sabato 24 novembre 2012

Clan Mallardo praticamente sgominato

Mallardo: clan praticamente sgominato, ma all'appello mancano ancora i due latitanti: Moraca e Amicone
GIUGLIANO. Quattro boss catturati, oltre 50 tra affiliati, fiancheggiatori e prestanomi arrestati, oltre 100 le persone indagate a piede libero accusate di favorire le attività del clan, sequestro di un ingente patrimonio di beni mobili e immobili per un valore stimato di 1,3 miliardi di euro. Tutto in due anni e mezzo. Numeri impressionati quelli riguardanti il clan Mallardo, organizzazione criminale che per potenza economica e criminale - secondo gli inquirenti - è seconda solo al clan dei Casalesi. Da marzo 2010 a oggi, grazie a un’attività della procura di Napoli, che ha coordinato le operazioni eseguite dal Gico di Roma, Squadra Mobile e Comando Provinciale dell’Arma di Napoli, il clan Mallardo può considerarsi smantellato. Almeno nei suoi vertici. In cella, in due anni, sono finiti infatti i capi dell’organizzazione criminale che avevano presto il controllo della cosca dopo l’arresto dei super boss eccellenti Francesco e Giuseppe Mallardo, richiusi al 41 bis. In cella anche Feliciano Mallardo, che aveva preso le redini del clan dopo l’arresto dei cugini e anche lui rinchiuso al 41bis. Dopo qualche mese a finire in manette anche Francesco Napolitano, uno dei vertici del clan, e Biagio Micillo, ritenuto dagli inquirenti il luogotenente dei Mallardo nel territorio di Qualiano. Adesso gli inquirenti danno la caccia a Giuliano Amicone, uno dei fedelissimi dei Mallardo, e a Mauro Moraca, sfuggito al blitz di mercoledì scorso.
Clan Mallardo: arresti e sequestri della GdF
GIUGLIANO. Estorsione, intestazione fittizia di beni, perfino l'imposizione di una determinata marca di caffe': sono soprattutto questi i reati contestati alle cinque persone - una e' latitante - destinatarie di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere e considerate affiliate al clan Mallardo, nell'ambito della cosiddetta operazione 'Crash' che oggi ha portato anche al sequestro di beni per un valore di cinque milioni di euro. Arresti, quelli di oggi, che segnano le conclusioni di una indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della Procura di Napoli ed eseguita dal Gico della Guardia di Finanza. 

Gli arresti. Tra le persone destinatarie dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, spicca Feliciano Mallardo, già in carcere, e considerato reggente pro tempore del clan. Ordinanze anche per Mauro Moraca, genero di Feliciano Mallardo, organizzatore nel settore delle estorsioni; Giuliano Amicone, considerato affiliato e uomo di fiducia dei Mallardo. Ed ancora, provvedimenti anche per Carlo Antonio D'Alterio, anche lui già in carcere e nipote di Feliciano Mallardo e per Silvio Diana, ritenuto uomo di assoluta fiducia del capo clan. Grazie alle intercettazioni ambientali, definite dal procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico, ''determinanti e cruciali'' e grazie anche ai collaboratori di giustizia si e' ricostruito il sistema delle estorsioni messe in atto dai Mallardo, in particolare in due diverse vicende ai danni di due imprenditori edili giuglianesi. Svariate le operazioni economiche e imprenditoriali realizzate da Mauro Moraca, tra l'altro, per conto dei Mallardo. Non solo, Carlo Antonio D'Alterio, e' risultato componente di una cellula connessa al clan Mallardo, con particolare riferimento alla gestione nella distribuzione del caffe' Seddio rivelatasi poi un'autentica imposizione di tipo estorsivo del clan Mallardo nei confronti degli esercizi commerciali giuglianesi. Tra i beni sequestrati, otto immobili, terreni e quote societarie, beni strumentali, rapporti finanziari e beni immobili nella misura del 35% della 'Dream House'. 

Le indagini della Procura partenopea si inseriscono in un filone che ha già' portato a due operazioni con arresti e si sono avvalse di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ma anche di intercettazioni ambientali, ha ricostruito l'operatività di una 'cellula' del clan, gestita dal genero del boss che, attraverso le estorsioni, acquisiva in modo diretto o indiretto il controllo di attività economiche, per poi consentire a ditte del clan la partecipazione a appalti in ospedali ed enti pubblici. Nel corso dell'inchiesta, infatti sono state eseguite anche perquisizioni negli uffici della Asl Napoli 2 Nord accertando l'infiltrazione dei Mallardo in diversi settori. Come ad esempio la partecipazione di imprese 'amiche' a gare pubbliche, fra cui un appalto all'ospedale Cardarelli di Napoli, l'affidamento del servizio di derattizzazione, la vendita di terreni di proprieta' dell'Asl Napoli 2 nord, l'inserimento di imprese 'amiche' nell'elenco delle ditte accreditate dell'Asl Napoli 2 Nord, permettendo di procurare ai Mallardo ingenti profitti, da utilizzare per effettuare investimenti o per il reimpiego di soldi del clan. 

