sabato 5 febbraio 2011

Afragola, bimbi in rivolta nel quartiere dei clan: «Qui moriranno i poliziotti»

AFRAGOLA - Nel Rione Salicelle, alla periferia di Afragola, le 1400 case sono tutte uguali, rinchiuse in cubi di cemento color grigio: si rincorrono lungo viali dove non c'è nulla. Nè un albero, nè un'aiuola, nemmeno una panchina. Qualcosa c'è: la camorra che comanda. Lì, in circa 9mila sono stati 'deportatì, dice il parroco del quartiere, don Ciro, dopo il terremoto del 1980. E lì, dice sempre don Ciro che tra quei viali ci vive da 21 anni, la camorra prende ciò che serve: ragazzini per lo spaccio, adulti per le estorsioni. Tra massimo diciotto mesi, promette il sindaco di Afragola, proprio in quel rione sarà realizzato un commissariato di polizia. Ma, intanto, oggi, fa effetto sentire un gruppetto di ragazzini, al massimo dieci anni che, tutti in coro, in tono di sfida, proprio lì davanti a quel nastro tricolore dicono: «Tanto quei poliziotti moriranno uno alla volta». 

Grazia sorride a chi le chiede se è difficile vivere al Rione Salicelle: «Se sai vivere, vivi», risponde. Si affaccia alla finestra, tra mille panni stesi che quasi non fanno vedere il cielo. «Vuoi sapere dove sta il parco giochi? Ma come non lo vedi, sta davanti a te», e mostra delle vasche con ferri arrugginiti piene di immondizia. E aggiunge: «Questa doveva essere una pista di pattinaggio, bella no?». Nulla di che sorprendersi nel Rione Salicelle. Don Ciro Nazzaro racconta che al centro polifunzionale che era in fase di costruzione «hanno rubato pure il tetto». E poi i wc da quello che doveva essere l'ufficio postale, i fili della corrente elettrica dalle pareti di quello che doveva essere il pronto soccorso. Strutture fatiscenti, abbandonate. 

Che stanno lì in bella mostra, giusto a ricordare come doveva essere e come non è diventato quel rione. Il sottosegretario all'interno Alfredo Mantovano, anche lui oggi a Salicelle per l'inaugurazione del cantiere del commissariato di polizia, guarda i resti di quel che resta di quei progetti e chiede al sindaco: 'Ma perchè non si è realizzato niente di tutto ciò?«. E Vincenzo Nespoli, primo cittadino da poco più due anni, risponde: 'Io un giorno vi dimostrerò cosa mi hanno lasciato e cosa io farò». Ma a Rione Salicelle la vita, intanto, è questa. «Noi peggio di Scampia? Certo che no - racconta Caterina, 30 anni- io sono nata qui, cresciuta qui e ci sto facendo vivere anche le mie due bimbe. Ma certo che possiamo uscire la sera. Non c'è mica il coprifuoco. Qui, se ti fai i fatti tuoi, vivi bene». E il fatto che si «vive bene, tranquilli», lo spiega con lucide parole don Ciro, «nato a San Sebastiano al Vesuvio, con il fuoco del Vesuvio dentro, e cresciuto a San Giovanni a Teduccio, che sapete bene che quartiere è». «Qui è la camorra che vuole che tutto sia tranquillo - spiega - non vuole che ci siano problemi, insomma che si attiri l'attenzione lungo questi viali. Qui la camorra recluta la manovalanza. Qui non c'è spaccio, niente sparatorie, faide. Tutto deve essere in ordine, perchè la camorra qui vuole comandare, tutti. In silenzio ma con efficacia». 

«La gente qui chiede lavoro e soprattutto ascolto - aggiunge - Qui la gente è stata abbandonata a se stessa, qui è stata deportata e poi, più nulla. Nulla di nulla». La domenica, racconta, «ci sono 300 bimbi seduti a terra che ascoltano la Santa Messa». E poi i volontari, «erano sette ed ora ne sono 50». E poi ancora, «stiamo realizzando una cooperativa che si occuperà di una parafarmacia. Insomma, che darà lavoro». Insomma, fa capire don Ciro, dalla vita rinchiusa nei cubi di cemento, si esce anche così. Al rione Salicelle tanti, ma proprio tanti sono pregiudicati. Salvatore ha 28 anni, «purtroppo ora sono disoccupato». Cammina lungo i viali di Rione Salicelle: «Guarda che qui puoi lasciare anche l'automobile con lo stereo dentro, mica la rubano». Poco più in là, c'è Antonio 15 anni, sigaretta accesa stretta in mano. 

Gioca a pallone, e ti ricorda quasi scene di ordinaria infanzia. «Come si vive qui? - dice - Bene. Basta che non guardi e non senti. Insomma ti fai i fatti tuoi. E così vivi». (fonte ANSA)

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