domenica 21 marzo 2010

OPERAZIONE PANDORA ALL’UNIVERSITÀ PARTHENOPE

di Red. Uni. Parthenope 2010
Antonio Quintavalle, comandante del Gico della Guardia di Finanza di Napoli è un uomo tutto d’un pezzo. Traspare, dalla voce tranquilla e pacata la Sua professionalità e salta subito all’occhio che i suoi gradi se li sia conquistati sul campo. Il fascino della divisa attrae la platea dei giovanissimi cronisti in erba, che ascoltano affascinati la descrizione minuziosa dell’Operazione Pandora. Il Colonnello Quintavalle parla del clan camorristico Gallo-Limelli-Vangone, sgominato il 20 gennaio scorso dal Gico della Guardia di Finanza e dai carabinieri del Ros. Il Clan gestiva un traffico internazionale di droga, riciclava denaro sporco e estorceva denaro a centinaia di imprenditori e commercianti napoletani. Il quartier generale era all’interno dei comuni dell’hinterland napoletano, Boscotrecase, Boscoreale e Torre Annunziata, ma il fulcro era in provincia di Latina, dove viveva il capo clan Giuseppe Gallo. Molte le “quote rosa”, cioè le signore delle cosche, tra cui la madre del capo.
“La peculiarità della nostra azione – afferma Quintavalle - è stata l'individuazione dei canali di riciclaggio del denaro proveniente dal traffico di droga, che "ripuliti", venivano reinvestiti nel circuito legale. Nella fattispecie “Pandora” cioè nella ristorazione”.
L’operazione è stata quella che si definisce “caso di scuola” in quanto oltre ai fenomeni di traffico di stupefacenti, estorsione, il clan imponeva ai ristoratori le proprie forniture. Inoltre nodale la corruzione di pubblici funzionari del tribunale di Torre Annunziata che in cambio di pochi euro occultavano fascicoli riguardanti il capo clan, estrapolavano fonti di prova e addirittura le contraffacevano. Tutto ciò grazie a delle intercettazioni telefoniche. Grosso clamore anche per il coinvolgimento di uno psichiatra, Adolfo Ferraro che aveva diagnosticato a Giuseppe Gallo l’incapacità di intendere e di volere per la quale il boss percepiva una pensione di 699 €.
Si evince dall’operazione Pandora che c’è un giro di compravendita di case: tutto ciò è normale? “Noi, sfruttando le nostre banche dati, ci rendiamo conto che nel momento in cui un individuo che non ha reddito, lavoro, risulta intestatario di un immobile. Se non riesce a dimostrare che ha avuto un’eredità, il bene gli viene sequestrato. Questo l’hanno capito anche i malviventi quindi si assiste alla corsa al “prestanome”. Infatti grazie alle intercettazioni telefoniche siamo venuti a conoscenza di un giro di cosiddetti “Testa di legno”che fa da filtro tra l’organizzazione criminale e il bene immobile”.
Per rientrare in possesso dei beni spesso le organizzazione criminali ricorrono ai notai, i colletti bianchi, quasi come se ci fosse una serie di livelli imprenditoriali. “I consulenti finanziari servono a far fruttare i soldi del clan nei settori in cui si investe. Ad esempio per i Casalesi il settore è il calcestruzzo, per Pandora le ristorazioni. Si specializzano e addirittura de-localizzano gli acquisti verso il nord d’Italia ed all’estero”.
Gallo-Limelli-Vangone: chi sono costoro? “Fanno parte di una “Famiglia” storica dell’area vesuviana. Nella nostra realtà i nomi sono ricorrenti. Si chiamano più o meno tutti allo stesso modo. Ci tocca spesso indagare e capire prima per quale clan si sta investigando. Famiglie che hanno una radice storica. Ad esempio a Caserta la criminalità è piramidale. A Napoli, i vari gruppi criminali sono satelliti di uno più potente. Quando c’è un indebolimento strutturale, gli altri clan, come avvoltoi, cercano di subentrare, di appropriarsi dell’area criminale. Si assiste così a continue faide, alla mercializzazione di gruppi criminali che si contrastano gli uni con gli altri”.