Tra i metodi estorsivi praticati, anche l'imposizione del caffè agli esercizi commerciali del giuglianese. Perquisizioni degli uomini del Gico della Guardia di Finanza nei locali degli uffici dell'Asl Napoli 2 Nord, sede di Giugliano di Campania. Accertata l'infiltrazione del clan Mallardo attraverso personaggi referenti: in particolare un dipendente, nei confronti del quale non è stato attuato alcun provvedimento penale, avrebbe fornito al gruppo camorristico informazioni relative a gare di appalto. Non e' escluso, ed e' in fase di accertamento, che il clan sia riuscito a partecipare se non a vincere qualcuna di queste gare.

Clan Mallardo: racket sui lavori al San Giuliano
GIUGLIANO. Costruzione di grandi parchi, ristrutturazione di ospedali, vendita di terreni di proprietà di enti pubblici. Il clan Mallardo, attraverso una dettagliata organizzazione, controlla il settore edilizio in città. E non solo quello privato ma anche quello pubblico. E laddove non riusciva a infiltrarsi con ‘ditte privilegiate’ negli appalti imponeva il pagamento del pizzo. Come avvenuto per esempio nei confronti di due imprenditori che hanno realizzato un complesso residenziale in via degli Innamorati a cui è stato imposto il versamento della somma complessiva di 115mila euro. Somma pagata in tre rate da 75mila euro nel novembre 2009, 20mila euro nel dicembre 2009 e altri 20mila euro nel febbraio 2010. Vittima del racket anche un altro imprenditore che ha effettuato lavori di ristrutturazione all’interno dell’ospedale San Giuliano di Giugliano. Il boss, attraverso la ‘talpa’, si informava degli appalti che l’Asl Napoli 2 preparava, i reparti da aprire e quelli da ristrutturare. Come avvenuto nel maggio 2009 quando Feliciano Mallardo diede incarico a Silvio Diana e Carlo Antonio D’Alterio di convocare un imprenditore che stata effettuando lavori di ristrutturazione all’ospedale San Giuliano. La vittima fu costretta a sborsare la somma di 60mila euro, di cui 55mila per la costruzione di 12 unità immobiliari e 5 mila euro, appunto, per alcune ristrutturazioni edilizie eseguite presso l’ospedale di Giugliano, tra cui il reparto di Radiologia. A darne conferma sono le intercettazioni ambientali eseguite presso l’agenzia di assicurazioni di via San Vito. Qui Feliciano convocò l’imprenditore che aveva da poco avviato l’esecuzione di lavori di costruzione degli appartamenti e aveva iniziato la realizzazione di interventi edili presso il presidio ospedaliero San Giuliano commissionati alla ditta dall’Asl Napoli 2 Nord, senza essersi prima recato dal Mallardo Feliciano al fine di conoscere l’entità della somma di danaro da corrispondere al clan. “Sta a fare pure un lavoro all’ospedale e non è venuto a dire niente, eh…”, commentano Feliciano Mallardo, Silvio Diana e Carlo Antonio Mallardo in attesa dell’arrivo dell’imprenditore nell’agenzia in via San Vito. La vittima precisa che aveva già ricevuto la visita di D’Alterio Carlo Antonio, nipote di Feliciano, il quale gli aveva ordinato di non iniziare in alcun modo l’attività edilizia prima di essersi recato al cospetto dello zio al fine di stabilire la somma di danaro da versare al clan. La somma fissata da Feliciano fu 25mila euro “…ci dai venticinquemila euro…”, disse. A quel punto il boss chiese chiese informazioni anche riguardo gli interventi edili che aveva di già iniziato presso al San Giuliano, rimproverandolo per il fatto che lo stesso non si fosse prima recato da lui “…poi stai lavorando nell’ospedale…tu me lo devi dire prima, ‘o frat’…io devo sapere prima queste cose qua…”, fu ‘il rimprovero’ del boss. “Ho peccato sopra a questa cosa…”, ammise a capo chino la vittima che così fu costretta a pagare in totale 60mila euro. A quel punto fu lo stesso imprenditore a chiedere al boss una mano per aggiudicarsi lavori per la ristrutturazione dell’impianto fognario al Cardarelli. “Te la do io una mano, basta che dopo la dai a me”, replico il boss facendo capire che qualora avesse vinto la gara avrebbe dovuto pagare la mazzetta al clan.

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