lunedì 10 settembre 2012

Assedio a Scampia, la spending review. I clan tagliano gli stipendi agli affiliati

di Daniela De Crescenzo
NAPOLI -Turni notturni, stipendi dimezzati, welfare ridotto all’osso: l’azienda è in difficoltà e i dipendenti soffrono. Ma a creare problemi agli Spacciatori Associati di Scampia non è la crisi economica. A loro i clienti non mancano: anche se in giro ci sono meno soldi i tossicodipendenti continuano a consumare e sono pronti come sempre ad ammazzarsi per una dose: non gliene frega niente se la nuova faida li espone al rischio di trovarsi coinvolti in una sparatoria, per una dose sono pronti a correre qualsiasi pericolo.

Il problema della camorra spa nasce dalla decisione delle forze dell’ordine di presidiare in massa le piazze dello spaccio. Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, unite nella lotta, stanno mettendo in crisi il core business della ditta. I controlli a tappeto rendono difficile avvicinarsi alle Case Celesti, alla zona dello Chalet, alle Vele, al lotto T e impediscono a pali e venditori al dettaglio di condurre le compravendite alla luce del sole.

Un altro colpo dopo le battute d’arresto subite negli ultimi mesi quando gli Scissionisti sono stati costretti a stipendiare il fabbro per rimettere a posto le fortificazioni poste a difesa delle piazze: le forze dell’ordine le abbattevano e loro le ricostruivano. Poi con la guerra le cose sono peggiorate. Mentre i clan devono guardarsi continuamente le spalle dai nemici interni, poliziotti e carabinieri hanno avuto finalmente i rinforzi.

Come sempre, la crisi viene pagata dalla bassa forza, in questo caso da pali, vedette, spacciatori e carcerati. Gli stipendi dei lavoratori in servizio sono stati immediatamente dimezzati, e qualche volta arrivano pure in ritardo. «Di più non vi possiamo dare, portate pazienza», hanno spiegato i capi di entrambi gli schieramenti in lotta, pronti ad ammazzarsi, ma concordi sulla ricetta per risolvere la crisi. Finora uno stipendiato guadagnava tra i mille e i diecimila euro al mese, adesso ne incassa la metà.

Quando va bene. Gli Abbinante e gli Abete da un lato, i Leonardi, i Marino, i Magnetti dall’altro hanno chiamato i dipendente e hanno ricordato: «Per evitare i controlli bisogna lavorare soprattutto di notte, quindi si smonta più tardi. Chi non ci sta, se ne può andare».

Nessuno ha fiatato e venerdì notte alle 2 spacciatori e pali erano ancora al lavoro. Poi i boss sono passati alle famiglie dei detenuti. Finora ogni carcerato assicurava ai suoi cari due o trecento euro a settimana, adesso mogli, amanti e conviventi non riescono a incassare più di cento euro a settimana e spesso non arrivano nemmeno quelli. Quello che rischia di saltare è il welfare della camorra inventanto negli anni Settanta da Raffaele Cutolo e diventato da allora in poi uno dei pilastri del successo di un’azienda in continua espansione.

Ma la contrazione degli affari ha convinto di capi ha ridurre le spese in attesa di tempi migliori, anche se le perdite subite in questi giorni sono tutto sommate contenute per un business più che fiorente. Nell’ottobre scorso la Squadra Mobile sequestrò al ragionere del clan, Pasquale Russo, i libri contabili del clan: a conti fatti il solo traffico della cocaina fruttava ai clan di Scampia otto milioni al mese, ai quali bisogna aggiungere i proventi dell’eroina, del kobret e dell’hashish, in tutto una ventina di milioni. Esentasse, ovviamente. Introiti che hanno permesso ai capi del clan di accumulare ricchezze favolose che hanno garantito a loro e ai loro figli una vita a cinque stelle fino all’arresto o all’agguato che è costato la vita a molti di loro.

Ma ora che i guadagni sono ridotti i capi hanno deciso di dare il via alla Spending review made in Scampia. E i dipendenti non hanno nessun sindacato al quale rivolgersi.

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