domenica 9 maggio 2010

Napoli, la truffa dei finti ricoveri

di Leandro del Gaudio
NAPOLI (8 maggio) - Procacciatori di pazienti, badanti, medici di base. Ma anche: manager della sanità privata e funzionari Asl. Tutti nello stesso calderone, tutti finiti al centro dell’ultima mossa della Procura di Napoli, che sta tirando le somme su quella che senza troppi fronzoli viene bollata come «falla del sistema sanitario in Campania»: sotto i riflettori, ormai da mesi, il mondo delle cliniche private convenzionate con le Asl e in grado di fornire posti letto o attrezzature per fronteggiare le esigenze di una popolazione sempre più anziana. 

In campo la sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza della Procura di Napoli, scoppia il caso dei «finti ricoveri». O meglio: dei «ricoveri simulati e delle dimissioni fasulle», un «sistema» che si sarebbe riprodotto per decenni, grazie al silenzio e alle presunte omissioni di Asl e commissioni sanitarie regionali. Blitz, perquisizioni, sequestri, ma anche intercettazioni telefoniche e decine di testimonianze raccolte in questi mesi dagli inquirenti. Indaga il pool mani pulite guidato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, nero su bianco c’è l’ultimo atto d’accusa al sistema sanitario in Campania, alla luce di quanto emerso dagli atti notificati di recente dai militari della Guardia di Finanza.

Inchiesta ampia, target preciso: è clinica «Villa Russo» di Miano, una delle eccellenze nel mondo della sanità campana riconducibile alla famiglia Crispino. Siamo a Miano ed è qui che negli ultimi tempi si sono intervallati blitz e sopralluoghi. È qui che gli inquirenti credono di aver scoperto il presunto (a ancora tutto da dimostrare, ndr) «sistema dei ricoveri ripetuti e delle dimissioni simulate». Truffa, falso, su uno sfondo di ipotesi associative. Ma in cosa consiste il presunto business finito nel mirino della Finanza? Il caso riguarda i ricoveri ripetuti in materia di «lungodegenza». 

Detto in parole povere: i pazienti non lasciano mai la clinica privata, garantendo sempre un costante flusso di denaro proveniente dalle casse dello Stato, trattandosi di una realtà convenzionata con l’Asl competente. Meccanismo ben oliato - scrivono gli inquirenti - al punto tale da trasformare una clinica privata in un ospizio a tutti gli effetti, in pieno regime di monopolio. Ma in che modo avviene il «ricovero seriale»? Basta fare carte false, si legge in un decreto di perquisizione: stando all’ipotesi investigativa, un paziente non lascia mai di fatto il lettino della clinica. O meglio, lo lascia solo sulla carta, per due o tre giorni, per poi ricoverarsi con un altro certificato medico (prescritto da un medico di base «distratto» o «colluso») e riprendere il posto di prima.

Ecco il ragionamento degli inquirenti: per legge la «lungodegenza» non può durare oltre sessanta giorni ed è il momento in cui il paziente viene dimesso solo sulla carta. Spesso - aggiungono gli inquirenti - il paziente resta addirittura qualche giorno «gratis» in clinica, pur di non lasciare mai il lettino, vitto e alloggio offerti dalla clinica. Ipotesi che attende riscontri. 

Fatto sta che, seguendo il ragionamento dei finanzieri, tempo tre giorni dalle dimissioni (formali, ma non di fatto) e il «malato» viene di nuovo «accolto» in clinica, riprendendo anche da un punto di vista formale il possesso del ricovero lasciato libero. Un «sistema» che gli inquirenti non esitano a definire «falso e truffaldino», in un’inchiesta che ha fatto registrare un’impennata negli ultimi mesi e che merita una considerazione: quella dei «ricoveri seriali e finte dimissioni» è solo l’ipotesi dell’accusa, in una vicenda che ora attende la replica da parte dei vertici amministrativi di Villa Russo (riconducibili storicamente alla famiglia Crispino), ma anche di tutte le persone finora coinvolte da blitz, perquisizioni o atti di pg, a partire dai funzionari Asl Napoli uno, chiamati a controllare fatture e tariffari delle cliniche convenzionate.

Inchiesta che punta in alto, al presunto «sistema», all’ipotetica macchina mangiasoldi dei «lettini sempre pieni» - per dirla con un’intercettazione finita agli atti -, e «guai a chi li tocca quei pazienti dai lettini», si sentiva ancora strillare al telefono.

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