sabato 4 settembre 2010

Deficit Campania: 13 miliardi di debiti

Giulio Di Donato (Il Velino): Assistenzialismo, clientelismo e sprechi di ogni genere, hanno portato la nostra regione sull’orlo del fallimento


NAPOLI. E’ francamente inspiegabile come dinanzi al disastro delle finanze regionali della Campania non sia ancora intervenuta la Corte dei Conti. In dieci anni le giunte di centro sinistra hanno prodotto un deficit di tredici miliardi di euro, una cifra enorme che, insieme allo sforamento del “patto di stabilità” per un altro miliardo e cento milioni di euro, impone oggi a Caldoro non solo tagli drastici ma anche la riduzione degli stipendi dei dipendenti regionali che, in Campania, sono il doppio di quelli della Lombardia e che si vedranno privati del cosiddetto “salario accessorio”, ben 70 milioni di euro, che le precedenti giunte erogavano al personale per aumentarne la “produttività”(sic). Sprechi, sperperi, clientelismi ed assistenzialismi di ogni genere, hanno portato la nostra regione sull’orlo del fallimento. Tutto ciò è stato certificato dagli ispettori del ministero del Tesoro in una relazione che ci auguriamo possa essere portata all’attenzione del Parlamento per “certificare” i danni causati da dieci anni di centro sinistra nella più grande regione del mezzogiorno. Dinanzi a questo sfascio lasciato in eredità da Bassolino e che l’anno prossimo troverà in misura forse anche maggiore chi arriverà a San Giacomo dopo la Iervolino e le sue sciagurate giunte, la linea del rigore (che si dovrebbe sempre rispettare soprattutto in tempi di vacche grasse), diventerà una cura da cavallo che costringerà la Campania e la città di Napoli a stringere la cinghia. Cura dolorosissima ma indispensabile per realizzare quella rivoluzione senza la quale il sud è fuori, e cioè rendere la spesa pubblica in tutti i suoi aspetti assolutamente produttiva. Per ogni euro investito in termini di opere o di servizi bisognerà infatti certificare la resa, l’”utile”in termini di vantaggi economici, sociali, civili, culturali ecc. O ci si mette su questo binario o si rischia oltre il default al quale siamo vicinissimi anche lo sganciamento del nostro vagone dal convoglio di una Italia che, giustamente, non tollera più la zavorra di un sud sfregiato dal malgoverno di una sinistra senza idee, un progetto, una sia pur minima cultura di governo.
In questi anni la Sanità è diventata una immonda fabbrica di voti, la formazione un enclave clientelare (solo per l’ex progetto isola ora bros sperperati 55 milioni di euro senza alcun vantaggio formativo), i fondi Ue l’occasione per distribuire a pioggia un fiume di danaro che speso diversamente avrebbe potuto innescare progetti di sviluppo, e così via. In più Regione, Comuni e Provincie hanno creato centinaia di centri di spesa, tra società miste (solo nell’iperindebitato Comune di Napoli ben diciotto partecipate!), consorzi ed altre istanze varie, il cui scopo prevalente è stato quello di nominare amici e sodali nei consigli di amministrazione ed assumere a chiamata diretta parenti e clienti con un rapporto costi/benefici nullo. Uno sperpero indicibile di pubblico danaro con fenomeni corruttivi diffusi e nessuna resa. Non solo, ma addirittura un disastro come nel caso della raccolta dei rifiuti. In questi anni infatti il divario nord – sud è cresciuto, il pil campano è ritornato ai livelli di venti anni fa e la disoccupazione è cresciuta più che in altre regioni. E mentre emerge tutto ciò, a Pomigliano la minoranza Fiom ed un residuo di conflitto ideologico impedisce il rilancio dello stabilimento con la produzione della Panda in nome della difesa di diritti che sono stati abusati fino a diventare inaccettabili privilegi sindacali. La questione meridionale non sarà solo questa ma, certo, tutto questo diventa dominante quando ci si rivolge alla Comunità nazionale per chiedere aiuto. Allo stato delle cose non abbiamo le carte in regola per chieder al Paese uno sforzo aggiuntivo per il mezzogiorno se prima non dimostriamo con i fatti la volontà di cambiare. Il nuovo governo regionale mostra di volersi muovere lungo questa difficile ma ineludibile linea. Collaborare a questa opera di risanamento propedeutica per il rilancio economico e civile della nostra regione, per la sinistra, oggi all’opposizione, sarebbe l’occasione per dimostrare che è consapevole degli errori commessi, che si è depurata dal bassolinismo e che vuole recuperare un proprio ruolo virtuoso in una realtà portata sull’orlo dell’abisso.(Giulio Di Donato - 31/08/2010 - ilvelino.it)
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