mercoledì 1 febbraio 2012

Scampia, il clan impone il coprifuoco

di Marco Di Caterino
NAPOLI - I clan sono in guerra, la camorra impone il coprifuoco. A Scampia e Melito. L’ordine, perché di questo di tratta, è stato recapitato con un porta a porta, degno dei migliori addetti di come si faceva una volta il censimento. Le donne «devono» stare in casa. E limitare al massimo le uscite di giorno. Di notte mai. I negozi devono chiudere tra le sette e mezza e le 8. I bar, per le ventidue. E guai a chi trasgredisce. Non era mai accaduto. Nemmeno durante la fase più tragica di quel bagno di sangue criminale che fu lo scontro tra la cosca di Paolo Di Lauro e quella degli scissionisti o spagnoli che dir si voglia. La libertà contingentata per oltre duecentomila anime, è scattata subito dopo la mattanza dei primi giorni di quest’anno, con cinque morti ammazzati in pochi giorni.

Sotto coprifuoco sono finite le zone di via Monterosa, quella della 167 e quella del quartiere Ises (ex Ice Snei) e del rione Don Guanella, un intreccio di parchi e rioni tra Scampia e i territori di Secondigliano e Miano. A Melito, la libertà ad orario è scattata per i due quartieri nati nel post terremoto del 1980, che come dappertutto sono chiamati quelli della «219», dal nome della legge per la ricostruzione. E nessuno ha protestato, contro questo provvedimento che sa di truppe di occupazione. A dare retta a radio piazza, il coprifuoco è stato imposto dal cartello Abbinante–Abate, che cerca di serrare le fila, dopo aver contato cinque morti ammazzati tra Scampia e Melito.
Questi avrebbero chiesto un aiuto «militare» al clan Polverino di Marano, che avrebbe inviato gente spietata. Dalla pistola facile. E dai modi spicci. Hanno collaborato al piano del contrattacco. E deciso di attuare un cordone protettivo, con le strade sgombre, per individuare meglio e all’istante la presenza dei nemici. E colpirli. Senza che ci scappi il solito morto che non c’azzecca e che poi scatena l’attenzione intorno a tutto «‘o sistema» con polizia, carabinieri e altre divise a presidiare il territorio.
E da una settimana le «facce dei maranesi» girano, come vere e proprie pattuglie, per la zona. Soprattutto di notte. Come le truppe di occupazione. Il cartello Abbinante–Abate, che nella Faida, aveva voltato le spalle a Paolo Di Lauro, schierandosi con gli scissionisti, dopo la spaccatura di questa galassia criminale, avvenuta esattamente tra gennaio e marzo del 2011, è ritornato sui suoi passi. Sotto l’ombrello dei referenti di «Ciruzzo ‘o milionario». E allora si è trovato al centro di un fuoco incrociato. I vecchi scissionisti (il gruppo Amato–Pagano) quelli nuovi (che radio piazza indica come capo da tale «Joe Banana», latitante da mesi), e poi la storica cosca dei Licciardi (masseria Cardone) che propende per una possibile alleanza con i nuovi scissionisti, hanno scatenato l’inferno. Non solo per l’ennesimo voltafaccia, ma soprattutto per un prepotente ritorno della cosca Di Lauro, data per morta troppo presto, ma che in realtà era, e lo è ancora, impegnata in un lavoro «diplomatico», senza spargimenti di sangue, finalizzato al recupero dei vecchi pezzi della clan.
Chi vive da queste parti, dopo la mattanza dei primi giorni di gennaio, aveva già percepito quale pericolosa sterzata aveva preso vicenda della guerra tra le cosche di Scampia. E così hanno fatto buon viso a questo gioco. Cattivissimo, inaccettabile e anche truffaldino. In questa parte di Napoli, mortificata, offesa e ora occupata dalla criminalità, nessuno ha mai creduto, nemmeno per un istante, che i delinquenti avessero avuto un atto di riguardo per le donne. Loro volevano, ed hanno ottenuto, l’unico scopo prefissato: le strade libere e il controllo totale del territorio.
http://www.ilmattino.it

