martedì 20 dicembre 2011

Lotta al clan Mallardo

Sequestrati beni per 50 milioni di euro
GIUGLIANO. Ottantaquattro immobili (38 terreni edificabili e 46 fabbricati di pregio), ubicati in provincia di Latina, Napoli e Cosenza, 6 aziende, con sede nelle province di Napoli e Latina, operanti nel settore del commercio di autoveicoli e nel settore edilizio-immobiliare; quote societarie di un operatore economico operante nel settore della gestione di stabilimenti balneari; 15 auto e motoveicoli e 32 rapporti finanziari. Ammonta a 50 milioni di euro il valore dei beni sequestrati ieri nell’ambito dell’operazione ‘Tahiti’. I fratelli Giuliano, Michele e Luigi Ascione sono accusati dei reati di associazione a delinquere di stampo camorristico e di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalita’ mafiose. Effettuate 25 perquisizioni durante il blitz a cui hanno partecipato all’alba di ieri 16 reparti della guardia di finanza, impiegati 140 finanzieri, utilizzate 50 autovetture e un elicottero.

Il valore delle quote societarie ammontano a 219mila euro, sette le società, tra cui due ditte individuali, operanti nel settore del commercio di auto e nell’edilizia. Tra queste c’è il 20% del capitale sociale della ‘Tahiti administration service Srl’, società che gestisce lo stabilimento balneare di Fondi. Sotto chiave anche le ‘Autovia, Asci-1’, concessionarie di auto sia a Formia che a Giugliano sulla Circumvallazione esterna. In particolare, secondo gli inquirenti, la famiglia Ascione era legata a Domenico Dell’Aquila, uno dei fratelli di Giuseppe Dell’Aquila finito in carcere nel maggio dell’anno scorso.

‘Tahiti’ l’ultima delle 4 operazioni che hanno colpito al cuore il clan Mallardo.Arcobaleno. E’ la prima delle operazioni risalente al marzo 2010 furono eseguite 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere e sequestrati beni per 500 milioni di euro di beni tra terreni, società, barche e conti corrente.
Caffe’ macchiato. Lo scorso maggio furono eseguite altre otto ordinanze e disposto il sequestro di altri 600 milioni di euro di beni nell’ambito dell’operazione ‘Caffè macchiato’ grazie a cui fu possibile accertare il coinvolgimento del capoclan Feliciano Mallardo nella gestione del caffè Seddio negli esercizi commerciali di Napoli e Provincia.
Aquila reale. Infine nello scorso ottobre fu arrestato un altro prestanome dei Mallardo ed eseguito un ennesimo sequestro pari a 200 milioni di euro di beni. In tutte quattro le operazioni è stata sottolineata dagli inquirenti la capacità speculativa dei Dell’Aquila, che, unita ad un’intensa forza intimidatoria, ha consentito al gruppo criminale investigato di infiltrarsi nel tessuto imprenditoriale non solo della Regione Campania, ma anche del basso Lazio e dell’Emilia Romagna, dove sono stati sistematicamente reimpiegati in vari settori economici ingenti capitali di provenienza illecita. Infatti, attraverso una serie di prestanome legati da vincoli affaristico-criminali ed anche da legami di parentela, la famiglia Dell’Aquila è riuscita ad investire notevoli risorse finanziarie, frutto delle svariate attività criminali del clan, nel settore immobiliare, edilizio, turistico-alberghiero, nel commercio di autovetture e nella gestione di parchi di divertimento, così inserendosi nei circuiti dell’imprenditoria legale e condizionando la libera concorrenza tra le imprese (regolari) operanti sul mercato.       
Mallardo: il sistema di un clan a due facce
GIUGLIANO. Cemento, commercio di autoveicoli e truffe assicurative. Sono i tre campi in cui operano insospettabili imprenditori al soldo del clan Mallardo per riciclare i soldi della cosca derivanti dalle attività illecite. Professionisti, colletti bianchi, imprenditori a cui sono intestate quote di società grandi e piccole. Così funziona il sistema del riciclaggio di denaro nel clan Mallardo, uno dei più potenti nell’area occidentale di Napoli come affermato solo pochi giorni fa dal procuratore Sandro Pennasilico, a capo della procura di Napoli ad interim dopo il pensionamento di Lepore. Un clan a due facce quello dei Mallardo, capace da una parte di racimolare ingenti somme di denaro attraverso il racket, il traffico di droga e le grosse speculazioni edilizie, grazie a una forte permeabilità nel tessuto socio-politico locale, come dimostrano le recenti inchieste, e dall’altra di ‘girare’ i soldi a persone insospettabili a cui vengono affidati i compiti di crescere il fatturato della cosca in modo ‘legale’. A penetrare nel basso Lazio con ingenti investimenti economici è stato il gruppo facente capo a Giuseppe Dell’Aquila. A Giugliano, invece, resta attiva la piovra dei Mallardo che forniscono denaro non solo a imprenditori e professionisti, ma anche a pensionati e personaggi con un reddito apparentemente normale a cui vengono affidate attività commerciali piccole e grandi. Negozi che aprono e chiudono nel giro di pochi anni, a volte mesi, che non pagano il pizzo poichè sono gestite, direttamente o attraverso interposte persone, direttamente dal clan. E proprio intrecciando i movimenti economici e bancari gli inquirenti sperano di individuare altri imprenditori al soldo del clan, proprio come erano i fratelli Ascione.

