sabato 16 aprile 2011

Quattro ergastoli per il massacro dei ghanesi

CASTELVOLTURNO. Ergastolo per le stragi razziste della camorra. Si chiude con quattro condanne al carcere a vita, e l'applauso in aula di un gruppo di immigrati presenti alla lettura del dispositivo, il processo sul massacro del 18 settembre 2008 a Castel Volturno, costato la vita a sei incolpevoli cittadini ghanesi, e sulla carneficina sfiorata appena un mese prima, quando un'altra comunità di extracomunitari si salvò per un soffio dalla furia dei killer dei Casalesi. Massimo della pena per Giuseppe Setola, capo dell'ala stragista del clan di Gomorra, Davide Granato, Alessandro Cirillo e Giovanni Letizia. A 23 anni di reclusione è stato condannato il quinto imputato, Antonio Alluce. Il solo Cirillo è stato assolto dalla partecipazione alla strage incompiuta.
La Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere ha riconosciuto le aggravanti della finalità di terrorismo e di odio razziale, confermando così l'impostazione della Procura. Un caso senza precedenti nel romanzo di sangue della camorra che quella sera, al chilometro 43 della Domiziana, scrisse una delle sue pagine più dolorose. La sentenza è stata emessa in un tribunale presidiato dalle forze dell'ordine. Al processo hanno testimoniato, fra gli altri, il ministro dell'Interno Roberto Maroni e l'unico sopravvissuto, Joseph Aymbora, che si finse morto mentre i mitra sparavano all'impazzata e il commando urlava "sporchi negri, bastardi". Aymbora si è costituito parte civile in giudizio, la Corte gli ha riconosciuto una provvisionale di 200 mila euro. Risarcimento anche per le altre parti civili costituite. All'atto conclusivo del processo erano presenti il procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho e i pm Alessandro Milita e Cesare Sirignano, che hanno sostenuto l'accusa a dibattimento. Le indagini erano state condotte anche dai pm Antonello Ardituro, Giovanni Conzo, Francesco Curcio, Marco Del Gaudio, Raffaello Falcone e Catello Maresca.
Setola aveva preso la parola ieri mattina per una lunga dichiarazione spontanea attraversata da messaggi oscuri e dagli "auguri di buona Pasqua" indirizzati alla Corte presieduta da Elvira Capecelatro e alle famiglie. Il giorno precedente, durante il processo per associazione camorristica, il boss si era rivolto invece al pm Maresca: "Teniamo tutti famiglia, dottore, voi dovete lasciare stare la famiglia mia, e non mi mandate più quel perito", aveva aggiunto riferendosi alla nuova perizia sulla malattia agli occhi. Quella patologia, sui cui risvolti indaga la Procura, che aveva permesso a Setola, pur già condannato all'ergastolo con sentenza definitiva, di uscire dal carcere gettando così le basi per la stagione del terrore del 2008. Nella dichiarazione di ieri, Setola aveva ammesso di aver dato incarico di commettere estorsioni. "Sono scappato in skateboard dalle fogne. Ma non ho ucciso. E non sono razzista", aveva aggiunto. La sentenza gli ha dato torto, e dopo quella per l'omicidio dell'imprenditore Michele Orsi, ora sono due le condanne in primo grado all'ergastolo inflitte al boss nel giro di un mese.
DARIO DEL PORTO
Repubblicanapoli.it

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