lunedì 1 luglio 2013

Usa, il New York Times cataloga i principali i gesti degli italiani: «Tutto potrebbe essere nato a Napoli»

NEW YORK - «Nel grande teatro all'aperto che è Roma i personaggi parlano con le mani almeno quanto con la bocca»: oggi il New York Times dedica un servizio interattivo al gesticolare degli italiani.

Un video e un piccolo vocabolario in foto accompagnano la lezione, giusto in tempo per assistere gli americani in partenza per il Belpaese: dal classico delle quattro dita che incontrano il pollice ('che vuoi da me?' o 'non sono nato ierì) alla mano che scivola sotto il mento ('me ne fregò), gli abitanti della penisola usano i gesti con «invidiabile elegante coordinazione» per enfatizzare quanto stanno dicendo in una conversazione, parlando al cellulare, o mentre fumano una sigaretta, perfino nel caos del traffico all'ora di punta. I gesti non sono solo dell'uomo della strada: fanno parte integrante dello spettacolo politico. 

Il New York Times contrasta quelli di Silvio Berlusconi, «un famoso gesticolatore», con le mani intrecciate posate sulla scrivania di Giulio Andreotti: «Un sottile segnale di deterrenza, che indicava il tremendo potere che il sette volte primo ministro avrebbe potuto dispiegare se fosse stato necessario», scrive Rachel Donadio, l'inviata da Roma del quotidiano.

Isabella Poggi, psicologa a Roma Tre, ha identificato circa 250 gesti che gli italiani usano nella conversazione di tutti i giorni per enfatizzare minaccia o auspicio, disperazione, orgoglio o vergogna. Sono azioni delle mani che i connazionali di Dante hanno nel sangue: una teoria sostiene che gli italiani li hanno sviluppati negli anni delle occupazioni straniere (austriaci, francesi, spagnoli tra 14esimo e 19esimo secolo) come modo di comunicare senza farsi capire dai nuovi padroni. 

Secondo Adam Kenton, direttore della rivista Gesture, città sovrappopolate come Napoli potrebbero essere state la culla del gesticolare italiano: «Un modo per attirare l'attenzione usando anche il corpo». Mentre la Poggi ricorda la tesi dell'archeologo dell'Ottocento Andrea De Iorio che aveva trovato analogie tra i gesti contemporanei e quelli usati dalle figure dipinte sui vasi greci: «I gesti - ha sottolineato la studiosa - cambiano meno delle parole».

http://www.ilmattino.it

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