martedì 9 luglio 2013

lotta ai casalesi

Imponevano il caffè nel Casertano: arrestati
CASERTA. I carabinieri della compagnia di Casal di Principe, coordinati dalla Dda di Napoli, hanno arrestato Paolo Pietro Venosa, 42 anni, e Daniele Costagliola, 35 anni, per estorsione continuata e di illecita concorrenza, aggravati dal metodo mafioso.
Secondo gli investigatori, i due, a partire dal gennaio 2013 e con condotta perdurante, minacciando i gestori di diversi esercizi pubblici dell’agro aversano e avvalendosi della forza intimidatrice determinata sul territorio dall’organizzazione camorristica del clan dei casalesi, avrebbero costretto i commercianti ad acquistare una determinata marca di caffè, a condizioni economiche meno vantaggiose di quelle offerte dal precedente fornitore.

Il precedente fornitore di caffè veniva così estromesso dalle forniture e era costretto a subire l’ulteriore danno dell’impiego delle proprie apparecchiature - date in uso all’esercente - per la preparazione del caffè. Tale attività illecita garantiva, come dichiarato da alcuni collaboratori di giustizia,  importanti entrate economiche nelle casse del sodalizio dei casalesi della fazione Venosa. Gli indagati, infatti, secondo quanto è emerso dalle indagini, costringendogli esercenti di San Cipriano e dei  paesi limitrofi ad acquistare, con cadenza mensile, e a prescindere dall’effettivo consumo, una confezione 50 cialde di miscela di caffè, conseguivano un profitto mensile di circa 15mila euro.

Nel corso dell’operazione sono state anche eseguite perquisizioni in torrefazioni di caffè dell’agro aversano, finalizzate ad accertare l’eventuale coinvolgimento dei loro titolari nell’attività criminale. E’ da evidenziare che durante le indagini si è registrata la collaborazione di diversi commercianti della provincia di Caserta, che hanno così manifestato di aver acquistato fiducia nelle istituzioni, iniziando a denunciare gli episodi di cui erano stati vittime.

Camorra, sequestrate case-bunker a fedelissimo di Zagaria (08/07/2013)
CASERTA. Appartamenti e altri beni, per un valore di 1,5 milioni di euro, sono stati sequestrati a Massimo Di Caterino, ritenuto elemento di spicco del clan dei casalesi e luogotenente del boss Michele Zagaria.
Di Caterino, 41 anni, alias “’O Pistuol”, fu arrestato proprio a Francolise, nella frazione di Sant’Andrea del Pizzone, dalla mobile casertana, il 6 ottobre scorso, insieme ad un fiancheggiatore, Massimiliano Iossa, 35 anni, operaio, che ne aveva curato l’ultimo periodo della latitanza, per spostamenti e sostentamento.
Al momento dell’irruzione faceva immediatamente seguito un’attenta perquisizione di tutto l’immobile, nel corso della quale il latitante veniva scovato all’interno di una stanza adibita a camera da letto, il cui portoncino in legno era chiuso a chiave dall’interno, in compagnia della moglie. La stanza era posta sul lato destro del cortile e presentava un bagno immediatamente all’esterno del portoncino d’ingresso, lato destro.
Per quanto riguarda gli interni, la camera era in perfetto stato d’uso con un letto matrimoniale, tre lettini singoli pieghevoli, un camino, armadi con vestiti, una macchinetta per caffè a cialde e un box doccia dal quale si accedeva al nascondiglio con un telecomando, trovato in possesso del ricercato. Venivano trovati e sequestrati anche un’arma da fuoco, con relativo munizionamento, somme di denaro, “pizzini” ed altro materiale di indubbio interesse investigativo.
Di Caterino era irreperibile dal 2010 quando fu emessa nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa, estorsione e altri reati. In quell’occasione riuscì a sfuggire all’arresto, mentre vennero catturati alcuni suoi congiunti e imprenditori vicini al clan. L’operazione mise in evidenza la rete di protezione di cui beneficiava Michele Zagaria, all’epoca latitante da oltre 14 anni.
Successivamente alla cattura di Di Caterino, la magistratura antimafia delegava il Gico della Guardia di Finanza di Napoli e la mobile di Caserta accertamenti patrimoniali da cui emergeva un’evidente sproporzione  tra i redditi dichiarati da Di Caterino e dagli appartenenti al suo nucleo familiare e il valore di mercato di vari immobili, alcuni abusivi, elegantemente arredati, che erano nella loro disponibilità. Si tratta di 11 unità immobiliari situate a Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Orta di Atella, un terreno, tre autovetture e rapporti bancari.
Nelle abitazioni di San Cipriano e Orta di Atella, tra l’altro, erano stati realizzati due nascondigli, abilmente occultati e azionati da telecomandi, utilizzati da Di Caterino durante il periodo di latitanza.
Dalle indagini è emerso il ruolo di altre due persone, Crescenzo e Francesco Di Letto, rispettivamente amministratore e socio di una concessionaria di auto Peugeut, “Mida Cars srl”, con sede a Frattaminore (Napoli), indagate per favoreggiamento personale con l’aggravante mafioso di aver favorito Di Caterino, consegnandoli somme di denaro, giustificate quali corrispettivi di un rapporto di lavoro, secondo gli investigatori, rivelatosi fittizio.

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