sabato 19 giugno 2010

Telecamere anticlan da Posillipo a Scampia - Napoli Est, la camorra nei subappalti

Telecamere anticlan da Posillipo a Scampia.
di Luigi Roano

NAPOLI (18 giugno) - In via del Cassano - strada simbolo della faida di Scampia dove gli scissionisti hanno conteso a colpi di mitra il business della droga a Paolo di Lauro alias Ciruzzo ’o milionario - ci saranno venti telecamere dello Stato 24 ore 24 accese a scrutare i movimenti dei clan. 

Venti delle trecento che entro l’estate verranno installate in tutta Napoli. Una sfida anche tecnologica alla criminalità organizzata. Da quelle parti gli eserciti della camorra si avvalgono già da anni dell’ausilio di telecamere per il controllo capillare del territorio. Ad agosto, massimo settembre si accenderanno invece quelle per la legalità. Probabilmente a partire proprio da via del Cassano, teatro di decine di omicidi tra il 2007 e il 2009. 

Come mettere carabinieri e polizia dentro il ventre dei clan più sanguinari della malavita napoletana. Dopo un anno di incomprensioni e stop and go, ministero dell’Interno e Comune hanno trovato l’intesa su chi gestirà gli occhi virtuali. Trecento distribuiti su tutto il territorio cittadino, la metà e qualcosa pure in più nei quartieri ad alta densità criminale. Quindi nell’area nord oltre a Scampia c’è il Corso Secondigliano (15) Chiaiano, via Toscanella (15). Poi la zona orientale: corso san Giovanni, Ponticelli e Barra 15, Pianura - centro storico zona ex discarica - altre 15. 

La fumata bianca è arrivata ieri all’ora di pranzo: il Comune ha detto sì all’accordo: il dicastero retto da Roberto Maroni ha provveduto a mettere i soldi - il Pon sicurezza 2007-2013, circa 5 milioni, alla fase di esecutività dei progetti ultimata ad aprile e alla gare espletate a metà mese; Palazzo San Giacomo gestirà la manutenzione, la connettività e pagherà l’energia per il funzionamento dell’impianto. 

Nell’accordo - sul quale pesa positivamente il grande lavoro dell’assessore alla legalità ed ex Guardasigilli Luigi Scotti - la possibilità per i vigili urbani di visionare alcune immagini per fini sempre di ordine pubblico. Giova sottolinearlo il Pon del ministero misura 1 ha un titolo emblematico: «Sicurezza per lo sviluppo» vale a dire che queste telecamere serviranno da supporto contro la criminalità, nulla a che vedere con la rilevazione di reati contro il codice della strada. Almeno in questa fase. 

In futuro si vedrà. Non a caso oltre alla Campania a beneficiare del Pon sono altre regioni depresse dai clan: Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Il Comune è stato parte attivissima nell’individuare le zone dove collocare gli impianti. Con il supporto della Prefettura che ha messo a disposizione le sue conoscenze. 

Con le nuove installazioni di telecamere - molte decine già sono in funzione nel centro storico e hanno il doppio livello di utilizzo, ovvero servono al controllo della viabilità oltre che per la sicurezza - Palazzo San Giacomo applica a tutto tondo la nuova normativa in materia di sicurezza. Dove il sindaco e l’ente locale hanno un ruolo di grande rilievo. Al punto che la stessa Iervolino ha già emanato diverse ordinanze sulla sicurezza su determinati argomenti. Come la lotta al vandalismo.

Quanto a copertura del territorio e a tecnologia, le attrezzature sono dotate di un cono d’ombra ridottissimo. Vale a dire che questi occhi virtuali collegati alla Questura e al Comando dei carabinieri e della Guardia di Finanza hanno la possibilità di estendere il loro sguardo a 360 gradi.

