domenica 1 luglio 2012

Omicidio Miano, la ricostruzione: quattro colpi, uno in bocca il messaggio per i "traditori"

di Leandro Del Gaudio
NAPOLI - Quattro colpi esplosi a distanza ravvicinata: tre al viso, uno dei quali in bocca; il quarto, invece - il probabile colpo di grazia - esploso all’altezza della nuca. Avrebbe compiuto diciannove anni tra due mesi, Marco Riccio, l’ultima vittima dell’interminabile faida per la droga nella periferia nord di Napoli.

Ucciso in via Miano, colpito a morte da persone di cui si fidava, punito - forse - da esponenti del suo stesso gruppo criminale.

Piccolo spacciatore - meno di un anno fa fermato e rilasciato nel corso delle indagini successive a una rapina a Secondigliano -, Marco Riccio diventa vittima di una rappresaglia giustizialista decisa all’interno del gruppo della cosiddetta «vannella grassa», la zona di Secondigliano stretta tra corso Italia, via Dante e piazza Zanardelli. Che succede in terra di faida? Perché uccidere un personaggio giovanissimo e apparentemente lontano da posizione di vertice? Perché quei colpi all’altezza del viso e della bocca?

Tante ipotesi sul taccuino degli inquirenti, parlano al momento i fatti di cronaca: appena qualche giorno fa, l’arresto di Fabio Magnetti, uno dei soggetti di spessore del gruppo della «vannella», personaggio cresciuto attraverso la faida di Scampia del 2004 e del 2005 (aveva appena 14 anni, all’epoca), ma anche attraverso la cosiddetta scissione dei cosiddetti «girati» del 2007, con l’ingresso nel cartello degli scissionisti a colpi di morti ammazzati consumati contro i Di Lauro. Dinamiche in cui Marco Riccio potrebbe essere rimasto imbrigliato.

Si parte dall’arresto del 23enne Magnetti, per cercare di capire: quattro giorni fa, le forze dell’ordine fanno irruzione in un covo ritenuto inaccessibile, a prova di talpa, finisce così in manette uno dei capi della «vannella». La scorsa notte, poi, l’agguato in cui viene ucciso Marco Riccio. Decisioni fulminee, che potrebbero portare la firma proprio del gruppo di fuoco della zona dei cosiddetti «girati». Giovani all’anagrafe - età media trent’anni- ma esperti da un punto di vista criminale, da mesi almeno una quindicina di personaggi al centro dell’attenzione di polizia e carabinieri.

Negli ultimi tempi, hanno assunto una posizione autonoma, rispetto ai cartelli degli scissionisti (che fanno capo agli Amato-Pagano) e del clan Di Lauro (riconducibile all’ormai famigerato «F4», il latitante Marco Di Lauro, quarto figlio di Paolo Di Lauro). Sono loro l’ago della bilancia, hanno assunto spessore e hanno costruito una sorta di patto di non belligeranza con gli antichi alleati dei Di Lauro, mantenendo le distanza rispetto agli scissionisti che vantano, al momento, la presenza nelle proprie fila del latitante Mario «Mariano» Riccio (non è parente del ragazzo ucciso l'altra notte).

Scenario fluido, sempre critico, difficile da ingabbiare. Dopo anni di contrapposizione, da qualche mese potrebbe essere nato un terzo gruppo accanto a scissionisti e dilauriani. Quelli della «vannella», quelli dei «Magnetti-Petriccione», quelli che hanno subito di recente l’arresto di uno dei capi e che ora sono pronti a ribadire le proprie regole, dentro e fuori i propri confini criminali.

Un terzo polo, fondato su una logica elementare. Quella economica, prima ancora che militare: a pochi passi dal corso Secondigliano, la zona della «vannella» è diventata negli ultimi anni una piazza importante di spaccio, lontano dalle Vele e dagli zombie che si aggirano sotto le rampe dell’asse mediano. Una porta d’accesso da difendere lontano da logiche di appartenenza, una sorta di enclave tra vecchi e nuovi rivali, dove aveva provato a recitare un ruolo anche il diciannovenne raggiunto la scorsa notte dall’ultimo agguato in terra di faida.


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