«La guerra ha determinato, come traspare anche dalle conversazioni intercettate, un vero e proprio clima di terrore tra gli abitanti della zona, giustamente preoccupati di poter restare uccisi in uno degli scontri». Emblematico è il racconto dell’agguato avvenuto il 29 giugno del 2013 ai danni di un uomo raggiunto da un colpo di pistola sparatogli a distanza ravvicinata da uno sconosciuto, «verosimilmente solo per distogliere la Squadra Mobile dal fare irruzione nello stabile in cui era stato organizzato un vertice tra esponenti dei due schieramenti di camorra in conflitto».
LA MICROSPIA. Un colpo da maestri e stata la svolta alle indagini è arrivata dal nulla: una microspia piazzata all’interno dell’abitazione dei fratelli Antonio, Luigi e Guglielmo Giuliano, i giovanissimi capi del nuovo clan. «Una attività di intercettazioni di eccezionale efficacia probatoria e addirittura -scrive il gip - essendo stata avviata nel cuore del conflitto armato ha portato alla conferma di importanti fonti probatorie». Così gli investigatori sono riusciti a seguire in diretta l’evoluzione dei rapporti interni al neo costituito gruppo camorristico, accertando, ad esempio la definitiva sottomissione del gruppo Del Prete, alle forniture di droga imposte dal nuovo clan.
I PENTITI. Sono sei i collaboratori di giustizia che hanno ricostruito tutti i passaggi delle estorsioni e dei fatti di sangue che hanno portato all’arresto 61 arresti, mentre in totale sono 77 gli indagati a piede libero. Sette invece sono i minorenni coinvolti nell’indagine. Tra le gole profonde della camorra ci sono Salvatore Russomagno,Giorgio Sorrentino, Antonio Della Corte, Antonietta Pacifico e Francesco Mazzarella, figlio di Gennaro e fratello di Alfonso. Lui ha dichiarato di essersi pentito per evitare di essere ammazzato.
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