martedì 1 luglio 2014

L'idea del vescovo anti-boss: "Basta padrini nei battesimi"

Si chiama battesimo anche quello. E pure lì c'è un padrino. Quando si fa entrare qualcuno in "famiglia" si dice - per l'appunto - che viene battezzato. A loro, solo a loro, capita due volte: quando nascono e quando diventano uomini d'onore. Privilegi di mafia.

In un caso o nell'altro, il figlioccio di un "don" importante è segnato per tutta la vita. Battesimi, cresime, matrimoni. Ogni occasione è buona per rinsaldare legami, non ci si può far sfuggire nessuno quando c'è da stringere amicizie e patti. Se non ci sono vincoli di sangue, sono loro, i padrini e i compari, che garantiscono fedeltà e continuità alla stirpe. È come un giuramento solenne. 

Non saranno evidentemente pratiche così arcaiche - qualcuno però sospetta il contrario, che non usa più come un tempo - se l'arcivescovo di Reggio Calabria, Sua Eminenza Giuseppe Fiorini Morosini, abbia proposto a Papa Francesco di abolire i padrinaggi per i sacramenti del battesimo e della cresima "per ostacolare l'uso strumentale della Chiesa da parte della 'ndrangheta". Una sospensione a tempo e per territorio, valida solo per la diocesi calabrese dove - semmai il Vaticano dovesse accogliere l'invito del monsignore - entrerebbe in vigore una legge ecclesiale speciale. Servirebbe davvero a qualcosa? Con l'interruzione decennale si potrebbe recuperare l'autentico valore del padrinaggio? 

La questione posta dall'arcivescovo Morosini a prima vista sembra guardare più al passato che al futuro, ma in molti assicurano che il problema esiste e resiste anche in quella "mafia liquida" calabrese (definizione di 'ndrangheta dell'ex presidente della commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione) che apparentemente ha altro a cui pensare nel momento che lo Stato - con gran ritardo - si è accorto che c'è. 

Ci tengono ancora così tanto i boss della Piana o della Locride a fare da padrini ai figli degli amici? E loro sono davvero ancora così ricercati per battesimi e cresime? Fino a qualche anno fa in alcune zone dell'Aspromonte il padrino prescelto, nel giorno del battesimo, baciava il neonato e collocava nella culla un coltello. Se il piccolo girava il capo verso la lama voleva dire che prometteva bene, se si voltava dall'altra parte il povero bambino si sarebbe portato addosso per sempre il marchio di "sbirro". Anche le vicende di mafia e di camorra sono contornate da "parrini" e "cumparielli" che entrano in scena per le feste comandate. Il padrinaggio e il comparaggio si trasformano in un rapporto indissolubile per due persone estranee a unioni sanguigne, a volte quasi più forte di una parentela intima. È la complicità totale, si trova in un covo ma si cerca anche in una chiesa. Ricordava un vecchio siciliano che ha studiato le abitudini mafiose: "Confidarsi con un padrino o con un compare è come confidarsi con se stesso".

Chi è stato il padrino del secondo battesimo (quello di Cosa Nostra) di Giovanni Brusca? Totò Riina, il migliore amico del vecchio Bernardo, il padre del boia di Capaci. Quale nome non ha mai fatto al giudice Falcone il pentito Tommaso Buscetta nel 1984? Quello di suo compare Gioacchino Pennino senior. Sulla carta fare il padrino mette al riparo da tutto. Il legame è inviolabile, almeno secondo quelle leggi non scritte.

Compari erano Michele Greco - il "papa" della mafia" e Giovanni Prestifilippo, il cui figlio Mario Giovanni detto "la iena di Ciaculli" era stato tenuto a battesimo da don Michele. Lui però non mosse un dito quando i Corleonesi decisero di assassinarlo.

Compari erano anche Luciano Liggio e Gaetano Badalamenti al tempo del "triumvirato", quando alla fine degli anni '60 erano insieme in un governo provvisorio di Cosa Nostra. Qualche tempo dopo i sicari di Liggio - nonostante Lucianeddu fosse il padrino di uno dei figli di don Tano - sterminarono tutti i parenti del boss di Cinisi.

Un'ultima osservazione sulla proposta di Sua Eminenza Morosini. I mafiosi si sposano fra di loro, non prendono solitamente moglie fuori dalle famiglie, promettono in sposa una sorella o una cugina solo a chi è nell'ambiente. E avviene così anche per i padrinaggi. Testimonianza di Margherita Petralia, moglie del boss di Paceco Gaspare Sugamiele: "L'invito a fare da padrino o da madrina non può essere rivolto che a persone interne all'organizzazione". E tutti gli altri? Se dovesse passare mai l'idea dell'arcivescovo di Reggio, perché gli altri bambini calabresi non dovrebbero avere un padrino per il loro battesimo o la loro cresima? 
http://www.repubblica.it/

Nessun commento:

Posta un commento