giovedì 25 settembre 2014

“Che cos’è la cazzimma?”: ce lo spiega l’Accademia della Crusca

“Come te lo spiego in italiano?”. Quante volte ci siamo trovati a pronunciare una frase del genere dopo un termine dialettale particolarmente ostico. E non per ignoranza lessicale, ma proprio perché il dialetto nasconde terminologie spesso intraducibili nella lingua standard nazionale. Una di queste locuzioni è sicuramente la “cazzimma” di napoletana derivazione, “espressione napoletana diffusa soprattutto nel lessico giovanile campano”, scrive l’Accademia della Crusca.

Ed è la prestigiosa istituzione linguistica e filologica Cinquecentesca a fornirci alcune delucidazioni sulla “traduzione” di questa parola e sul suo significato.

UN INDIVIDUO CHE SA CAVARSELA – Rispondendo alla domanda di un lettore romano, l’Accademia traduce “cazzimma” con “furbizia opportunistica. Colui che ‘tiene la cazzimma’ è propriamente un individuo furbo, scaltro, sicuro di sé, è il dritto che sa cavarsela, anche se ciò comporta scavalcare gli altri”. Nel suo excursus, l’Accademia cita anche il celebre verso di una canzone di Pino Daniele, “A me me piace ‘o blues”: “Tengo ‘a cazzimma e faccio tutto quello che mi va”. E lo stesso cantautore napoletano spiega come la cazzimma sia “la furbizia accentuata, pratica costante di attingere acqua al proprio mulino, in qualunque momento e situazione, magari anche sfruttando i propri amici più intimi, i propri parenti”. Come si vede un unico termine di appena otto lettere nasconde un mondo intraducibile in una sola parola italiana.

L’ORIGINE – Circa l’etimologia del termine, l’Accademia scrive che, secondo Renato De Falco, sarebbe nato nel linguaggio studentesco e adolescenziale intorno agli anni ’50, che se “le accezioni di cazzimma fin qui segnalate sono senz’altro della seconda metà del Novecento”, da quando cioè Pino Daniele scrive, negli anni ’80, la canzone citata poco fa. “È probabile – continuano i filologi della Crusca – che la parola esistesse già prima nel dialetto partenopeo, seppur con un altro significato. Il lessico giovanile napoletano, infatti, è spesso ripreso dal dialetto, anche se le voci dialettali nel passaggio al gergo conoscono notevoli mutamenti semantici. Tra i giovani campani sono molto diffuse, ad esempio, parole come pariare 'divertirsi' o chiattillo 'figlio di papà', che, tuttavia, in queste accezioni sono neologismi novecenteschi, poiché i significati dialettali originari di pariare e chiattillo sono rispettivamente quello di 'digerire' e di 'piattola, parassita'.

Marco Grimaldi http://www.campaniasuweb.it/

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