sabato 6 ottobre 2012

Lotta ai casalesi

Ancora pizzo dopo l'arresto del boss Zagaria


CASERTA. Operazione contro il clan dei Casalesi della Squadra Mobile di Caserta coordinata dalla Procura Antimafia di Napoli: in esecuzione sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti affiliati al gruppo Zagaria della cosca di Casal di Principe. Le accuse vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso all'estorsione aggravata. Le indagini della polizia hanno evidenziato come, nonostante l'arresto del boss Zagaria, non si siano mai interrotte le attivita' estorsive nei confronti di imprenditori e commercianti a cui, dopo la cattura dello storico latitante, gli emissari del clan avevano ribadito che "nulla era cambiato" e che "dovevano mantenere gli impegni assunti con l'organizzazione", riferendosi al pagamento delle rate estorsive non ancora versate. Le indagini hanno accertato come gli affiliati liberi continuino a eseguire le direttive impartite, nonostante il regime di detenzione duro, da esponenti storici e di vertice del clan "deiCasalesi" e che le somme raccolte tramite le estorsioni erano finalizzate al pagamento degli stipendi e delle spese legali ai familiari dei detenuti. 
Le sei ordinanze di custodia cautelale sono state notificate dalla squadra mobile di Caserta a Michele Barone, 38 anni, Michele Fontana, 41 anni, soprannominato ''o sceriffo'', Giorgio Pagano, 36 anni, Renato Piccolo, 39 anni, Costantino Diana, di 34 anni e Francesco Sabatino, di 42. Tra i destinatari delle misure restrittive emessa su richiesta della Procura Antimafia di Napoli figurano, come mandanti dei raid estorsivi anche elementi di spicco e fidati luogotenenti del boss Michele Zagaria, attualmente detenuti, come Barone e Fontana. Tra le vittime delle estorsioni figura anche un imprenditore di Casapesenna (Caserta) che, negli scorsi anni, si era aggiudicato l'appalto per la realizzazione di un complesso residenziale da 50 villette a Castel Morrone, nel Casertano, per un importo di 6 milioni di euro. Gli estorsori di Zagaria gli avevano imposto un 'pizzo' da 35mila euro di cui due tranche, per complessivi 20mila euro, erano state versate prima della cattura del boss. All'operazione ''Thunderball' si e' giunti anche grazie alle dichiarazioni rese dal collabortore di giustizia Salvatore Venosa, detto 'o cucchiere'', a capo del clan dopo l'arresto dei vertici della cosca. Scoperto anche un tentativo di estorsione nei confronti di un ristoratore di san Marcellino (Caserta) a cui era stato chiesto il pagamento di 3mila euro, suddivise in tre rate di mille euro da versare nelle canoniche scadenze di Natale, Pasqua e Ferragosto.

Casalesi, chiesta confisca da 15 milioni di euro
«Dante Passarelli era un imprenditore organico al clan dei Casalesi, cambiava assegni, si intestava beni e vinceva appalti grazie alla forza intimidatrice della camorra». È quanto scrive nella requisitoria il pm della Dda di Napoli Sandro D’Alessio, che chiede ai giudici della sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere la confisca definitiva di beni sequestrati nel 2010 riconducibili a Passarelli, morto nel 2004. Tra i beni, del valore di 15 milioni di euro, ci sono quote societarie, terreni e appartamenti degli eredi Biagio, Davide, Gianluca e Franco, quest’ultimo in carcere.
L’EX AZIENDA CIRIO –Tra i beni confiscati, c’è anche un terzo dei 220 ettari della tenuta Balzana a Santa Maria La Fossa, che l’azienda Cirio utilizzava fino agli anni ‘80 per coltivare pomodori. Secondo gli inquirenti, quel terreno venduto a Passarelli era stato comprato con risorse provenienti dalla famiglia Schiavone e Bidognetti. L’azienda, infatti, era diventata una delle basi logistiche dei Casalesi e rifugio di latitanti.
L’IMPRENDITORE – Dante Passarelli era l’ex proprietario di note aziende, tra cui lo zuccherificio Ipam. Nel maxi-processo Spartacus, nei suoi confronti fu richiesta una pena a otto anni di reclusione, ma non venne mai condannato perché morì poco prima della sentenza di primo grado in seguito a una misteriosa caduta da un terrazzo di un appartamento in Villa Literno. Diversi i collaboratori di giustizia che hanno fatto il nome di Passarelli: Augusto La Torre, che nel 1994 aveva compiuto un attentato contro Passarelli per colpire la cosca degli Schiavone di cui l’imprenditore era considerato il factotum, Raffaele Ferrara, secondo cui Passarelli era vicinissimo ad Antonio Bardellino già alla fine degli anni ‘70, e Dario De Simone, che parla dell’imprenditore come di persona «costantemente al servizio del clan per cambiare gli assegni». 


Nessun commento:

Posta un commento