sabato 13 aprile 2013

Liberi boss e affiliati del clan Gionta in città fuochi, festa e tanta paura

di Emiliana Cirillo

TORRE ANNUNZIATA - Scadono i termini di custodia cautelare in carcere e il Tribunale del Riesame rimette in libertà decine di uomini dei Gionta imputati nel maxiprocesso Alta Marea: capi, gregari e capostipiti del calibro di Teresa Gionta, figlia di donna Gemma e Valentino o di Michele De Simone, capo dei cosiddetti «quaglia quaglia». 

Decisioni che alla luce di un'analoga sentenza emessa solo lo scorso 22 marzo a favore di un'altra imputata, Marianeve Chierchia, appaiono quasi scontate, ma che tuttavia rischiano di vanificare gli sforzi fatti dalle forze dell'ordine e dalla stessa magistratura che, nei mesi scorsi, hanno messo a segno una serie di operazioni di polizia, scongiurando la ripresa della faida.

Gli uomini dei Gionta, tutti con condanne tra in primo grado tra i 6 e 10 anni, sono solo la prima parte di una serie di scarcerazioni eccellenti che si susseguiranno nei prossimi giorni e che potrebbero riportare per le strade di Torre Annunziata più di 50 fedelissimi dei «valentini». Un clan decimato da arresti e imputazioni, ma che presto grazie alla lentezza della macchina della giustizia potrebbe trovare nuova linfa a cui attingere per rilanciare gli affari di famiglia e riacquistare il predominio del territorio. Sulla carta, infatti, i Gionta forti di un esercito che si va lentamente ricomponendo, potrebbero squilibrare l'assetto criminale oplontino, tornando ad essere una temibile quanto organizzatissima cosca.

Il ritorno a casa dei giontiani è stato salutato in pompa magna con Palazzo Fienga illuminato a festa, fuochi d'artificio e botti di benvenuto. Lo scenario criminale quindi cambia ancora, di nuovo e in maniera repentina innescando un pericoloso effetto domino. Per le strade e i vicoli di Torre Annunziata si respira già un'atmosfera diversa e il risultato è un mix di tensione e frenesia. Per un clan che si rafforza, i Gionta, ce n'è un altro che serra le fila e tra i Gallo, i Cavalieri e i Pisielli - svantaggiati, al momento, dagli arresti del blitz Mano Nera – la guardia è alta. 

Al contrario di quanto auspicato, le condizioni perchè scoppi una nuova faida ci sono tutte. Secondo indiscrezioni i soldati di entrambi gli schieramenti sarebbero già passati nelle rispettive armerie per rifornirsi. Che qualcosa stesse per cambiare, comunque, era chiaro da tempo e il segnale inequivocabile è stata la scarcerazione di Aldo Agretti, nipote del boss Valentino Gionta tornato, però, in cella pochi giorni dopo, incastrato da una nuova ordinanza con cui gli vengono contestati i reati di «tentato omicidio e la detenzione di armi».

Agretti, meno di un mese fa, si è consegnato senza battere ciglio ai carabinieri del Nucleo Operativo che hanno bussato alla sua porta per ricondurlo in carcere. Una sorte che potrebbe toccare presto anche ai freschi beneficiari della libertà a cui è stato concesso di aspettare tra le mura domestiche la sentenza del processo d'Appello in corso. Un procedimento nato da un blitz del 2008 denominato, appunto, Alta Marea con cui 80 esponenti dei Gionta finirono in manette. Un'operazione colossale che colpì l'intera famiglia del boss Valentino e che ha portato dietro le sbarre la moglie del ras, Gemma Donnarumma, e i figli Pasquale e Teresa.
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