60 persone arrestate 5 ricerche ancora in corso “Al momento 4 dei cinque latitanti sono stati arrestati: manca ancora all’appello una sudamericana che pare si nasconda in Spagna, che è per i Gallo una zona di stoccaggio; infatti, il clan ha soggetti di origini vesuviani che lavoravano in quella zona proprio come se fossero in una multinazionale”.
Napoli-Latina-Salerno? “E’ questa un’area di principali ramificazione criminale dove i camorristi risiedono in ville con piscina. Abbiamo effettuato sequestri imponenti”.
I beni che vengono sequestrati che fine fanno? Lo Stato ne ha benefici o vengono restituiti poi a queste persone? “Quando arriva la sentenza definitiva per la confisca, le autovetture sequestrate possono essere utilizzate per le attività di P.G. Le macchine hanno un costo e poter usufruire di alcune di grossa cilindrata è un vantaggio poiché ci consente di non “dare nell’occhio”. La classica Punto nera ci etichetta come “sbirro”. Quando le autovetture non vengono utilizzate sono vendute all’asta o distrutte. Per quanto riguarda le società, viene nominato un amministratore dal GIP e quindi vengono gestite dallo Stato. Gli immobili comportano costi di manutenzione, quindi vengono affidati ad enti no-profit, onlus, spesso però sono in completo abbandono perché non si trovano acquirenti, ma c’è anche il pericolo che tramite l’asta torni nelle mani della camorra. C’è comunque un disegno di legge per venderli facendo accertamenti antimafia.
E’ da poco stato istituito un Fondo Unico di Giustizia: i soldi sequestrati ad esempio con Tangentopoli, vennero congelati su libretti infruttiferi. Oggi i soldi sul fondo unico di giustizia fruttano poiché si può attingere per comprare ad esempio le fotocopiatrici agli organi dello stato”. Quanto conta il lavoro di squadra tra la guardia di finanza e gli altri corpi, ad esempio i carabinieri piuttosto che la polizia? “Questo si chiama coordinamento, cioè lavoro di squadra; dietro i C.C. la P.S. e la G.F. ci sono degli uomini. Quindi si uniscono le forze: la competenza di un corpo va ad aiutare la deficienza di un altro corpo. Il lavoro di squadra è fondamentale, perché spesso le intercettazioni contemporanee richieste da più forze di polizia portano a fare lo stesso lavoro e il coordinamento fa evitare doppi inutili sforzi”.
Quali sono le tempistiche dell’estradizione? “Numerosi sono i latitanti nell’area Schengen, ed attraverso la coordinazione e collaborazione proficua con la polizia di questi stati l’estradizione risulta abbastanza veloce, quantificata in pochi mesi. Al di fuori di quest’area, ad esempio Regno Unito che ha negoziato alcuni opt-out legislativi, l’iter è un po’ più lento”.
Alla luce delle nuove norme in materia di cooperazioni giudiziarie e di polizia nell’ambito europeo, quali sono gli strumenti che dovrebbero essere introdotti per facilitare il vostro lavoro? “Posso dire di essere soddisfatto della cooperazione con gli altri paesi. Anche se le altre forze di polizia hanno un approccio diverso con la criminalità. Ad esempio, l’Olanda ha un budget di spesa entro il quale possono lavorare. Appena questo viene a mancare, chiudono il caso indipendentemente se hanno ottenuto delle prove, tipo lavoro a progetto. Il futuro della lotta al mondo criminale è la trans-nazionalità dei reati, indagine a specchio, cioè un reato che inizia in uno stato e finisce in un altro, in questo contesto, attraverso l'intensa collaborazione con gli organismi investigativi degli altri Paesi, si fornisce agli Organi Giudiziari un contributo nel delineare le architetture delle economie illegali”.
A cura di E. Simonetti

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