lunedì 17 ottobre 2016

Una vita sotto scorta. Saviano 10 anni dopo: «Non avete vinto. Sono ancora vivo!»


NAPOLI. Dieci anni dopo la pubblicazione di Gomorra e le invettive contro i casalesi, quella di Saviano continua a essere una vita blindata. La scorta gli è stata assegnata proprio nell'ottobre del 2006 e da allora non è cambiato molto. Questa sera, alle 23.05, Rai3 ripropone il documentario di Pif del 2013, rimontato per l'occasione con l'aggiunta di materiali inediti. Pif segue Saviano da vicino, lo racconta come mai è stato fatto prima. Lo accompagna nel suo ritorno a Napoli dopo un lungo periodo di assenza fino a diventare gli occhi di Roberto e ritornare in quei posti di Napoli che lo scrittore più ama, ma dove, per ragioni di sicurezza, non può più andare. Con ironia, leggerezza e sensibilità restituisce un ritratto intimo ed emozionante di un uomo che da quando ha 26 anni è stato costretto a rinunciare a una vita normale, alle sue piccole gioie quotidiane, anche a una passeggiata in centro per mangiare un gelato. Con questa puntata inizia la collaborazione tra Pif e Rai3 che proseguirà nel 2017 con il suo nuovo programma.

Saviano: “Grido ai boss: io sono vivo” "Dieci anni. Eppure, è come se fosse accaduto stamane. Ci sono cose a cui non ci si abitua. Mai. Una di queste è la scorta". Era il 13 ottobre del 2006, quando la vita di Roberto Saviano cambiò. Da quel giorno, la sua è un’esistenza sotto protezione, ripercorsa, in una difficilissima operazione di sintesi, sulle pagine di Repubblica. “Sono ancora vivo” è il “grido” dell’autore di Gomorra ai boss. Un grido con il quale Saviano dice ai boss che non hanno vinto. In un racconto denso, Saviano prova a spiegare cosa vuol dire vivere da “uomo non libero”. Parte dalla telefonata di un maggiore dei carabinieri che gli comunica che da quel momento lui è sotto scorta. "Quando vennero a prendermi" scrive, "chiesi: ma per quanto? E un maresciallo mi rispose: credo pochi giorni. Sono passati dieci anni". Le ragioni, continua lo scrittore, "mi giunsero come una grandinata di situazioni che non conoscevo. Una detenuta che aveva svelato dei piani contro di me, poi le dichiarazioni di Carmine Schiavone, poi informative su informative. Avrei voluto tornare indietro e non scrivere più Gomorra, non scrivere più alcun articolo, rifugiarmi". Nel racconto di Saviano c’è anche la ricostruzione di un processo esemplare per capire i meccanismi della camorra, ma anche di certa parte della nostra società. "Non siete riusciti a ottenere quello che volevate. Non mi sono fermato, non mi sono piegato" è uno dei passaggi conclusivi.

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