lunedì 28 gennaio 2013

I rifiuti tra Napoli e Caserta? «Come la peste nel Seicento»


«Danni incalcolabili che graveranno sulle generazioni future». La relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo rifiuti non lascia spazio alcuno all'ottimismo: il territorio fra Napoli e Caserta, un tempo “felix” e incontaminato, è soggetto a un disastro ambientale pressoché irreversibile. Un dramma che raggiungerà il suo apice fra circa cinquant'anni, in quel 2064 già indicato come data limite dallo studio del geologo Giovanni Balestri, commissionato dalla Procura di Napoli. A farne le spese sarà soprattutto la vastissima area del giuglianese, circa 120mila abitanti, il più grande Comune non capoluogo d'Italia. Che negli ultimi vent'anni è diventato la più grande discarica del paese...

RIFIUTI CHIMICI - Tre anni di studi: oggi la Commissione guidata da Gaetano Pecorella rende noti i suoi risultati. L'attenzione si concentra, in particolar modo, sull'avvelenamento delle falde acquifere di Giugliano e comuni confinanti, con lo sversamento di oltre 30mila tonnellate di rifiuti tossici provenienti dall'Acna di Cengio, provincia di Savona. Un'azienda che produceva prodotti chimici e che ebbe gioco facile, grazie all'appoggio dei Bidognetti in Campania, nello sversare i propri scarti in regime di evasione fiscale, giocando con la pelle e la salute dei giuglianesi. Eravamo alla metà degli anni '80, gli sversamenti sono continuati indisturbati fino al 2004. Un periodo di tempo abbastanza lungo da impregnare i terreni e i pozzi, che oggi, al posto dell'acqua, fanno fuoriuscire fumo tossico, quello proveniente da rifiuti ormai marciti. «Siamo di fronte a uno di quei casi – scrive il sostituto procuratore della Dda di Napoli, Alessandro Milita – in cui una condotta permanente prevede un aggravamento nel corso del tempo, per cui, facendo un parallelismo tra organismo umano e ambiente, può essere soltanto paragonata all'infezione da Aids».

COME LA PESTE - Sullo sfondo, la consapevolezza che il dramma rifiuti in Campania non può essere considerato come un problema esclusivamente regionale. «È un problema nazionale che sta esponendo l'Italia a sanzioni gravissime da parte della comunità europea – si legge nella relazione – che ha avviato procedure di infrazione per violazione delle norme comunitarie». A fare il paio con l'inquinamento delle falde acquifere c'è la questione ecoballe nella discarica di Taverna del Re, sempre a Giugliano, dove sei milioni di tonnellate di rifiuti attendono ancora di essere smaltite. Quelli che dovevano essere siti provvisori si sono trasformati in discariche legalizzate a cielo aperto. E mentre a Giugliano e dintorni si continua a morire, con gli studi del professor Giordano che dimostrano un aumento dell'incidenza tumorale di oltre il 40 percento negli ultimi due anni, la politica resta a guardare un sistema che negli anni è diventato sempre più corrotto. «La catastrofe ambientale – prosegue la relazione – è un fenomeno di portata storica, paragonabile solo alla peste seicentesca. Il paragone non sembri azzardato, in considerazione del fatto che anche per i rifiuti a Napoli emergono, sia pure con connotazioni moderne, le figure degli untori che popolavano le tragedie cui si è fatto riferimento». Quegli untori, come indicato nella relazione, che oggi si chiamano imprenditoria collusa e camorra. Gente che per riempire le proprie tasche ha condannato a morte la propria terra e la loro stessa salute.
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