sabato 13 novembre 2010

Carriera al silicone

Articolo di , pubblicato sabato 6 novembre 2010 in Svezia.

Forse la letteratura riuscirà ad opporre resistenza alla “tettificazione” dell’Italia.

Il regalo più gradito dalla gran parte delle ragazzine italiane dopo l’esame di maturità è un paio di seni siliconati. Sempre più spesso i genitori esaudiscono i desideri delle loro figlie. Infatti, con dei seni siliconati si può fare molta strada in Italia. Possono essere utilissimi per la foto da allegare al proprio curriculum, ad esempio. E agli esami universitari – quasi sempre orali – con quegli insegnanti noti per “squadrare le ragazze”. Ma, più di tutto, un bel paio di seni siliconati possono portare una giovane donna fino in paradiso. Cioè in tivù.
Molti conoscono ormai il formato standard della televisione italiana: un anziano in giacca e cravatta circondato da uno sciame di donnette mezze nude. L’abbiamo visto recentemente nel fantastico documentario di Erik Gandini, “Videocracy”. Lo stesso anno, nel 2009, è uscito un corto documentario per la tivù fatto da tre giornalisti italiani, “Il corpo delle donne”, ovvero il montaggio di scene di programmi diversi durante un giorno qualsiasi. Cose che si fanno vedere all’ora in cui i bambini tornano da scuola. Cose che si guardano all’ora di cena, con la famiglia riunita in cucina davanti alla tivù. Cose con le quali la mia nonna italiana di 91 anni si addormenta la sera seduta in poltrona.
In realtà sono cose viste e straviste, messe da parte con sdegno insieme a un sospiro di rassegnazione. Quando però le si guarda così, compresse come ne “Il corpo delle donne”, c’è da star male. Alcuni esempi presi dal film:
una ragazza stretta in un vestito succinto viene rinchiusa in una gabbia trasparente sotto un tavolo, in funzione di gamba dello stesso; un conduttore dà uno scappellotto a una valletta e commenta: “non c’hai neanche il cervello”; una donna con addosso solo un paio di mutandine penzola da un gancio per prosciutti e riceve il marchio di approvazione sul sedere.
Dov’è finita la resistenza? Le donne italiane non sono certo famose per essere delle mammolette. Nonostante negli anni ’70 il movimento femminile fosse forte e vitale, a definirsi femministe oggi sono in pochissime. Chi prova ad indignarsi nei confronti dell’immagine della donna sui media viene subito etichettato come noioso moralista. Delle invidiose, ecco. È per questo che anche donne meno giovani ricorrono oggi ad un po’ di “lifting”. Serie giornaliste televisive con nasi miniaturizzati, labbra giganti e lineamenti del volto stirati al massimo.
Forse la resistenza verrà dalla letteratura? In primavera è uscito l’eccellente romanzo “Acciaio”, che tratta di due bellissime ragazzine tredicenni e di ciò che succede quando i riflettori dei maschi si dirigono verso i loro fiorenti corpi. Il romanzo ha vinto il prestigioso premio Campiello e l’evento è stato trasmesso in tivù. Quando la giovane scrittrice, Silvia Avallone, stava per ricevere il premio, il conduttore Bruno Vespa ha cominciato a gridare al cameraman: “Prego inquadrare lo spettacolare decolleté della signorina”.
È inevitabile provare nostalgia per la leggendaria attrice Anna Magnani, che durante le riprese del film di Pasolini ”Mamma Roma”, al momento del trucco per una scena, sbottò: “Lasciamele tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una, che ci ho messo una vita a farmele!”

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