giovedì 18 aprile 2013

Il ritorno di Saviano a Napoli: non sono io il morbo di questa terra


NAPOLI - È emozionato quando prende la parola. Una pausa. Un groppo allo stomaco. Un’altra pausa. Ma Roberto Saviano che torna per la prima volta a Napoli dopo 7 anni è anche amareggiato: «Sono addolorato di essere considerato uno che racconta il fango. E quante cose avrei voluto dire in questi anni». 

Eccolo di nuovo in pubblico lo scrittore dopo la fatwa dei Casalesi. Imponenti misure di sicurezza, tra cani che fiutano alla ricerca di esplosivi e 5 agenti con giubbotto antiproiettile che ti mettono la strizza addosso, per la presentazione (con Adriano Sofri e la giornalista Conchita Sannino) del suo ultimo libro «Zero zero zero». Ma a prendere il sopravvento, più che la sua fatica letteraria, è il ritorno a Napoli («Glielo avevo promesso due anni fa», dice ieri sera il suo editore Carlo Feltrinelli) e soprattutto quell’etichetta di «speculatore» sui mali di Napoli come ha ricordato lui. 

Prima però c’è il ritorno a casa. L’assaporare di nuovo Napoli. Prima un giro al Vomero e poi alla Certosa di San Martino, sempre scortato. Poi alla Feltrinelli con una piazza gremita. «Bentornato a casa Roberto», recitano gli striscioni di alcuni ragazzi che l’hanno atteso per 5 ore. Nell’aria c’è però sempre quel rapporto non facile di Saviano con la sua città. A cominciare dal sindaco de Magistris che, pur da estimatore, ha poi via via mal digerito le critiche contro la sua amministrazione. «Parla ma non si sporca le mani», disse. 

Un impegno in politica? «Non ne sono capace e non ho neanche tanta pelle, perchè quando sei sotto i riflettori la pelle va via con la delegittimazione, con la diffidenza del vicino e qualunque cosa ti fa male. Preferisco - aggiunge Saviano - continuare a raccontare». Ma ieri de Magistris smorza e a Scampia ai giornalisti dice: «Purtroppo ho una giunta ma sarei felice se passasse qui a San Giacomo: abbraccerei lui e le sue critiche». 

Ma anche l’ex pm è amareggiato se ieri pomeriggio ad Alessandra Clemente, assessore alle politiche giovanili e figlia di Silvia Ruotolo uccisa per sbaglio dai clan, dice: «Vai, se puoi parlagli e digli di darci una mano perché la città vive un momento difficilissimo. E spiegagli che io non ce l’ho con lui ma non capisco questo livore nei miei confronti». Lui, lo scrittore, spiega ieri: «Mi fa un effetto straniante stare a Napoli. Non sembra reale. Un parte di me è felicissima. E un’altra parte ha difficoltà a starci. Sento imbarazzo. Forse per tutti questi anni di distanza, forse per le polemiche. Ce ne vuole ancora per risentirmi cittadino». 

E su de Magistris: «Io sento che è il momento di stare uniti ma non si può far finta di niente: le speranze sono state tante e non sta riuscendo a governare secondo gli obiettivi che si era prefissato. Eppure Napoli deve essere al centro del Mezzogiorno e recuperarne il suo ruolo». In platea ad ascoltarlo ci sono l’assessore Clemente e Riccardo Realfonzo, espulso dal sindaco dalla sua squadra e invitato dallo scrittore. 

Il racconto del mercato mondiale della cocaina, tema del suo ultimo libro, è la cornice ma il filo conduttore rimane il suo rapporto con con la città. Con quelle critiche mal sopportate. Un paradosso per lui. «Invece che un aiuto sono stato percepito come un altro morbo di questa terra», dice. 

«E provo amarezza per questo. Molta amarezza», sottolinea prima di citare a braccio un pensiero di Giacomo Leopardi che gli calza a pennello per questa situazione: «L’umanità, paradossalmente, non odia il male e chi lo fa ma più chi lo nomina il male». Già. Lui ne rovescia invece il ragionamento: «Perché racconto solo il male? Io racconto questo perché qui c’è la luce. È questa la grande contraddizione di questa terra». E lucidamente Adriano Sofri non può che notare come «Roberto è sincero e schietto da sembrare inverosimile. È sincero e per questo dice cose che lo espongono». 

«Si mostra come uno che è diventato diverso dagli altri -aggiunge l’ex leader di Lotta Continua - e questo lo rende paranoico ma paranoico è chi nota qualcosa che gli altri non notano».


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