mercoledì 28 gennaio 2009

Sulla democrazia in Italia

Articolo tratto da "L'Express" - Francia
Ne “L’Italia sul filo del rasoio”, Marc Lazar ritorna sulla storia di un paese intrappolato nelle sue contraddizioni, un’eredità che spiega lo stato attuale della democrazia in Italia, fra cambiamento e conservatorismo. Intervista.

Strana Italia, che ispira così tanta letteratura sugli sbalzi d’umore della sua democrazia, sulla sua cronica instabilità, sulla sua “patologia” politica e ora sul “ritorno del fascismo”… Nel suo ultimo libro, “L’Italia sul filo del rasoio” (edito in Italia da Rizzoli, N.d.T.), Marc Lazar, professore a Science-Po (Istituto di Studi Politici di Parigi, NdT) e alla Luiss (Roma), spiega, in un gioco di andate e ritorni fra passato e presente, le recenti evoluzioni della democrazia italiana, nella quale il cambiamento si radica nella continuità.
Lei esplora, nel suo libro, un’Italia sul filo del rasoio, che stupisce, inquieta, disturba, molto più complicata in ogni caso di quanto non sembri, e che trae la sua modernità, in fondo, da ingredienti immutabili… Cominciamo proprio dal terzo ritorno agli affari (pubblici N.d.T.) di Silvio Berlusconi, che all’estero a volte abbiamo fatto fatica a spiegarci!
Ci sono innanzitutto ragioni congiunturali, soprattutto l’impopolarità del governo Prodi, eletto per un pugno di voti nel 2006, cosa che gli è valsa l’ostilità di quasi metà del paese. Lo schieramento al potere non ha cessato di mettere in evidenza le sue sempiterne divisioni di fronte alle telecamere, dal mattino alla sera, riflettendo la propria incapacità di prendere decisioni, provocando delusione… E poi, da un punto di vista più strutturale, c’è in Italia un’ossessione berlusconiana. Ormai sono quindici anni, ed oltre se accederà alla presidenza della Repubblica, che Berlusconi è nella vita politica, domina la scena pubblica…
E che incarna con ingegnosità quella che lei definisce “la modernizzazione tradizionale”, conciliando, nella sua persona, tutte “le” Italie
Berlusconi riesce stabilmente a mettere in pratica un ossimoro, una cosa ed il suo contrario, come un Giano. Da un lato fa riferimento alla modernità: il liberalismo, un tempo, la critica della funzione pubblica, l’arricchimento, l’individualismo, il riferimento continuo alla modernizzazione delle istituzioni… Dall’altro, si appella alla tradizione: la Chiesa (anche se trasgredisce non pochi precetti religiosi!); la famiglia; la solidarietà o la compassione sociale… sa parlare a un paese in preda al nervosismo… Questa è “la modernizzazione tradizionale”, senza dubbio in linea con quella degli Italiani che vogliono cambiare tutto restando fedeli alle loro tradizioni, svilupparsi ma senza aprirsi troppo al mondo, produrre di più ma senza accogliere troppi immigrati, essere protetti ma senza risentire troppo del peso dello Stato… Nel suo nuovo partito di centro destra, il Popolo delle Libertà (PDL), Berlusconi riesce a riunire, ideologicamente e sul piano dell’organizzazione, diversi orientamenti: il suo stesso partito, Forza Italia, gli ex-fascisti più o meno redenti, i liberali, i conservatori, qualche ex-socialista, il Nord con la Lega Nord, il Sud perché il PDL è piuttosto meridionalizzato… Cristallizza sulla sua persona una forma di unità. Unità che quindi è fragile, perché non ha che Berlusconi come direttore dei lavori, come grande artigiano politico.

Quando, dall’altra parte, l’opposizione appare molto indebolita…
Infatti. Quando è stato creato, nel 2007, il nuovo Partito Democratico (PD) partiva da tre principi: rispondere alla crisi italiana ed europea della sinistra; rispondere alla crisi di fiducia della società verso i partiti; semplificare la vita politica italiana aiutando a creare un nuovo bipolarismo – nuovo, ma che ci fa pensare alla coesistenza, negli anni settanta, di due giganti, la Democrazia Cristiana ed il PCI. Ora, per il PD, le elezioni sono arrivate troppo presto. Il risultato in sé stesso non è stato pessimo [33,2% dei voti], ha superato persino la somma dei due partiti che lo compongono, i Democratici di Sinistra, eredi degli ex-comunisti, e la Margherita. Ma oggi il PD soffre una crisi di identità, una crisi di strategia (bisogna affrontare senza tregua Berlusconi o fare un’opposizione responsabile?) e una crisi di leadership: Walter Veltroni è molto contestato… In base ai suoi risultati alle elezioni europee, la sua sorte rischia di essere chiusa per sempre. Ora, in Italia come nella sinistra francese, questa questione è determinante. Perché dall’altra parte, c’è un leader. La sinistra italiana è, oltretutto, di una timidezza sorprendente: da anni si attende che faccia delle riforme su alcune questioni sociali, i Pacs, per esempio. Non osa. Il PD ha paura della Chiesa.

C’è, dall’altra parte, un leader. Che ha addirittura creato e impresso nella società il proprio concetto, il berlusconismo.
Sì, la destra è sul punto di imporre una nuova egemonia culturale, la sua, questa associazione di valori fra modernità a tradizione. E questa è una rottura: fino ad ora la sinistra, in Italia come in Francia, è stata politicamente minoritaria ma culturalmente dominante. Oggi, di fronte al vuoto della sinistra, Berlusconi sta per vincere la battaglia dei valori ed imporre uno stile, rompendo con il lato benpensante della vecchia classe politica. Parlare in modo crudo, diretto, spesso volgare, circondarsi di donne provocanti dalle sconvolgenti scollature… Berlusconi può dire che dorme tre ore per notte e passa tre ore a fare l’amore… Il berlusconismo rischia di sopravvivere a Berlusconi.

Ci sono dei limiti al potere di Berlusconi?
Visto dalla Francia, si pensa che Berlusconi sia onnipotente e che ci sia la minaccia di una dittatura. In realtà esistono molti contro-poteri: la Costituzione, le forme stesse della democrazia italiana e dello stato di diritto incarnato dal Presidente della Repubblica. Giorgio Napoletano, come i suoi predecessori, non cessa di richiamare alle regole della Costituzione, e Berlusconi non può trasgredirle come vuole. E poi non è solo: fra i suoi alleati, Gianfranco Fini, il Presidente della Camera dei deputati, ha dissentito a più riprese, in questi giorni. Anche la Lega Nord cura anzitutto gli interessi del nord. Berlusconi deve fare delle mediazioni. Inoltre, la vita associativa è molto forte e si sa che può provocare una potente mobilitazione di piazza, poiché una parte della società resta ferocemente contraria a Berlusconi. Berlusconi ha molto potere, ma l’Italia non è una dittatura. E’ un paese che, per la sua storia e per il suo passato politico, si caratterizza per la tentazione permanente allo scontro, in una sorta di guerra civile, e per la ricerca continua di mediazioni. In Italia, come dice lo storico Sergio Romano, non c’è mai un vero vincitore né un vero vinto.
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