Napoli Est, la camorra nei subappalti

di Leandro Del Gaudio

NAPOLI (15 giugno) - Tanti pregiudicati con la tessera del sindacato in tasca, ma anche personaggi sospetti che cambiano sigla dal giorno alla notte. In poche ore nuove iscrizioni, nominativi che cambiano casacca. Cosa succede a Napoli est?
Cosa accade nell’ex polmone industriale di Napoli? È la domanda che ha mosso in questi mesi le indagini della Dda partenopea, inchiesta nata settimane prima che qualcuno desse fuoco a una escavatrice nei cantieri della cittadella universitaria di San Giovanni a Teduccio. Venerdì scorso un possibile attentato doloso nella ex Cirio e i riflettori dei media che si accendono su uno scenario in movimento. C’è un sospetto su cui indagano i carabinieri del comando provinciale del colonnello Mario Cinque: è il racket delle assunzioni, il modo più rapido, efficace e indolore di imporre estorsioni e affermare la propria presenza sul territorio.

Accade nella periferia orientale, è accaduto pochi mesi fa. E cresce l’attenzione investigativa per il rischio che questi «appetiti» criminali possano riversarsi, in futuro, anche nell’area dei nuovi insediamenti produttivi, quelli di «Naplest». Il gruppo di imprenditori che fa capo a Marilù Faraone Mennella appare più che mai intenzionato a blindare progetti e investimenti.

L’ipotesi investigativa è questa: alcune assunzioni avvenute negli ultimi mesi nell’area della periferia orientale di Napoli sono state pilotate dalla camorra. Fascicolo a carico del clan D’Amico, cosca data in ascesa dopo arresti e pentimenti che hanno messo in ginocchio il cartello dei Mazzarella e dei Sarno. Inchiesta condotta dal pm Maria Cristina Ribera, del pool anticamorra dell’aggiunto Sandro Pennasilico. Ascoltati in meno di un anno decine di soggetti, tutti in fila dinanzi alla polizia giudiziaria: c’erano imprenditori, sindacalisti, ma anche personaggi assunti da poco nei cantieri destinati alla riqualificazione della periferia orientale.

Chiara l’ipotesi: la camorra punta ad inserirsi nella rete di subappalti di grandi commesse di Stato e avrebbe già piazzato alcuni uomini in cantieri aperti da qualche tempo. Le assunzioni, dunque, come tangente: strumento di controllo dentro e fuori ai cantieri. Inutile dire che, strappata l’assunzione, l’astensionismo dei neo operai diventa totale. Neanche un giorno di lavoro, per intenderci. Superfluo dire anche che la busta paga in famiglie legate ai clan fa sempre comodo, è sempre gradita da tutti. Uno scenario tutto da definire, che parte da una premessa: la disponibilità - siglata in un protocollo d’intesa tra imprenditori e istituzioni locali - di assumere manodopera locale nei grandi investimenti pubblici che riguardano aree depresse come la periferia orientale.

Detto in soldoni, cosa ne sa un imprenditore che i nuovi assunti sono imposti dalla camorra? Cosa ne sa un sindacalista che alcuni iscritti sono la testa di ponte di un sistema criminale più ampio? Si lavora con il bisturi, guai a criminalizzare organi di rappresentanza o scelte imprenditoriali. Bocche cucite da parte di tutti, inutile dirlo, anche se non sfuggono movimenti sospetti: si parte dalle tessere sindacali nelle tasche di personaggi fermati in indagini antidroga o in semplici posti di blocco; ma anche da improvvisi cambi di casacca riscontrati dalle forze di polizia giudiziaria.

Dieci, quindici nomi che passano da una sigla all’altra, che poi si presenta a trattare nuove assunzioni quando sta per partire un nuovo cantiere. Auchan, bonifica dei suoli delle ex raffinerie, degli ex insediamenti manifatturieri. Niente attentati, salvo complicazioni o improvvisi cambi di programma. Scenario in movimento, indagini che ora non possono ignorare due novità: la pioggia di investimenti messi in moto dai progetti firmati «Naplest»; il rogo di una escavatrice nel cantiere della Italrecuperi, la ditta che ha vinto un subappalto nella ex Cirio (zona dove è prevista la cittadella universitaria). Si torna alla domanda di partenza: che succede a Napoli est?

www.ilmattino.it

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