domenica 14 agosto 2011

Mariano, 20 anni: boss di Secondigliano, erede al trono di Di Lauro

di Leandro Del Gaudio

NAPOLI - Ha bruciato le tappe e non accetta consigli, fa sempre di testa sua - e la sua è una testa calda - da quando si è messo in mezzo alla strada. Ha capito che in fondo da queste parti la vita facile è breve, e conviene iniziare presto, molto presto, perché basta poco e si finisce in galera, quando le cose ti vanno bene. Lo chiamano Mariano, un nome d’arte probabile derivato del folk neomelodico che impazza da decenni in radio e antenne tv specializzate sul tema. Mariano, vent’anni, un tatuaggio sul polpaccio, modi da boss.


È l’ultimo prodotto degli interminabili squilibri criminali nella zona delle piazze di spaccio. Vanta due cose al suo attivo: la parentela con uno dei personaggi vincenti nella guerra con il clan Di Lauro (eravamo tra il 2004-2005) e la percezione del tempo che passa. In fondo, ha capito prima degli altri che è meglio fare il numero uno e imporre le regole piuttosto che finire in cella o al camposanto per conto di qualcun altro. Nel 2008, il suo battesimo criminale. Mariano era in un circolo ricreativo della periferia nord, quando arrivano killer da Afragola, pronti a vendicare il ferimento di uno dei loro rampolli all’esterno di un centro commerciale. Fanno fuoco in una sala giochi del rione Berlingieri, lui resta ferito di striscio. Forse impara la lezione, capisce che vince chi si muove per primo.

Da tempo le forze dell’ordine gli stanno addosso. Lo osservano, ne studiano le mosse. È il prodotto dell’interminabile guerra della droga a nord di Napoli, che appena pochi giorni fa ha macinato un omicidio nella zona controllata dagli Amato-Pagano e un duplice delitto in quella dei Lo Russo di Miano. Episodi scollegati gli uni agli altri, assicurano gli inquirenti, ma tanto basta a porre una questione: che succede nell’ex impero dei Di Lauro? O meglio: che succede nell’ex impero degli scissionisti degli Amato-Pagano? Perché si torna ad uccidere? Succede ciò che raramente si verifica nella società civile, un po’ più ingessata e chiusa nei suoi ranghi interni: c’è un tentativo di spallata delle nuove leve, un rapido cambio della guardia.

Ventenni contro quarantenni. Mariano è uno dei nuovi. Parla poco e sta facendo girare il nuovo verbo: il sistema siamo noi, qua o vi adeguate o vi buttiamo a terra. È così che in pochi mesi, dallo scorso febbraio ci sono nove omicidi in zona faida. E a finire a terra quasi tutti quarantenni, gente con i galloni da boss. Non sono riconducibili per il momento alle gesta del giovane Mariano - bene chiarirlo -, le indagini sono ancora aperte, ma c’è attenzione sulle dinamiche. Prima del 46enne Salvatore Scognamiglio, presunto reggente del clan Lo Russo di Miano ucciso due giorni fa assieme al 39enne Salvatore Paolillo, ci sono stati altri agguati, altri potenziali personaggi di spicco «buttati a terra», tanto per usare espressioni sinistre. Tre notti fa l’omicidio di Casavatore di Emilio Forino, ma lo scenario sembra più ampio.

È il 19 febbraio quando viene ammazzato il boss Francesco Feldi (40 anni) ex uomo dei Licciardi, poi divenuto reggente a San Pietro a Patierno. Poi il 4 marzo un caso di lupara bianca con la scomparsa di Antonio D’Andò, dato per legato agli scissionisti. E non è finita. Il delitto del 29enne Antonello Faiello, ma anche il duplice omicidio di Giuseppe Parisi (48 anni) e del guardaspalle Giuseppe Ferraro (55 anni), ancora ritenuti vicino ai Feldi-Bocchetti, poi lo scorso otto luglio l’agguato contro Salvatore Chiariello (35 anni, una faida alle spalle) vicino agli Amato. Se non è un ricambio generazionale, poco ci manca.

Ventenni sugli scudi, in ballo il fiume di denaro di coca e droghe sintetiche, mentre gli unici a diversificare l’offerta sono quelli del «terzo mondo» del latitante Marco Di Lauro, che tengono in piedi anche una piazza per lo smercio di marjuana. Solo fumo e a prezzi stracciati, buona per studenti e ragazzi «normali», da tenere distinti da «zombie» e «schizzati» che animano le Vele di Scampia. Il resto è un puzzle di piccoli e medi potentati criminali. Ognuno chiuso nel suo fortino. Dicono che nella zona della «Vinnella grassa» comandi un certo Joe Banana, al secolo Rosario Guarino (estraneo agli omicidi trattati, ndr) uno fresco di scarcerazione, insomma; mentre dopo sentenze e condanne lasciano il carcere esponenti di medio calibro legati agli Abete, agli Abbinante, qualcuno dei Di Lauro. Escono e trovano lo scenario cambiato: sei anni fa erano il nuovo, oggi rischiano di diventare la vecchia guardia.

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