sabato 16 aprile 2011

Intercettazioni troppo care? Le indagini le paga il camorrista

di Rosaria Capacchione
NAPOLI - Una giornata di intercettazioni ambientali costa 250 euro, con la durata minima dell’ascolto fissata in quindici giorni e un impegno di spesa che, quindi, non scende mai sotto i 3750 euro. Un collegamento in videoconferenza tra i 600 e i 700 euro.
E se gli imputati in un processo di mafia, collegati telematicamente con l’aula di udienza, sono detenuti - come spesso accade - in carceri diverse, la cifra va moltiplicata per tre o per quattro. Un procedimento nel quale vengono contestati reati associativi, dunque, pesa sul bilancio dell’erario per cifre che superano il milione di euro. Si tratta di soldi che lo Stato anticipa, in attesa di poter riscuotere il corrispettivo delle spese di giustizia imputate al condannato in via definitiva.

Spesso, cifre inesigibili perché, nelle more del processo, le proprietà di famiglie sulle quali rivalersi, vengono alienate, più o meno fittiziamente. Ma dalla Procura di Napoli arriva un provvedimento, il primo del genere, destinato a fare scuola. Il recupero delle spese giudiziarie, almeno nel processo a carico di quindici persone accusate di far parte del clan Zagaria - ci sono il padre Nicola e il fratello Carmine del capocosca Michele Zagaria, latitante da oltre quindici anni, oltre a Michele Barone, Raffaele Nobis, Gennaro Goglia, Salvatore Nobis, Massimo Di Caterino, Giovanni Zagaria, Oreste Basco, Saverio Fontana, Antonio De Rosa, Antonio Fontana, Pasquale Pagano e i due imprenditori di Casagione Luigi e Vincenzo Abbate - sarà immediato, con la conseguenza di far pagare agli indagati le indagini su se stessi.

Il gip Francesco Cananzi ha accolto, infatti, la richiesta di sequestro conservativo fatta dai pm Marco Del Gaudio, Catello Maresca, Antonello Ardituro e Raffaello Falcone, controfirmata dall’aggiunto Federico Cafiero de Raho e dal capo dell’ufficio Giovandomenico Lepore.

I magistrati hanno, di fatto, messo un’ipoteca su beni e denaro contante: centomila euro per ciascun imputato, per un totale di un milione e mezzo di euro. La cifra è stata calcolata dal Gico della Guardia di Finanza di Napoli, che ieri ha anche eseguito il provvedimento, sommando i costi dell’attività d’indagine (cioè le intercettazioni telefoniche e ambientali) e quelli per i collegamenti in videoconferenza, non moltissimi in verità in quanto il processo è appena iniziato.

I sequestri conservativi, che a differenza di quelli preventivi non decadono in caso di sentenza assolutoria di primo grado, riguardano sia proprietà già sottoposte a misure di prevenzione, sia immobili e conti correnti di provenienza lecita. Rappresentano, insomma, una sorta di pegno, sostituibile eventualmente con un deposito cauzionale di pari entità.

Spiega il procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho, che ha rimarcato in primo luogo i costi delle indagini svolte: «Si tratta di spese elevate, necessarie però a contrastare una camorra che, anche da un punto di vista tecnologico, adopera strumenti sempre più sofisticati, tanto da rendere indispensabile una sorta di sfida tecnologica, con intercettazioni telefoniche, ambientali e altri strumenti».

Nel decreto firmato dal giudice Cananzi si fa espresso riferimento, per esempio, all’abilità degli indagati nello sterilizzare le intercettazioni con continue operazioni di bonifica. E la controffensiva ha, pure essa, costi elevati.

Chi spreca tante risorse per tenere a bada gli investigatori, non si fa scrupolo di disfarsi di beni pure già sequestrati. Nello specifico, aggiunge Cafiero de Raho, anche nell’inchiesta a carico del gruppo Zagaria e delle estorsioni commesse in danno di un imprenditore emiliano (la prossima udienza è fissata il 16 maggio) «si è ritenuto particolarmente elevato il rischio che i soggetti eventualmente condannati eludano il loro debito con lo Stato.

Questo provvedimento è come un pignoramento e opera secondo le regole del codice civile, a garanzia del credito dello Stato per le spese di giustizia. Si consente in tal modo allo Stato di recuperare immediatamente le spese sostenute per le indagini e per il processo. I crediti di giustizia assumono così posizione privilegiata nella procedura di esecuzione forzata. Sono cioè posti al primo gradino nell’ordine dei creditori».
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