L'amarezza del Pm: i beni confiscati utilizzati solo al 10%.“E’ l’ultima di quattro operazioni condotte nell’ultimo anno e mezzo nei confronti del clan Mallardo, grazie alle quali si sono sequestrati beni per un valore di 1,3 miliardi di euro. Emerge ancora una volta la capacità dei sodalizi criminali di estendersi al di fuori dei confini della regione. Siamo preoccupati perchè abbiamo contezza del fenomeno. Serve l’impegno di tutti perchè si tratta di un problema su scala nazionale”. E’ quanto affermato dal procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico nella conferenza stampa di ieri mattina in Procura. Il magistrato non nasconde “una punta di amarezza, perchè nonostante il massiccio ricorso ai sequestri, molti dei quali si traducono in confische, la capacità dello Stato di utilizzare queste risorse si riduce al 10%”. Pennasilico denuncia anche i tagli al settore “e le ristrettezze economiche e di personale nelle quali siamo costretti a operare. Nel lungo periodo, senza un inversione di tendenza, sarà difficile continuare a ottenere questi risultati. L’età media dei nostri amministrativi è di 58 anni e non c’èturn over”. Per il colonnello Virgilio Pomponi, comandante nucleo polizia tributaria di Roma, “l’operazione dimostra l’importanza dell’utilizzo delle indagini finanziarie per ricostruire i patrimoni dei clan e i rapporti con i prestanome”. Il gruppo facente capo ai fratelli Ascione, spiega tenente colonnello Andrea Fiducia della tributaria, operava nel basso Lazio con attività apparentemente estranee a logiche criminali. Era una costola del clan che si era infiltrata sul territorio grazie ai legami con Giuseppe Dell’Aquila, il boss arrestato nel corso di un’altra operazione contro la ‘famiglia’ di Giugliano in ambito laziale. “Si tratta di imprenditori dalla faccia apparentemente ‘pulita’ - precisa - ‘colletti bianchi’, che investivano a vantaggio dei clan nei settori delle costruzioni, della vendita di immobili e del commercio di autoveicoli”. E proprio sui colletti bianchi che si stanno concentrando le indagini della Dda di Napoli i quali stanno passando al setaccio conti correnti bancari di persone ritenute vicine al clan di Giugliano.
http://www.internapoli.it

Nessun commento:

Posta un commento