sabato 5 febbraio 2011

Una biblioteca pubblica del Veneto ritira “Gomorra” di Saviano

La biblioteca comunale di Preganziol, a mezz’ora di treno da Venezia, 15.000 abitanti impegnati nella cura delle loro piccole imprese, dei loro giardini e in una raccolta dei rifiuti molto selettiva, non sembra un fronte di guerra. Tuttavia l’ennesima polemica tra la destra che governa il Paese e il mondo della cultura che cerca di raccontarlo ha preso il via in questa terra di borghesia operosa. Più precisamente nella sua biblioteca pubblica: dagli scaffali è sparito il libro più famoso di Roberto Saviano, Gomorra. Una delle dipendenti ha denunciato che «dall’alto» le hanno ordinato di disfarsi del volume, dopo che in televisione l’autore aveva detto che la mafia cerca la complicità della politica, il che significa, in queste terre placide e ricche, della Lega Nord.
Il sindaco Sergio Marton, dello stesso partito di destra, ha rifiutato le accuse di censura. Il segretario provinciale Gianantonio Da Re, invece, soffia sul fuoco: «I libri di questo scrittore li avrà comprati la precedente amministrazione di sinistra. Meglio metterli in cantina, magari se li mangia qualche topo».

Quella che Saviano chiama la macchina del fango (se il potere non è d’accordo con un’opinione, la distrugge), consuma il suo ennesimo atto in queste due stanze piene di libri, tra l’ufficio delle poste, una scuola e villette a schiera, in via Antonio Gramsci, il fondatore del partito comunista. Proprio lì giovedì scorso c’è stata una protesta contro la censura. ”Né il sindaco né nessun altro mi può dire cosa posso leggere e cosa no”, ha detto Mariella Frigo, 64 anni, casalinga. “Sono moderato con simpatie di destra. Ma i politici hanno superato il limite”, ha sottolineato Giuseppe, 70 anni, cardiologo in pensione. Non si riferisce solo a questo avvenimento. Preganziol non è un caso isolato.
È in atto un’altra crociata della Lega Nord e del Partito della Libertà, alleati nel governo di Roma e fortemente radicati al nord (soprattutto in Veneto e in Lombardia). All’inizio del 2004 un centinaio di intellettuali firmò un manifesto sul terrorismo rosso e nero che insanguinò gli anni settanta e ottanta. Chiedevano, tra le altre cose, il perdono di Cesare Battisti, membro di un gruppo di estrema sinistra, condannato in Cassazione all’ergastolo per quattro omicidi ed esiliato in Brasile. Alla fine del 2010 il presidente Lula ha negato l’estradizione. Il governo italiano non ha ottenuto la vittoria diplomatica ma ha cominciato la caccia alle streghe.
I firmatari sono stati proscritti. Daniel Pennac, Valerio Evangelisti, Massimo Carlotto,Tiziano Scarpa, il collettivo Wu Ming, lo stesso Saviano (che in seguito tolse la firma)…. Sette anni dopo sono diventati «cattivi maestri». Raffaele Speranzon, assessore berlusconiano alla Cultura della provincia di Venezia, ha proposto di togliere dalle biblioteche le opere di questi autori (romanzi e racconti). L’assessore regionale all’Istruzione, Elena Donazzan, qualche giorno fa ha minacciato di inviare una lettera a tutti i direttori delle scuole affinché i loro alunni non leggano quei libri. Non lo ha fatto ma ha incitato al «boicottaggio civico». “La scorsa settimana ho sfogliato Libero (quotidiano del fratello di Berlusconi) e ho visto il mio nome coronato da un titolo «Gli amici dell’assassino»” dice Stefano Tassinari, scrittore e drammaturgo. “La mia unica colpa è avere un’opinione diversa da quella del potere”. “La questione non è solo di forma. Descrive un Paese che non sa accettare il suo passato. Se non condividi il loro punto di vista sei fuori”, aggiunge un membro del collettivo Wu Ming.

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