sabato 2 luglio 2016

Pistole puntate in faccia ai bambini. La guerra di Camorra a Napoli non risparmia nessuno

NAPOLI. Quattro scorribande armate nel cuore del Rione Traiano contro le abitazioni di due affiliati al clan Tommaselli in libertà, ieri la sentenza di primo grado nei confronti di Alfredo Sarianiello, 47 anni, Cesare Mautone di 25 anni, Vincenzo Mennone, 26 anni e Antonio Marra. I quattro erano accusati di concorso in minacce armate con l’aggravante mafiosa. Ieri con la decisione del giudice si è chiusa la prima fase del processo che ha visto Alfredo Sorianiello condannato a 5 anni, e tre anni e dieci mesi nei confronti di Mautone, Mennone e Marra. Il blitz scatto il 17 dicembre scorso quando Alfredo Sorianiello, reggente del clan Grimaldi di Soccavo fu bloccato in una comunità a Montenero di Bisaccia in provincia di Campobasso. Con lui furono arrestati il nipote Cesare Mautone e Vincenzo Mennone. Quest’ultimo, inizialmente sfuggito alle manette, fu rintracciato il giorno dopo. A dicembre riuscì a farla franca Antonio Marra, arrestato poi l’11 febbraio scorso a Trentola Ducenta là dove si nascondeva da circa due mesi. Le scorribande armate sono avvenute il 28 febbraio 2015 e a seguire, il 7 marzo, il 7 giugno e il 17 novembre. Nel mirino c’era soprattutto Francesco Minichini, fratello di Maurizio, ma entrambi non hanno avuto alcun ruolo nell’omicidio di Fortunato Sorianiello, il 13 febbraio 2014. A contribuire alle indagini la denuncia di una donna imparentata con gli obiettivi dei raid. In un’occasione ai due bambini, figli della donna che ha dato la svolta alle indagini, sono state mostrate e puntate le pistole in via Catone da uomini in sella a ben sei motociclette. Secondo l’accusa il ras Alfredo Sorianiello voleva vendicarsi, prendendosela con gli unici due affiliati al clan Tommaselli in libertà, del figlio Fortunato. E così insieme con i suoi accoliti aveva preso di mira l’intera famiglia. L’inchiesta si è avvalsa pure della collaborazione di un neo pentito, Emilio Quindici, il quale ha puntato il dito contro il boss detenuto Carlo Tommaselli per l’agguato nel salone di barbiere in cui perse la vita il primogenito di “’o nir nir”. Le indagini sulle scorribande armate, con tanto di minacce alla donna e ai figli minorenni, furono condotte dai poliziotti di San Paolo in pochi mesi.

FONTE: IL ROMA

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