lunedì 6 febbraio 2017

Il capoclan prendeva la percentuale sui morti. Superboss dei casalesi socio occulto di una società di pompe funebri

CASERTANO. Sarebbe riuscito a conservare il controllo di parte degli introiti di una società di pompe funebri nonostante si trovi in carcere da 24 anni. Francesco Bidognetti per il gip di Napoli sarebbe il reale proprietario di alcune quote della società di onoranze funebri gestite da Vincenzo Martino.

Lui, il boss storico dei Casalesi, sarebbe il percettore di una quota dei profitti dell'impresa La Concordia srl di Vincenzo Martino, indagato a sua volta nell'inchiesta. Per il gip del tribunale di Napoli il capoclan sarebbe riuscito a mantenere il controllo delle quote occulte nel settore anche dopo il cambio di nome dell'azienda di Martino in Caronte Funebri srl -scrive Cronache di Napoli - Intestazione fittizia per il clan la contestazione per il boss, l'imprenditore e la figlia del boss, Katia Bidognetti. Stando alla prospettazione del pm, che in relazione alla contestazione non ha avanzato richiesta di misura cautelare per l'imprenditore Martino, il reato si sarebbe consumato a partire dal 2008 con condotta perdurante. 

Bidognetti avrebbe intestato fittiziamente ad alcuni soci di comodo le sue quote societarie sino alla recente trasformazione delle società e continuava a percepire, per il gip, "per il tramite del Martino ed altri soggetti non identificati, i relativi dividendi attraverso la materiale consegna a sua figlia Katia Bidognetti ". Martino, sostiene la Dda di Napoli, il 18 settembre del 2009, costimi la nova società di trasporti funebri ma la condotta contestata a Bidognetti arriva fino ai nostri giorni, visto che la condotta criminale del boss viene definita dal gip come 'perdurante'. D retroscena è emerso nell'ambito delle indagini condotte dalla Dia che sono sfociate nei 31 arresti eseguiti l'altro ieri. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, ricettazione ed estorsione, delitti questi ultimi aggravati per aver favorito il clan dei Casalesi o per essersi avvalsi di metodi mafiosi.

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