinchiesta per associazione per delinquere e droga, i cinque imputati hanno ottenuto un intervento favorevole della Cassazione, che ha disposto un nuovo processo in appello, in uno scenario in cui la clessidra si è rimessa in moto: tre anni dopo le manette, non c’è ancora una sentenza definitiva, i cinque presunti narcos del clan di Masseria Cardone possono tornare in libertà.

Poi c’è una nuova svolta sul caso Marino, una storia che si era riaperta un mese fa a distanza di otto anni dal delitto: dopo la condanna di Giovanni De Luise - sentenza diventata ormai definitiva -, quando arriva un nuovo provvedimento di arresto. Finisce in cella Gennaro Puzella, dopo la improvvisa decisione di un altro indagato - l’ex killer reo confesso Vincenzo Lombardi - di collaborare con la giustizia e raccontare episodi finora inediti: Lombardi ricorda di aver visto Puzella partire assieme a un altro killer, armi in pugno, per consumare l’omicidio; ammette inoltre di aver svolto un ruolo come organizzatore dell’agguato.
Una volta in cella Puzella, viene così depositata in Corte d’Appello a Roma una istanza di revisione del processo in favore di De Luise (firmata dal penalista Carlo Fabozzo), anche sulla scorta del parere favorevole espresso dalla Dda di Napoli. Un caso che sembra chiuso, almeno fino a ieri mattina, quando i giudici della decima sezione - Cosentino, Ordituro e Pandolfi - accolgono la ricostruzione della difesa di Puzella, che aveva battuto su un punto in particolare: Lombardi ha una conoscenza diretta di una fase antecedente alla commissione del delitto, riferisce cose apprese de relato.

Non può bastare la conversione spirituale di Lombardi per inchiodare in cella un presunto killer, ora però la parola torna alla Dda, mentre in Corte d’appello pende una richiesta di revisione per De Luise.
www.ilmattino.it

Nessun commento:

Posta un commento