sabato 31 gennaio 2009

Sele, tre autorità di bacino per un fiume. E il Po, dieci volte più lungo? Una sola

In questo post vi è l’ennesimo esempio della gestione della cosa pubblica in un’ottica clientelare, che guarda caso avviene in Campania. Ciò non esclude che nel resto d’Italia le cose vadano in maniera analoga ma quanto meno non si superano i limiti della decenza come in questo caso.

SALERNO — Provate a immaginarveli, i due fiumi. Uno, il Po, è lungo 652 chilometri e ha un bacino che interessa ben otto regioni. L'altro, il Sele, di chilometri prima di gettarsi in mare ne deve percorrere appena 65, e in quanto a competenza è affare che interessa solo la Campania e la Basilicata. A immaginarli così come sono, tra i due non c'è ovviamente paragone. E invece, a spulciare tra leggi regionali, delibere, decreti e documenti vari, si scopre che occuparsi del Sele è una rogna che quelli del Po manco se la sognano. E sì, ché mentre per gestire il più importante fiume italiano è sufficiente una sola autorità di bacino, per il Sele — dieci volte più piccolo — ne servono addirittura tre. Una per sponda («Autorità di bacino destra Sele» e «Autorità di bacino sinistra Sele») e un'altra a collegare tutti, l'«Autorità di bacino interregionale del fiume Sele».

La storia, per chi in parte se la ricorda, ha un suo antefatto. È il gennaio di un anno fa, e in un provvedimento emesso nell'ambito di un'inchiesta su presunti concorsi truccati (quella che passerà alle cronache come l'indagine sul «sistema Udeur»), il giudice per le indagini preliminari di Santa Maria Capua Vetere solleva il caso. Scrive, Francesco Chiaromonte, che il secondo fiume della Campania e del Sud ha una particolarità. Come ogni fiume, il Sele ha due sponde.

E, come può accadere solo in Campania, ha un ente per ogni riva con il compito di gestire il corrispondente bacino. Le ragioni? «Francamente inimmaginabili», chiosa il gip. O forse no, visto che i due enti «svolgono autonomi concorsi e gare d'appalto per le ragioni più varie». Insomma, c'è il doppio dei posti. Quel che il giudice non sa (o, meglio, che è affare estraneo alle richieste su cui si deve pronunciare) è che le authority in realtà sono tre. Ci sono quelle di destra e di sinistra (l'ultimo è l'ente dove un ingegnere bocciato perché «troppo ignorante » verrà poi riciclato come geometra), ma c'è — soprattutto — l'autorità di bacino interregionale. Che ha un suo senso, per carità, dal momento che il bacino idrografico del Sele è questione che interessa anche la Basilicata. Ma che — messa accanto alle altre — fa un totale di tre authority per un solo fiume. Un po' troppo, se si pensa che per il Po ne basta una sola, seppur di rilievo nazionale. E che ci sia qualcosa che non vada lo conferma lo stesso assessore all'Ambiente della Regione Campania Walter Ganapini: «Tre autorità di bacino mi sembrano un'esagerazione, una è più che sufficiente ». L'ipotesi era quella di un accorpamento che salvaguardasse tutte le professionalità (beninteso, è il numero di enti a far discutere, non la capacità di chi ci lavora): il caso è finito all'attenzione del Ministero dell'Ambiente che sta riorganizzando il settore, già pronti i tagli. La storia delle tre autorità di bacino per un solo fiume è un racconto che parte quattordici anni fa e attraversa le giunte regionali d'ogni colore, dal centrodestra al centrosinistra. La motivazione ufficiale della loro creazione è l'«ottica di distribuzione provinciale », cioè quella di affidare ad ogni ente un bacino di competenza. «Ma la storia è tutt'altra», spiega Walter Ganapini, uno che almeno ha il coraggio di dire ciò che tutti all'interno delle autorità sussurrano ma che nessuno è disposto ad ammettere. E cioè che — come sospettava quel giudice un anno fa — la moltiplicazione delle authority risponde a una «logica clientelare».

Così, tanto per fare un esempio, è sufficiente andarsi a rileggere le linee guida alla base dei progetti stralcio di tutte e tre le autorità. L'obiettivo primario — ovviamente — è la tutela delle acque del fiume. Ognuno per la sua competenza. Ora, come si faccia a tutelare solo una parte di acqua che poi si mescola con l'altra confluendo nello stesso fiume è concetto che non viene spiegato in alcun documento: e non dev'essere cosa da poco, se lo stesso assessorato all'Ambiente reputa «decisamente più opportuna» una gestione unificata. Cioè un solo ente. Un solo ente, tra l'altro, consentirebbe anche un significativo «risparmio di risorse». E sì, perché queste strutture, ovviamente, costano. E i costi, nel caso del fiume Sele, sono moltiplicati per tre. L'«Autorità di bacino sinistra Sele», nel 2008, ha sottoscritto tre consulenze ed erogato fondi ad altri 45 esperti di cui si è avvalsa: una spesa complessiva di 183.330 euro e 41 centesimi, con compensi che arrivano fino ai 26.910 euro riconosciuti con la «determina » numero 89/2008 a un'ingegnera che s'è occupata del «rischio idraulico». Sull'altra sponda del fiume, di consulenze pubbliche non c'è traccia. C'è invece un appalto — relativo al «Piano stralcio per la tutela della costa» — assegnato il 31 maggio 2007 a un'associazione temporanea di imprese composta da Vams ingegneria srl, Cspan srl e Progettazioni integrate srl. Un altro bando da 185.000 euro («Aggiornamento del vigente piano stralcio per l'assetto idrogeologico del territorio») doveva scadere il 21 aprile 2008. A chi cercasse informazioni sul sito ufficiale dell'autorità di bacino, risulterà invece ancora attivo. I consulenti, ovviamente, li utilizza anche l'autorità interregionale. E, a seconda dell'esperienza e della competenza necessarie per i singoli incarichi, si avvale di professionisti diversi. Ci sono i junior, che guadagnano 150 euro ogni ventiquattr'ore e lavorano 156 giorni, per un totale di 23.000 euro. E ci sono i senior, che ovviamente costano di più. Quanto? Lo rivela un decreto del 28 marzo 2007 che ha come oggetto proprio la «nomina dei consulenti senior »: percepiscono 250 euro (cioè più o meno mezzo milione di lire del vecchio conio) al giorno, per un totale di 13.000 euro in 52 giorni, tetto massimo di permanenza. I contratti specificano che si tratta di un «incarico occasionale» (le consulenze lo sono per loro natura), ma non escludono espressamente che se ne possa ottenere un altro successivamente. Soldi per le authority arrivano anche dai fondi europei attraverso la linea di co-finanziamento del programma comunitario Life. Solo che — in questo caso — non sempre i progetti hanno il via libera. E così accade ad esempio che, quando l'autorità di bacino interregionale elabora il «Progetto trota» e stima in 620.000 euro i fondi necessari al suo finanziamento, dall'altro lato rispondano picche. Con tanto di (diplomatica?) motivazione ufficiale: «Mancanza di fondi».

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/economia/2009/14-gennaio-2009/sele-tre-autorita-bacino-un-fiume--150896915346.shtml

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