Coprifuoco a Scampia, allarme Ascom
di Paola Perez
NAPOLI - Scampia, Secondigliano, Melito, Miano: nel quadrilatero della faida le saracinesche dei negozi si abbassano e le porte delle case si chiudono prima del calar del sole, vuoi per ordine esplicito di chi deve gestire con maggiore comodità qualche affare illecito, vuoi per paura. Un fenomeno allarmante che il presidente dell’Ascom, Pietro Russo, arricchisce di dettagli e numeri: «Purtroppo è tutto vero. La parte sana del commercio, che insiste soprattutto sul quartiere di Secondigliano, è costretta a ”inchinarsi” di fronte alla prepotenza dei clan. Questo vuol dire sottomettersi al diktat del coprifuoco ma anche limitare la propria attività. Resistere, in quelle zone di periferia, significa venire a patti con i meccanismi del business illegale. Chi non lo fa è costretto a cedere terreno. Nel giro di un anno il trenta per cento dei negozi ha chiuso i battenti. Ed è solo in parte colpa della crisi: tra Scampia, Secondigliano, Miano e Melito questo succede essenzialmente per la pressione della camorra, per l’impossibilità di vivere una vita normale».

Ma davvero tutto il male si annida nell’estremo margine nord tra città e provincia? Purtroppo no, prosegue il leader dei commercianti: «Lo stesso fenomeno di coprifuoco, imposto o spontaneo, si comincia a verificare nel centro di Napoli. Ho già ricevuto numerose segnalazioni dalla zona dello Spirito Santo».

Da dove ripartire? Russo ha la sua ricetta: «Dall’Esercito. Perché sul territorio servono pattuglie in continuo movimento, capaci di imprimere un forte effetto deterrente. L’esperienza già fatta ci insegna che funziona. Alle forze dell’ordine non posso imputare alcuna colpa, lavorano tantissimo e con impegno. Ma serve uno scatto in avanti, altrimenti la morte del commercio e della legalità diventerà irreversibile. Non possiamo combattere con la fionda squadre di criminali armate fino ai denti».
Intanto il caso approda in Parlamento, con una pioggia di interrogazioni al ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri annunciate dal Pd: «A Napoli esiste ancora lo Stato? - si chiede la deputata Pina Picierno - il ministro riferisca immediatamente sulla vicenda del coprifuoco. Sarebbe intollerabile che un intero territorio fosse sottratto alla normale giurisdizione senza alcuna reazione da parte dei più alti rappresentanti delle istituzioni».

Sollecita un intervento immediato anche la deputata Luisa Bossa, puntando sulla necessità di alzare una barriera sociale: «È necessario che i Comuni, gli enti locali, le associazioni organizzino subito iniziative per il tempo libero, nelle ore serali, per dimostrare che i quartieri restano aperti a dispetto dei clan». La senatrice Teresa Armato parla di «guerra di camorra» e sollecita «un immediato rafforzamento della presenza della forza pubblica e con il pieno sostegno alle attività di inchiesta». «Non consentiremo a nessuno di tenere in ostaggio i cittadini», conclude il deputato Salvatore Piccolo .

Da Scampia si leva però un’altra voce, una voce che respinge al mittente la «gogna mediatica» del territorio. È quella di Angelo Pisani, presidente dell’ottava municipalità: «Ogni sera, qualche volta anche molto tardi, attraverso in moto o in auto le strade di Scampia per far ritorno a casa e non mi sono mai reso conto di un coprifuoco in zona, né mi è mai accaduto nulla. Purtroppo la gente non affolla le strade per il freddo, la crisi economica e forse anche per paura ma come in tutti i quartieri di Napoli. Basta gettare fango su Scampia, lavoriamo per sviluppare le sue potenzialità».

Pisani deve comunque ammettere, con amarezza, che sulla via della legalità c’è ancora strada da fare. «Nel quartiere ci sono ragazzini che hanno sul cellulare la foto del boss - racconta - e a parlare di coprifuoco c’è il rischio di alimentare miti sbagliati, qualcuno addirittura già esulta per la vittoria del clan».

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